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BBC e YouTube insieme per nuovi canali educational, ma il futuro delle Tv pubbliche è davvero internet?

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BBC e YouTube hanno raggiunto in questi giorni un accordo per lo sviluppo di due nuovi canali educational da distribuire via Internet in UK e in Canada, che verranno lanciati a partire dal 2013. Se un canale servirà da semplice archivio e raccolta di documentari naturalistici long-form prodotti da BBC WorldWide, l’altro dovrebbe essere invece un progetto sperimentale, con contenuti originali costruiti appositamente per il Web, tra cui si ventila l’ipotesi di un factual scientifico a conduzione di James May, lo storico presentatore di Top Gear. La partnership risponde a una strategia già ben consolidata da parte dell’emittente britannica sulla piattaforma di video user generated controllata da Google. I canali YouTube della BBC sono, infatti, leader per ampiezza dell’offerta e per numero di visualizzazioni (ormai prossime ai 10 milioni). Ma, al di là delle performance e dei numeri sulla singola piattaforma, l’accordo raggiunto tra i due partner mostra la volontà da parte dell’emittente pubblica inglese di portare una ventata di innovazione in termini di linguaggio e di strategie di distribuzione anche nel segmento educational, notoriamente meno sperimentato sul Web, rispetto ad altri generi come la fiction, il reality, o il factual.

 

L’educazione costituisce uno dei tre pilastri fondamentali su cui si è fondata la mission storica delle televisioni pubbliche europee, insieme all’informazione e all’intrattenimento. Il fatto che la BBC abbia deciso di rafforzare anche quest’area, creando sinergie con un colosso della rete come Google, è il segnale di come l’emittente stia ulteriormente consolidando il passaggio da televisione di servizio pubblico, a media di servizio pubblico. Si tratta di una trasformazione fondamentale che non investe soltanto la BBC, ma che riguarda ormai tutte le emittenti pubbliche europee, seppur ancora in modo disomogeneo e con gradi differenti. Sono sempre più frequenti, infatti, i progetti sperimentali dei Public Service Broadcaster (PSB) online che sviluppano portali articolati dove, oltre ad offrire servizi on demand di catch up tv e di archivio storico, lanciano format innovativi.

 

Sul Web si riscontra ancora un ritardo da parte delle emittenti pubbliche rispetto ai competitors commerciali, che, soprattutto nel segmento dell’entertainment, svolgono la parte del leone. Questa scollatura sembra colmarsi almeno in parte sul versante dell’informazione e in particolare dell’educazione, dove i PSB iniziano a mettere in campo delle strategie interessanti che vanno dalle community di discussione, a progetti interattivi di varia natura. Tra i primi esperimenti non si può dimenticare il decennale progetto della BBC – “The Video Nation” – lanciato nel 2001 allo scopo di favorire la partecipazione e il giornalismo dal basso, ma poi interrotto nel 2011 per mancanza di budget. Tra gli esperimenti più recenti e intraprendenti spicca invece il progetto dedicato ad arte e video arte, a marchio ARTE France e CNC (tv pubblica canadese), che raccoglie 100 cortometraggi di 30 famosi registi mondiali intorno al tema del rapporto con gli oggetti del quotidiano. Non passa inoltre inosservato “SF DOK – 360° Langstrasse Zurich”, documentario web interattivo e applicazione mobile sviluppato dalla tv pubblica svizzera, che permette agli utenti di simulare a una passeggiata nella famosa Langstrasse di Zurigo, con finalità culturali e promozionali del territorio.

 

Contenuti e piattaforme interattive oggi sono il volano principale per la penetrazione delle tecnologie, lo sviluppo della banda e l’alfabetizzazione digitale dei cittadini. Insomma, le tv di servizio pubblico sono chiamate a diventare dei media a tutto tondo, per cercare di rimanere competitive su un mercato estremamente dinamico e aperto alle innovazioni. Sì, perché i vecchi PSB necessitano di ripensare la propria mission e di riflettere seriamente sulla loro funzione all’interno della società dell’informazione in rete. Lo storico dibattito politico sulla televisione pubblica, dunque, oggi si ripresenta nel panorama europeo con una forza inesorabile e con una serie di questioni e di tematiche nuove. Si tratta in primo luogo di comprendere se nell’età dell’abbondanza e della frammentazione dell’offerta i media di servizio pubblico abbiano ragione di esistere, o se invece le logiche del mercato siano sufficienti a soddisfare tutti i bisogni dello spettatore-utente.

 

Se la tv pubblica nasceva per far fronte a problemi di scarsità sia in termini economici che d’infrastrutture, ha senso la sua esistenza sui media digitali e soprattutto su Internet, che è lo spazio dell’abbondanza per eccellenza?

 

Si tratta quindi di capire quale funzione possano svolgere i portali e i contenuti Web native delle tv pubbliche, affinché si differenzino dalle strategie degli attori commerciali e non finiscano per determinare delle distorsioni di mercato. Cosa rappresentano dunque questi spazi?

Sono realmente delle piazze democratiche in grado di promuovere il dialogo e rafforzare il senso di appartenenza? Sono degli archivi storici che arricchiscono l’afflusso culturale di una nazione?

Sono un aggregatore di informazione di qualità?

Sono degli spazi di nicchia con contenuti esclusivi che altrimenti resterebbero fuori dal mercato? Sono tutto questo assieme?

Oppure sono soltanto il retaggio culturale di un servizio che ha fatto la storia dei paesi europei, ma ormai anche il suo tempo?

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