Agenda Digitale adios? Sospetto effetto narcotizzante sul provvedimento dirottato al Senato

di di Raffaele Barberio |

Inspiegabile assegnazione alla X Commissione del Senato e su tutto l’incombente campagna elettorale.

Italia


Raffaele Barberio

Due anni di partecipazione dell’opinione pubblica e di quell’avanguardia attenta allo sviluppo tecnologico.

Due anni di battaglie sulla stampa.

Due anni di attenzione e impegno in Parlamento da parte di un piccolissimo manipolo di parlamentari attenti al nuovo sviluppo (Paolo Gentiloni, Antonio Palmieri, Roberto Rao proponenti e Deborah Bergamini relatrice).

Tutto rischia di estinguersi silenziosamente senza che nessuno si accorga di nulla.

Firmato il Decreto Crescitali 2.0 (già Digitalia) ci saremmo aspettati uno scatto di reni, ma nulla di tutto ciò.

Del resto le avvisaglie c’erano tutte.

Innanzitutto la costituzione di una cabina di regia con 5 ministri (avete mai visto una impresa con 5 amministratori delegati?). E la storia ci insegna che se vuoi svuotare un provvedimento in Italia è sufficiente costituire una cabina di regia o un tavolo di concertazione e il gioco è fatto.

Poi un frettoloso annuncio del governo ad aprile, in occasione della visita della Commissaria europea Neelie Kroes in Italia, che il decreto sarebbe stato presentato entro giugno. Ma i sessanta giorni per la conversione sarebbero caduti con le ferie: un modo per dare uno schiaffo ulteriore al Parlamento.

 

Poi tentennamenti di ogni genere, non senza esclusioni di colpi tra due dei ministri coinvolti e la possibilità, da noi ampiamente sostenuta e auspicata nel silenzio generale, di un trasferimento di competenze da uno dei ministeri della cabina di regia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (come avviene in tutta Europa, quando l’agenda digitale non è assegnata addirittura ad un apposito ministero responsabile dell’Economia digitale).

 

Ora appena dopo l’emanazione del decreto governativo, l’assegnazione alla X Commissione permanente del Senato (Industria, Commercio, Turismo).

Ma come, ci chiediamo, i parlamentari che si sono impegnati per mesi e mesi in favore dell’Agenda digitale italiana (i pochi che per anni hanno tenuto il punto su un settore così strategico) sono tutti alla Camera dei Deputati e il provvedimento va al Senato, con la previsione che il passaggio alla Camera sarà solo per approvazione e non per discussione sul provvedimento.

 

Ma si può sapere quale sia stata la ratio di tale scelta?

E’ stata una decisione dei presidenti di Camera e Senato? Una scelta discutibile della Conferenza dei capigruppo?

Insomma, qualcuno ci spiegherà cosa sta accadendo?

 

Non sarà il calendario delle audizioni già fissato a rasserenarci. Temiamo il silenziatore sull’Agenda digitale italiana.

E la cosa che più lascia atterriti è il silenzio dell’opinione pubblica di settore che dopo aver fatto battaglia per mesi sembra appagata da un risultato che non c’è.

Occorre neutralizzare gli artefici di questo diabolico effetto narcotizzante sull’Agenda digitale italiana.

Come abbiamo avuto modo di scrivere, il vero problema sono i nemici dell’Agenda digitale italiana.

Che escano allo scoperto.

Se non lo faranno, dovremo farlo noi.

Noi tutti.

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