Italia
L’industria dei contenuti digitali chiede, da tempo, con forza la messa a punto di un quadro normativo rinnovato e maggiormente tutelante dei diritti sulle opere dell’ingegno in Internet: rientra in tale contesto il tema annoso delle procedure di rimozione selettiva dei contenuti digitali pubblicati online in violazione dei diritti d’autore e dei diritti connessi.
Il settore ICT rappresenta il 5% del PIL comunitario, ogni giorno si registrano più di 250 milioni di utilizzatori di Internet e si stima che entro il 2020 tutti i contenuti digitali e le applicazioni verranno fornite via Internet.
Secondo un Report di Boston Consulting Group il contributo di Internet all’economia italiana nel 2015 oscillerà tra il 3.3% e il 4.3% di PIL (Leggi Articolo Key4biz).
Come confermato dal Commissario Antonio Preto – in occasione della presentazione in AGCom del 9 ottobre scorso del volume “Diritto degli Audiovisivi” (Milano, Giuffré, 2012) a cura di Emilio Tosi e di Fabio Bassan – i contenuti online sono uno dei prossimi temi caldi che l’AGCOM dovrà affrontare nei prossimi mesi.
“In questo nuovo scenario riveste dunque sempre maggiore importanza il diritto d’autore su Internet– prosegue il Commissario Preto – La tutela della proprietà intellettuale sul web non può essere un tabù, ma deve essere un volano per l’innovazione, per lo sviluppo dei contenuti legali e per l’economia del settore. Non vogliamo mettere il bavaglio al popolo della rete ma garantire il rispetto dei diritti e delle regole. La rete non è terra di nessuno.(…) In questa direzione l’enforcement dell’AGCOM deve essere ispirato ai principi di proporzionalità, efficacia e celerità“(Leggi Articolo Key4Biz).
Dopo due tentativi di regolamentazione amministrativa delle procedure di rimozione dei contenuti digitali in violazione del diritto d’autore da parte dell’AGCom – effettuati con le procedure di consultazione pubblica del 2010 (AGCom 668/10) e del 2011 (AGCom 398/11) – non andati a buon fine, per le pressanti contestazioni delle proposte, i tempi sono ora maturi per riaffrontare con nuova enfasi il predetto tema spinoso al fine di disciplinare quanto prima la controversa ma fondamentale tematica per lo sviluppo economico digitale.
Come noto, la diffusione di audiovisivi online – tramite Internet – in violazione del diritto d’autore (c.d. video-pirateria) costituisce un fenomeno, relativamente recente, particolarmente rilevante dal punto di vista economico.
A livello comunitario, il mercato unico digitale viene considerato come la “quinta libertà” e, conseguentemente, ne viene ritenuto prioritario lo sviluppo.
Nello spazio digitale, la diffusione viene assicurata dai prestatori di servizi della società dell’informazione – intermediari di servizi noti come Internet Service Provider (ISP) – che a vario titolo concorrono al funzionamento della rete.
Se la condotta del soggetto che – senza averne titolo – diffonde in rete audiovisivi pirata deve considerarsi senza particolari problemi illecita, più articolata e complessa pare, invece, la responsabilità del prestatore di servizi che tale condotta rende solo tecnicamente possibile.
La nuova normativa in materia di audiovisivi introdotta dal TU dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (D.Lgs. 177/2005 come modificato dal D.Lgs. 44/2010, di seguito per brevità “TUSMAR”) tiene conto del fenomeno della convergenza dei vari mezzi di comunicazione rendendosi applicabile indifferentemente alle diverse piattaforme di diffusione tecnologicamente disponibili e, quindi, anche a Internet.
In particolare, l’art.32-bis TUSMAR – indipendentemente, si ribadisce, dalla piattaforma di comunicazione utilizzata per la trasmissione dei contenuti audiovisivi – conferma il pieno rispetto dei principi e dei diritti di cui alla Legge sul Diritto d’Autore.
L’apparente linearità della statuizione predetta nasconde problemi interpretativi pregnanti che hanno trovato non uniformi orientamenti nella giurisprudenza interna, nel delicato e rilevante bilanciamento di contrapposti interessi tra libertà di espressione, tutela dei legittimi diritti dell’autore e responsabilità per fatto illecito.
La tutela del diritto d’autore nelle comunicazioni elettroniche – in particolare la tutela degli audiovisivi – offre, inoltre, lo spunto per l’analisi – strettamente correlata – della responsabilità civile in Internet.
Il tema in parola – particolarmente complesso e attuale – viene correntemente declinato tra gli estremi del fatto illecito degi ISP c.d. passivi e degli ISP c.d. attivi con conseguenze diametralmente opposte descrivibili in termini di irresponsabilità dei primi e responsabilità dei secondi.
Criterio distintivo – di recente emersione giurisprudenziale – elaborato per tentare di inquadrare, pur con tutte le difficoltà e la prudenza del caso, il peculiare profilo della responsabilità civile dei motori di ricerca, degli aggregatori di contenuti e dei social network.
La responsabilità degli Internet Hosting Provider – ossia di quei prestatori di servizi della società dell’informazione che “ospitano” contenuti forniti da terzi – risulta assoggettata al beneficio dell’esonero da responsabilità a condizione che il prestatore di servizi non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e che, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione.
Per quanto riguarda, in particolare, la responsabilità del provider per i fatti illeciti commessi dai destinatari dei servizi, l’art. 15 della Direttiva CE 31/2000 esclude espressamente che il provider sia tenuto al controllo sui contenuti immessi in rete in conseguenza della mera fornitura di servizi di accesso.
Il principio statuito a livello comunitario – in linea di principio condivisibile – tenuto conto dell’impossibilità materiale da parte del provider di controllare il contenuto di dati trasmessi a livello globale deve, però, essere strettamente correlato all’assenza di relaborazione dei dati da parte dell’ISP.
L’esperienza statunitense del Digital Millenium Copyright Act del 1998, che ha influenzato gli estensori della Direttiva CE 31/2000, insegna, infatti, che la responsabilità del provider è applicabile solo nel caso in cui questi abbia dato un pur minimo contributo all’editing del materiale sulla rete lesivo di interessi tutelati dall’ordinamento giuridico o comunque ne abbia consentito la pubblicazione originaria in rete mediante predisposizione di idoneo sito e non sia semplicemente un “vettore’ di informazioni: non quindi qualsiasi provider può essere chiamato in responsabilità per la diffusione di materiale illecito ma solo il content provider, ossia quel provider che assuma funzioni latamente editoriali, consentendo la pubblicazione elettronica per la prima volta in rete, o di direzione in senso ampio, fornendo un pur minimo contributo alla realizzazione del sito o all’editing del materiale illecito immesso in rete.
Il beneficio dell’irresponsabilità – c.d. Safe Harbour – è, inoltre, strettamente correlato all’osservanza da parte dell’ISP delle procedure di notice and take down.
Procedure di rimozione selettiva che anche l’Italia deve adottare in tempi brevi per salvaguardare e incentivare lo sviluppo dei contenuti digitali.
Tuttavia, tra il content provider e l’ISP passivo è emersa in Internet, come si è già fatto cenno, la nuova figura soggettiva dell’ISP attivo, dell’aggregatore di contenuti forniti da terzi.
L’esigenza definitoria soggettiva – si ribadisce, ancora da consolidare in dottrina e giurisprudenza – è scaturita in concreto con riferimento alla peculiare attività degli aggregatori di contenuti “caricati” da terzi, ossia gli User Generated Content (come a titolo esemplificativo, YouTube), dei social network (come a titolo esemplificativo, Facebook) e dei motori di ricerca (come a titolo esemplificativo, Google).
Il problema qualificatorio soggettivo – di non agevole soluzione, a patto di non svuotare progressivamente la disciplina dell’irresponsabilità degli ISP prevista dal D.Lgs. 70/03 – richiede particolare prudenza nel valutare l’esclusione delle esimenti e l’applicazione del regime di responsabilità per fatto illecito.
Fra le principali critiche alle proposte di regolamentazione elaborate dalla precedente consiliatura di AGCom merita di essere ricordato il delicato problema riguardante l’ambito di applicazione soggettivo dei poteri provvedimentali e sanzionatori dell’AGCom difficilmente estensibile – in assenza di in equivoca copertura di una norma primaria di legge – dal fornitori di servizi di media audiovisivi, con responsabilità editoriale sui contenuti, indistintamente a tutti i soggetti che – a vario titolo, anche di mero intermediario di servizi della società dell’informazione – operano nella rete Internet.
Un’occasione d’intervento chiarificatore avrebbe potuto trovare sede nel recente provvedimento Crescitalia 2.0 approvato un paio di settimane orsono dal CdM: ma – per quanto a nostra conoscenza – così non è stato.
Nell’importante provvedimento si affrontano tanti temi correlati con l’innovazione tecnologica del paese: banda larga, sanità digitale, giustizia digitale, identità digitale, start-up e così via; pare, tuttavia, non esservi alcuna norma – si ribadisce – attributiva – in modo inequivoco di espliciti poteri provvedimentali e sanzionatori all’AGCom applicabili anche al di fuori del ristretto contesto degli audiovisivi.
Sono almeno tre, dunque, i referenti normativi principali che concorrono – sotto differenti profili – a disciplinare il tema della tutela dei diritti d’autore e delle responsabilità correlate:
(i) il citato TUSMAR per il settore dei servizi di media audiovisivi e radiofonici;
(ii) l’ormai storica L.633/1941 e successive modificazioni, con riferimento al diritto autore, di seguito per brevità “LDA”. In particolare, si richiamano: il nuovo primo comma dell’art. 156 LDA che ha optato per una devoluzione giurisdizionale delle inibitorie agli intermediari e il nuovo art..182-bis LDA che ha attribuito ad AGCom, nell’ambito delle proprie competenze, poteri di vigilanza a tutela del rispetto delle norme in materia di diritto d’autore;
(iii) il D.Lgs. 70/2003 relativamente alla disciplina della responsabilità dei prestatori di servizi della società dell’informazione che prevede agli art.14, 15, 16 le condizioni normative per godere del beneficio dell’irresponsabilità del mero intermediario di servizi della società dell’informazione.
L’AGCom ben potrebbe riavviare sin da ora – forzando la ricostruzione interpretativa complessiva del quadro normativo vigente – il processo di delibera di una procedura amministrativa di rimozione selettiva – differenziata per tempi e garanzie in ragione del differente ruolo del soggetto coinvolto (fornitore di contenuti, mero aggregatore di contenuti di terzi, ISP passivo) – fermo restando il prevalente principio di tutela giurisdizionale.
Ma ove la procedura di rimozione selettiva non fosse limitata allo specifico contesto dei prestatori di servizi audiovisivi e fosse estesa – come in effetti dovrebbe, per essere efficace – a tutti i soggetti che operano in rete, difficilmente potrebbe superare le stesse contestazioni che sono state mosse ai precedenti tentativi: un potere provvedimentale capace di incidere su situazioni soggettive, anche costituzionalmente garantite, deve essere necessariamente previsto da una norma di legge in conformità all’art.23 della Costituzione.
In conclusione, a scanso di nuove contestazioni e possibili ricorsi, anche costituzionali, pare a questo punto opportuno – per non dire necessario – disciplinare preventivamente – con norma primaria di legge in un quadro trasparente di garanzie – l’attribuzione di un generale potere provvedimentale di AGCom – in materia di tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi – nei confronti di tutti i soggetti operanti in Internet, evitando così false partenze pregiudizievoli per il mercato digitale.