Italia
Il disciplinare di gara per le frequenze del digitale terrestre, con le modifiche apportate accogliendo i rilievi mossi dalla Commissione Ue, è stato sottoposto dall’Agcom a consultazione pubblica per 30 giorni.
Questo significa che i pareri degli stakeholder verranno raccolti fino alla metà del mese di dicembre. Tenendo conto che ci sarà di mezzo la pausa per le festività natalizie, il regolamento definitivo che accoglie le nuove modifiche verrà nuovamente inviato a gennaio a Bruxelles che dovrà questa volta esprimere un parere formale, secondo quanto previsto dalla legge vista la pendente procedura d’infrazione contro l’Italia.
Solo allora il Ministero dello Sviluppo economico potrà indire l’asta.
Facendo un po’ di calcoli l’iter dovrebbe concludersi a febbraio, quando scadrà il mandato del governo Monti o al più tardi dopo la prossima primavera.
I tempi rischiano, quindi, allungarsi oltremisura su una tabella di marcia sulla quale l’Italia ha già accumulato diverso ritardo nonostante il Ministro Corrado Passera aveva assicurato ad aprile, quando fu approvato il decreto che cancellava il beauty contest a favore di un’asta onerosa, che sarebbe avvenuta per dicembre.
Secondo indiscrezioni, pare che per questa ragione il presidente dell’Agcom, Angelo Cardani abbia incontrato il premier, per fare il punto della situazione e forse chiedere un intervento del governo, il quale, però, ieri ha chiaramente detto al question time, per voce del Ministro per i Rapporto col Parlamento, Piero Giarda, che la procedura è tutta nelle mani dell’Autorità e che potrà intervenire solo quando l’iter sarà completato.
Non pare, quindi, che al momento che ci siano margini per poter anticipare i tempi, si arriverà, quindi, con ogni probabilità a dopo le elezioni, ma tutto questo potrebbe essere un vantaggio, nel senso che permetterà di avere un quado di insieme molto chiaro, specie sull’LTE, e una volta per tutte definire al meglio una materia spinosa ma anche molto articolata che richiede interventi precisi e tecnici.
In tutto questo, Mediaset e Rai avranno modo di pensare con tranquillità la decisione da prendere. A riguardo, con una nota, Agcom ha tenuto a precisare, in riferimento alle indiscrezioni circolate sul cap a 5 mux che escludeva i due broadcaster, perché la Ue non faceva più distinzioni di standard, che “nessun soggetto è escluso dalla partecipazione alla gara”.
L’Autorità ha specificato che “solo per i tre lotti L è prevista una riserva per particolari categorie di soggetti (nuovi entranti e piccoli operatori)” e che “alla gara per i lotti U possano partecipare tutti gli operatori considerato che, al momento, nessuno ha raggiunto il cap di 5 multiplex DVB-T“.
Rai e Mediaset, infatti, posseggono quattro multiplex per il digitale terrestre e un multiplex per altre trasmissioni (Rai per il DVB-T2 e Mediaset DVB-H). Secondo quanto previsto dallo schema di regolamento, ora pubblicato sul sito dell’Agcom, i due broadcaster potranno partecipare alla gara, ma, per farlo, non potranno chiedere di trasformare in canali digitali le altre tecnologie già acquisite.
In questo senso, la consultazione pubblica, alla quale parteciperanno i due broadcaster, permetterà di capire quali saranno i futuri orientamenti.
Ieri, infatti, l’Agcom ha approvato, con due astensioni (quelle dei consiglieri nominati dal centrodestra), lo schema di provvedimento che accoglie le richieste della Ue.
L’Autorità ha poi deciso, in linea con la legge 44 del 2012 (valorizzando, in tal modo, le scelte già fatte dal ministro Corrado Passera su indicazioni del Dipartimento Comunicazioni) – che ha dato avvio alla procedura di gara -, di riservare un diverso trattamento alle frequenze della banda 700 MHz, destinate in futuro all’LTE, tutto questo, anche per un uso efficiente delle risorse frequenziali.
Sei i multiplex messi all’asta: tre del sottoinsieme U (lotti U1, U2, U3), quelle più pregiate, con un diritto d’uso per cinque anni, in quanto la banda 700 MHz dovrà essere ripianificata, per consentirne l’uso agli operatori tlc, così come stabilito anche in sede ITU; tre del sottoinsieme L (lotti L1, L2, L3), di qualità inferiore e non in grado di trasmettere in tutte le regioni, destinati alla sola TV per 20 anni.
I tre mux di tipo U dovranno, quindi, essere restituiti, inderogabilmente, al 31 dicembre 2017.
Una scelta coraggiosa, quella dell’Agcom di Cardani, che ci fa già capire come intenderà procedere per quanto riguarda le reti di nuova generazione e che si mette in linea con le indicazioni altrettanto coraggiose che aveva dato il MiSE nella legge che cancellava il beauty contest.
L’Italia anticipa così i tempi, come ha già fatto l’Autorità britannica Ofcom (La Francia ancora non ha deciso), prendendo una posizione importante e netta in linea con quanto deciso dall’ITU e con quanto avverrà dalla prossima Conferenza di Ginevra nel 2015.
Antonio Sassano, professore della Sapienza di Roma e uno dei massimi esperti nazionali in tema di frequenze, non a caso ha scritto su Twitter: “#Agcom Fine dell’equivoco DVB-H/T e segnale forte e chiaro sul destino dei 700MHz. La consultazione pubblica parlerà di futuro. Era ora!”.
Il nuovo schema:
– prevede che nessun operatore TV possa arrivare a detenere più di 5 mux, all’esito della gara;
– consente di concorrere per tutti e tre i mux riservati (lotti L) ai soli operatori nuovi entranti o piccoli (ossia che detengono un solo mux);
– consente agli operatori già in possesso di due mux di concorrere per due dei tre mux riservati, mentre limita a un solo mux riservato la partecipazione degli operatori integrati attivi su altre piattaforme.
L’allungamento dei precedenti 15 anni a 20, permetterà ai new entrant di poter recuperare gli investimenti.
“Lo schema di provvedimento approvato – spiega l’Agcom – rappresenta la condizione per chiudere la procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia. L’interlocuzione con gli Uffici della Commissione ha ribadito l’importanza di regole orientate a garantire una procedura di gara oggettiva, proporzionata e non discriminatoria che tenga conto della diversità tra i diversi operatori nel mercato”.
Ovviamente in base al regolamento, la base d’asta per i mux di tipo L si abbasserà notevolmente, visto che si tratta di frequenze di qualità inferiore e non in grado di trasmettere in tutte le regioni, ma ancora di più per quelle di tipo U, vista l’obbligo a restituirle tra 5 anni. Impensabile, quindi, che possano ancora valere le precedenti stime. Mediobanca parlava addirittura di un bene stimabile in 1-1,2 miliardi di euro.
Tutto questo, però, incoraggerà i piccoli operatori a partecipare all’asta.
In tutto questo, si ha un quadro d’insieme completo e ben si comprende l’interesse di 3 Italia a voler rilevare non solo i mux di TI Media ma anche le Tv. Non solo perché, se partecipasse alla gara aggiudicandosi un mux, avrebbe anche i contenuti da veicolare, ma soprattutto perché La7 possiede un canale pregiato, il 60.
Ricordiamo anche che 3 Italia ha già un mux in DVB-H e potrebbe chiederne la conversione in DVB-T.
Ovviamente i new entrant fanno un investimento oggi per avere una licenza ventennale e poter in futuro, quando si chiederà loro la restituzione di quelle frequenze, domandare un canale di ugual valore o un prezzo molto alto.
Gli operatori che, invece, si aggiudicheranno un mux di tipo U potrebbero poi eventualmente affittare la capacità trasmissiva a un provider di contenuti (per esempio anche Mediaset) e ripagarsi dell’investimento fatto. Per cui, l’iniziale ipotesi per cui non i cinque anni non sarebbero stati sufficienti per recuperare il denaro investito non regge più.
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