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La bozza del Regolamento di gara dell’Agcom per l’assegnazione delle frequenze per il digitale terrestre è nella mani degli uffici di Bruxelles. A breve l’Autorità invierà le integrazioni sollecitate in questi giorni dalla Ue, che pare abbia chiesto di apportare alcune modifiche e tra queste quella di riservare tre delle sei frequenze che andranno all’asta, cioè quelle destinate all’uso televisivo a lungo termine, a ‘nuovi entranti‘.
Ma restano grossi dubbi proprio su questi ‘nuovi entranti’. Quali sono le caratteristiche che deve possedere un operatore per essere considerato ‘nuovo entrante’?
Deve possedere multiplex o no? Deve essere un operatore di un mercato adiacente, come Sky e Telecom Italia?
Secondo quanto risulta al Corriere Economia, “l’Unione Europea starebbe premendo perché il governo italiano vada nella direzione opposta a quella del beauty contest, con cui si volevano regalare i canali migliori a Mediaset, soprattutto, e Rai”.
L’Authority di Angelo Cardani ha iniziato il percorso che dovrebbe condurre al disciplinare di gara e all’asta (Leggi Articolo Key4biz). Fino alle prossime due settimane, i tecnici italiani, guidati dalla responsabile della Direzione Media, Laura Aria (la stessa figura che ha ideato il beauty contest, scrive il Corriere Economia), e dal collega della Direzione Reti, Vincenzo Lobianco, avranno incontri informali con i colleghi della Direzione Concorrenza dell’Ue; all’inizio di novembre l’Agcom dovrebbe essere in grado di pubblicare sul proprio sito il regolamento di gara, che sarà poi sottoposto a consultazione pubblica per un mese.
A quel punto, il testo sarà ‘notificato’ formalmente a Bruxelles, con l’obiettivo di ottenerne il via libera entro fine anno e dare tempo al Ministero dello Sviluppo economico di indire la gara a gennaio.
II nodo cruciale resta, però, la procedura di infrazione aperta dalla Ue contro l’Italia nel luglio del 2006, per via della Legge Gasparri che, nel regolamentare il passaggio al digitale terrestre, attribuiva ‘ingiustificati vantaggi‘ agli operatori esistenti, penalizzando la concorrenza.
Intanto è successo che l’ITU abbia deciso che per il 2015 la banda 700 MHz (3 multiplex dei 6 totali in palio) passi dai broadcaster agli operatori tlc per i servizi di banda larga mobile (Leggi Articolo Key4biz). Un passaggio che, secondo il bureau tecnico diretto da François Rancy, dovrebbe essere completato nel 2020.
Le frequenze che verranno messe all’asta saranno sei: tre nella banda a 700 megahertz e tre in quella sottostante.
Più precisamente, saranno oggetto della contesa le frequenze, suddivise in due sottosistemi (U e L), ovvero quelle che sono rispettivamente sopra o sotto il limite nominale dei 694 megahertz (ovvero sopra o sotto il canale 48).
Nel bando, come si legge nella bozza iniziale inviata dall’Agcom alla Commissione Ue, saranno messi a gara tre lotti per frequenza (U1, U2 e U3 e L1, L2 e L3) che possono essere utilizzati con tecniche DVB-T (o la sua evoluzione DVB-T2).
A poter prendere parte all’assegnazione a pagamento sono tre categorie di emittenti: chi possiede diritti per più di una rete in tecnica DVB-T (come per esempio la Prima tv di Tarak Ben Ammar); chi ha diritti per due o tre reti (Ti Media o L’Espresso); e, infine, chi ha diritti per quattro canali (Rai e Mediaset).
Le prime, quelle della banda 700, avranno una ‘durata’ limitata, cioè fino al 2015, quando la destinazione d’uso cambierà, e dovranno dunque avere una base d’asta inferiore; mentre le seconde (che l’Ue vorrebbe riservare a nuovi entranti) dureranno e costeranno di più.
Ed è proprio la banda 700, una rete superveloce, il bene più prezioso del lotto, che fa gola agli operatori del web, cioè al futuro delle comunicazioni. Il resto dei multiplex, meno preziosi, verrebbe invece assegnato per un periodo più lungo a imprese puramente televisive.
Ma se per alcune – scrive il Corriere Economia – il prezzo di partenza è di molto inferiore, ci si può chiedere, non si rischia di dare luogo a un’asta low-cost o, peggio, a un beauty contest mascherato da asta? D’altra parte non sarebbe neppure corretto che qualcuno acquistasse un asset per pochi milioni di euro e si ritrovasse in mano un tesoro nel momento del passaggio dall’uso televisivo a quello, ben più ricco, della telefonia mobile.
Secondo il Corriere Economia, l’interesse a pagare 400 milioni per TI Media, società in perdita ma proprietaria di tre multiplex, di cui uno molto pregiato (il 60 UHF), è spiegabile anche, e forse soprattutto, alla luce di questo ‘tesoro nascosto’.
Secondo Mediobanca lo Stato può incassare 1-1,2 miliardi dalla vendita dei multiplex.
Ma al momento, la scadenza al 2015 per i canali 700 MHz e la previsione di incasso di 1,2 miliardi sembrano incompatibili. Per meglio dire: come si fa a incassare 1,2 miliardi facendo un’asta riservata alle TV e con restituzione al 2015? Qualcosa non torna…..
Troppi interrogativi pendono su quest’asta, dove si acquisteranno, sembra di capire, frequenze di qualità diversa e dove ancora non si comprende la durata e se saranno tutte coordinate e quale copertura assicureranno.
Senza tralasciare la necessità di un riordino urgente dello spettro radio, viste anche le critiche mosse all’Italia in sede ITU da alcuni Paesi vicini a cause delle interferenze dei nostri ripetitori televisivi sui loro sistemi di telefonia mobile.
L’Agcom gioca in tutto questo un ruolo molto delicato in una faccenda che appare tanto complicata, al punto che si rischia di non riuscire a rispettare i tempi previsti per la gara.
Non si può escludere – ipotizza il Corriere Economia – che, essendo metà febbraio il termine ultimo per lo scioglimento delle Camere, il ministro Corrado Passera decida prudentemente di rinviare la questione al prossimo governo.