Tassa di concessione: il Governo attende il parere dell’Avvocatura dello Stato

di |

Massimo Vari ha risposto alla Camera a un'interpellanza di Enzo Raisi e Benedetto Della Vedova di FLI che hanno chiesto al Governo di abrogare una tassa che solleva questioni di legittimità costituzionale.

Italia


Telefoni cellulari

Il ministero dello Sviluppo economico è in attesa di ricevere il parere dell’Avvocatura dello Stato riguardo l’applicabilità della tassa di concessione governativa, pagata in bolletta da chi stipula un contratto di abbonamento per i servizi di telefonia cellulare e non usa schede ricaricabili.

Lo ha affermato il sottosegretario allo Sviluppo economico, Massimo Vari, rispondendo alla Camera a un’interpellanza di Enzo Raisi e Benedetto Della Vedova di FLI.

L’importo mensile della tassa di concessione governativa è pari a 5,16 euro per le utenze residenziali e a 12,90 euro per le utenze ‘affari’.

 

Tale tassa, introdotta inizialmente quando il cellulare era considerato un bene di lusso, “adesso colpisce un bene divenuto di massa e penalizza soprattutto i percettori di redditi medio-bassi ed i piccoli lavoratori autonomi”, sottolineano i due interpellanti, secondo cui “continuare ad imporre tale tassa a carico dell’utenza di telefonia mobile tramite abbonamento (le carte telefoniche prepagate non sono gravate da tale tributo) permetterebbe – se non si affermasse definitivamente ed in tutte le sedi competenti la tesi abrogativa – di sollevare una questione di legittimità costituzionale per disparità di trattamento fiscale a carico di soggetti privati che versano nella medesima condizione e si differenziano solo in base alla modalità di pagamento del servizio”.

 

Anche se il Codice delle Comunicazioni ha abolito l’art. 318 del Dpr n.156/1973, che disciplina la “licenza di esercizio”, non ha abroga l’articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr n.641/1972, che prevede il pagamento della tassa di concessione governativa a fronte del rilascio della “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione”.

 

A gennaio, quindi, l’Agenzia delle Entrate ha continuato a sostenere l’applicabilità della tassa in questione a carico di tutti gli utenti, comprese le amministrazioni pubbliche non statali, in quanto ha ribadito la vigenza del presupposto normativo per il suo pagamento, che non sarebbe stato intaccato dall’entrata in vigore del codice delle comunicazioni (Leggi articolo Key4biz).

 

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha riconosciuto che la voce tariffaria si riferisce formalmente al rilascio della “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione”; tale provvedimento secondo la Suprema Corte, è venuto meno a causa della disciplina abrogativa del codice delle comunicazioni, che ha innovato profondamente il settore “con la conseguenza che la tassa in questione non si correla ormai più al presupposto del rilascio a favore dell’abbonato del provvedimento amministrativo di licenza da parte dell’Amministrazione”, limitandosi l’abbonato a concludere un contratto di diritto privato con il gestore della rete/fornitore del servizio.

 

Raisi e Della Vedova hanno quindi chiesto al Governo di “assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, affinché una tassa di cui è stato abrogato il presupposto normativo non continui ad essere imposta nei confronti dei titolari dei contratti di abbonamento di telefonia mobile e ad alimentare così un contenzioso, in primo luogo tributario, destinato altrimenti e inevitabilmente a crescere”.(a.t.)

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz