Italia
Quanto sono cambiati i media? E siamo pronti ad affrontare tutte le sfide che il cambiamento ha comportato?
Evoluzione tecnologica e internazionalizzazione dei mercati hanno profondamente modificato la struttura dei sistemi economici. Nel mercato dei media tutto ciò è evidente. Ci troviamo di fronte a servizi sempre più convergenti e non è chiaro se la riflessione teorica abbia efficacemente adeguato i propri modelli interpretativi o se, piuttosto, gli eventuali progressi nel campo dell’analisi abbiano positivamente contaminato le politiche di intervento: industriali, regolamentari e della concorrenza.
Tutti aspetti di cui si è discusso questa mattina all’Università LUSPIO, nel corso del seminario di studi “L’economia dei media oggi” organizzato da Isimm, LUSPIO e Fondazione Piero Calamandrei.
Angelo Marcello Cardani, presidente Agcom, parla generalmente per delibere e non per microfoni, “ma in una occasione come questa – ha affermato – ho molto piacere a essere qui”.
“La complessità crescente dei media serve a spingere la domanda di regolamentazione dal fronte concorrenziale a quello dei diritti. La convergenza regolamentare deve ancora venire. Ha senso contribuire a regolamentare unico? E una asimmetria regolamentare per media? È una riflessione molto complessa che deve essere affrontata”, ha detto Cardani, aggiungendo che “L’Agcom sta lavorando sul tema dei diritti. Con i nuovi media il classico diritto all’informazione diventa molto più sfaccettato, ad esempio. Anche il pluralismo è un diritto che si confronta con altri diritti, come quello alla privacy e la tutela della dignità umana. Ma ci occupiamo anche di tutela dei consumatori”.
“Procedere caso per caso, per tutti questi punti, pone dei limiti per il regolatore. In questo senso una dimensione istituzionale europea sarebbe auspicabile”.
Per chiudere, sulla famosa asta delle frequenze ha aggiunto: “garantisce la tutela del pluralismo e riconosce la neutralità tecnologica. Ci auguriamo che lo schema di provvedimento avviato consenta di chiudere la questione attenzionata anche a livello europeo”.
Infine, Cardani ha annunciato che l’indagine conoscitiva sulla pubblicità sui media e quindi su internet, avviata da Agcom, sarà pubblicata in settimana.
Dopo i saluti del preside della Facoltà di Economia, Antonio Magliulo, è intervenuto con un collegamento video da Bruxelles Roberto Viola, vice direttore generale DG Connect, per inquadrare i lavori della sua Commissione, annunciando la preparazione di un Libro Verde. “Ci stiamo domandando innanzitutto che cosa crea un ecosistema europeo di successo, consapevoli che i nostri prodotti arrivano in larga misura dagli Stati Uniti. La creazione di valore è un aspetto molto importante della riflessione che stiamo per lanciare. Poi ci sono i temi della protezione del valore in un sistema interconnesso, il copyright, il pluralismo, la protezione dei minori e, naturalmente, uno sforzo grande l’Europa lo sta facendo sull’accesso e sulla banda larga”.
Un frame di analisi significativo è stato disegnato da Antonio Perrucci, vice segretario generale dell’Agcom. Aumento delle economie di scala, nuovi media e nuovi contenuti, più interattività, maggiore personalizzazione dell’offerta, disintermediazione tra produttore del contenuto e fruitore, nuove piattaforme di distribuzione e nuovi protagonisti. Su questi aspetti si è soffermato Perrucci, evidenziando le implicazioni di natura regolamentare, copyright e antitrust. In particolare, riguardo ai nuovi protagonisti, ha parlato del dibattito sugli Over The Top del quale, negli ultimi anni, “sembriamo ossessionati”.
Il rapporto tra giurista ed economista nella dimensione della convergenza è stato scandagliato da Vincenzo Zeno-Zencovich, presidente di Isimm. Un punto forte, prima di ogni cosa: “le regole contano. I mercati devono essere disegnati dalle regole”. Principio che non va dimenticato, oggi che ci troviamo davanti una prevalenza dei contenuti sul contenente. Il professore ha quindi evidenziato una serie di esempi in cui questa prevalenza ha prodotto effetti su efficienza e competitività. Un’ulteriore complicazione è stata indotta dalla dimensione globale dei mercati: “il giurista sa che non esiste una risposta regolatoria nazionale”, ma nel contempo sa che “gli Stati Uniti non sono l’Europa e l’Europa non è la Cina”.
Con questo modello giuridico, secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè dell’Università Bocconi, “l’Europa compete azzoppata e con le mani legate dietro la schiena”. Da aziendalista, Maffè aggiunge: “Il vero tema per chi fa profitto oggi con i media è cercare una nuova scarsità, vale e dire l’attenzione umana, nel senso che chi fa soldi oggi ha delle rendite senza vendite. I nuovi media, pensiamo a Facebook, fanno profitto su posizioni di monopolio naturale”.
Internet che cos’è? “Non è un popolo, non è un nuovo medium, non è un settore, è un GPT, general purpose technology, è uno standard alla stregua della chimica e della matematica, è una quasi-istituzione senza diritto formale e senza confini giuridici”.
A chiudere il panel dedicato alle determinanti dei cambiamenti strutturali del mercato dei media è stato Marco Gambaro dell’Università Statale di Milano che ha analizzato i profili quantitativi e qualitativi dell’analisi della domanda e ha fornito diversi esempi per rafforzare un ragionamento chiave: “Negli interventi di regolamentazione occorrerebbe partire da una profonda e concreta conoscenza della concorrenza. Quando ciò non è avvenuto – ad esempio nel caso delle frequenze televisive – sono stati fatti diversi errori”.
È cambiata l’esperienza di consumo, secondo Antonio Nicita, dell’Università di Siena; ci troviamo quindi di fronte a una commistione dei modelli interpretativi sulla fruizione. Quando accediamo ai social network cerchiamo delle conferme sulle nostre scelte di consumo oppure siamo influenzati da chi “incontriamo”? Per Nicita “è un tema aperto, non ci sono al momento risposte empiriche, senza dubbio l’impatto dell’interazione sulle scelte è l’elemento nuovo ed è l’elemento chiave”.
La protezione dei diritti di proprietà, secondo Paolo Buccirossi dell’Università Tor Vergata, è cruciale per il perfetto funzionamento dei mercati. Nel suo intervento Buccirossi si è soffermato sull’analisi della concorrenza del mercato dei nuovi media, evidenziando come essa sia presente anche tra imprese che hanno modelli di business diversi tra loro.
Il tema delle risorse finanziarie è stato affrontato da Giuseppe Richeri, dell’Università della Svizzera italiana, con particolare riferimento alla televisione: canone, pubblicità e pagamento spontaneo. Richeri si è soffermato maggiormente sul canone, che non ha subito la crisi sensibilmente, ma presenta dei limiti. In primo luogo è una tassa di scopo, frutto di scelta politica, e pagata da tutti nonostante il mezzo televisivo non sia utilizzato da tutti. Altro limite è il tasso di evasione (più alto rispetto ai paesi scandinavi). In altri Paesi europei si sta riflettendo su soluzioni alternative.
Di economia dei contenuti ha parlato Stefano da Empoli, dell’Università Roma Tre, secondo il quale le Tlc stanno perdendo terreno anche sul loro terreno tradizionale, non solo sui contenuti. L’unico settore che sta crescendo è legato al mobile. Male anche l’editoria, in particolare il crollo drammatico dei periodici. Musica e film sono calati a livello mondiale nei ricavi. “È un quadro rivolto al passato. Occorre maggiore capacità di adattamento delle imprese, nel differenziare l’offerta, frammentare e impacchettare in maniera diversa l’offerta, modificare il lavoro delle risorse umane”.
Nella terza sessione del seminario ci si è occupati di “policy implications”. Ad aprirla è stato Andrea Coscelli, Direttore Analisi Economiche di Ofcom, Autorità competente e regolatrice indipendente per le comunicazioni nel Regno Unito. Solo poche ore fa l’Ofcom ha pubblicato un report su pirateria, copyright e industria digitale che dimostra come i pirati digitali spendano di più in consumi culturali, ovvero l’utilizzo di sistemi di download illegali non riduce la spesa in contenuti digitali dei singoli utenti. Tutto ciò non significa che la pirateria non danneggi l’economia dei media, al contrario.
È evidente che i nuovi media pongano il problema di una regolamentazione specifica, secondo Pier Luigi Parcu, dell’European University Institute, che ha aggiunto: “serve una convergenza regolatoria che individui un minimo comune denominatore tra vecchi e nuovi media perché oggi la regolamentazione in Europa è fortemente asimmetrica, ed è dunque necessario uno sforzo di armonizzazione. Non regole e regolette, ma dei principi che portino poi ad una giurisprudenza consolidata”.
Di servizio pubblico si è occupato Alberto Pera, dello Studio Legale Gianni, Origoni, Grippo & Partners, secondo il quale il problema è definire quale sia il contenuto del servizio pubblico. Dopo aver ricordato i limiti del caso e le criticità, ha aggiunto: La proposta del Consiglio d’Europa è passare dalla televisione di Stato alla televisione pubblica per poter garantire la trasparenza. Oppure ripensare il ruolo del servizio pubblico come servizio universale, oppure, come terza via, attribuire il ruolo ad un solo soggetto che sia veicolatore di contenuti di servizio pubblico.
Sulla regolamentazione Luigi Prosperetti, dell’Università degli Studi di Milano, ha invece sostenuto: “Non ha senso cercare di regolare un settore così dinamico e in trasformazione. Si è quindi soffermato su un altro paradosso: “Non ha senso, e ne avrà sempre meno, distinguere tra banda larga fissa e banda larga mobile quando parliamo di accesso alla rete”.
L’ultimo panel, moderato da Raffaele Barberio, direttore di Key4biz, ha ospitato la voce delle imprese.
Giorgia Abeltino di Google ha parlato di pluralismo e tutela della proprietà intellettuale. Come esempio ha portato la possibilità che hanno i titolari di contenuto di YouTube non solo di poter proteggere il loro upload, ma anche di monetizzarlo (e sono già tre mila i content owners nel mondo). Altro dato citato è quello dell’osmosi tra contenuti tradizionali e nuovi: “Abbiamo messo online su YouTube vecchi filmati dell’Istituto Luce perché abbiano una seconda vita”.
Rimanendo in tema di Over the Top, Andrea Ambrogetti di Mediaset ha dichiarato: “Non dobbiamo fermarci solo alla revisione normativa (per quanto l’Unione Europea dovrebbe fare di più), ma cercare nuove vie in ottica più positiva, ad esempio cito la piattaforma di Tivu sulla Rete che dà accesso a tutto il patrimonio televisivo che i grandi broadcaster nazionali hanno messo online”.
Saverio Tridico di Vodafone ha sottolineato: “La convergenza tra i media è sotto gli occhi di tutti. Si telefona anche attraverso internet, lo sappiamo. Ci sono anche delle opportunità in questo, come lo sviluppo degli smartphone e noi operatori possiamo essere portatori di valore. L’industria delle Tlc non è in grandissima forma, eppure abbiamo investito 4miliardi su LTE e ne abbiamo avuto il coraggio e la forza. Noi siamo a favore della net neutrality, ma che ci sia anche una neutralità della rete”.
Per Mauro Sentinelli di Telecom Italia, che ha continuato a soffermarsi sul tema degli Over The Top e di come hanno trasformato il settore delle telecomunicazioni, bisogna eliminare le asimmetrie regolatorie che rendono l’Europa più debole rispetto agli Stati Uniti.
Lisa di Feliciantonio di Fastweb ha aggiunto: “Invece di contrastare forze globali che generano anche esternalità positive, mi piacerebbe discutere di più di norme. Innovare e creare valore è possibile, le reti non sono mere conduttrici di contenuti ma possono essere più performanti”.