Telecom Italia, riprende quota l’opzione newco per la rete fissa

di Alessandra Talarico |

Resta aperto anche il dossier GVT ma solo se si potrà negoziare a un prezzo di partenza inferiore ai 7 miliardi chiesti da Vivendi. Asati invita a non cedere le azioni: 'Il valore crescerà nei prossimi 3 anni'.

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Cresce l’attesa in vista del prossimo Cda di Telecom Italia del 6 dicembre, che dovrà analizzare diversi dossier importanti per il futuro della principale società telefonica italiana.

Le bocche sono cucite, ma le indiscrezioni si rincorrono su tutti i punti che saranno vagliati dal Consiglio, dallo scorporo della rete fissa, all’offerta del magnate egiziano Naguib Sawiris per entrare nel capitale sociale della società, fino alla possibile acquisizione della società brasiliana GVT.

In merito all’offerta di Sawiris, la riservatezza da parte dei consiglieri del gruppo è massima: ieri, il presidente di Generali, Gabriele Galateri, ha ribadito che “le cose si possono discutere e soprattutto decidere solo quando ci sono proposte chiare, complete e comprensibili”.

Al momento le cose non sono in queste condizioni quindi preferisco non commentare, ha aggiunto.

 

Un dossier che sembrava archiviato è quello relativo allo scorporo della rete fissa che, secondo Il Messaggero, è invece tutt’altro che accantonato.

Scrive il quotidiano capitolino che in realtà gli advisor incaricati di valutare le varie opzioni – sia per conto dell’azienda che della Cassa Depositi e Prestiti – non hanno mai smesso di lavorare.

“Nel cda del 6 dicembre – si legge – di sicuro verrà anche affrontata l’opzione della newco alla quale conferire l’infrastruttura aprendo il capitale alla CDP”, oltre alla possibile evoluzione verso il modello Open Access, che però potrebbe sollevare i dubbi dell’Antitrust.

 

Restano da sciogliere, tuttavia, sempre i nodi della valutazione dell’asset e della governance della newco. La società valuta la rete circa 15 miliardi di euro. Cifra che però esprime il valore complessivo compreso il debito. La valutazione netta si attesterebbe quindi a circa la metà, ossia 7,5 miliardi. Nell’ipotesi in cui la CDP dovesse entrare con una partecipazione del 30%, l’esborso pubblico si attesterebbe intorno ai 2,2 miliardi.

Telecom, dal canto suo, ha sempre ribadito di non voler perdere il controllo dell’infrastruttura, ma se non si vorrà incorrere nell’Antitrust si dovrà garantire la piena indipendenza della governance.

 

Sull’ingresso della CDP si è espresso positivamente Franco Lombardi, presidente dei piccoli azionisti riuniti in Asati, che però ha sottolineato come l’intervento della Cassa non sarebbe di vitale importanza se la società riuscisse a centrare l’obiettivo di riportare il debito a 25 miliardi di euro entro il 2014 (dagli attuali 28,5 miliardi).

In un tale scenario di alleggerimento del debito, ha sottolineato Lombardi, “l’intervento della CDP su una possibile newco della rete, che noi ancora perseguiamo e auspichiamo, e che sicuramente accelererebbe gli investimenti in Italia anche nell’interesse dell’intero Paese come motore di crescita per l’Economia, non risulterebbe di vitale importanza, in assenza Telecom Italia andrà avanti con i piani già previsti”.

Il rilassamento del debito fornirebbe inoltre alla società “risorse per gli investimenti su NGN e LTE”, alleggerendo “il peso di una drastica riduzione dei costi del lavoro”.

Asati, sottolinea ancora Lombardi, “conosce perfettamente le qualità delle risorse umane e finanziarie disponibili nella società e i possibili sviluppi potenziali in Italia e all`estero” e “ritiene che l’obbiettivo della riduzione del debito sia ottenibile anche in tempi meno stringenti di quanto proposto alla comunità finanziaria”.

“Quindi di fronte al nervosismo della Borsa, che sicuramente sottostima il valore del titolo, raccomandiamo di non vendere perchè riteniamo che l’enterprise value della società sarà sicuramente ben superiore nel corso dei prossimi tre anni”, suggerisce a nome dell’Associazione dei piccoli azionisti.

 

Ancora aperta anche la partita GVT, che sembrava essersi chiusa con un nulla di fatto, visto che al termine ultimo fissato per il 20 novembre Telecom Italia non aveva presentato alcun’offerta. Secondo fonti citate da Reuters, infatti, Telecom Italia – che vuole rafforzare la propria presenza sul mercato brasiliano, considerato uno dei motori della crescita del gruppo – potrebbe essere ancora interessata all’affare se Vivendi abbassasse il prezzo, fissato intorno ai 7 miliardi di euro.

“Telecom Italia – rivela Reuters citando una fonte vicina al dossier – non sta prendendo parte al processo formale, ma la questione sarà decisa nella riunione del consiglio il 6 dicembre. Il board potrebbe dare mandato ai dirigenti di avviare trattative sulla base di un prezzo più basso”.

 

Una seconda fonte ha quindi rivelato che la società italiana ha preferito non presentare un’offerta vincolante anche per via del conflitto d’interesse con Telefonica, che “non ha diritti di voto sulle questioni relative al Sud America ma ha una forte influenza interna e non vuole che Telecom Italia acquisti GVT, il suo principale competitor in Brasile”.

Telefonica ha una presenza molto forte in Brasile (la controllata Vivo è leader del mercato mobile carioca) ed è il principale azionista di Telecom Italia, di cui controlla il 10% attraverso la holding Telco.

Secondo questa fonte, il prezzo giusto per GVT è 5 miliardi di euro e, secondo un analista internazionale il gruppo “butterebbe i soldi” se pagasse i 7 miliardi chiesti da Vivendi.

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