Italia
Lo spera il Ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, il Ministro del MIUR, Francesco Profumo, e adesso anche quello del Lavoro, Elsa Fornero, che giovedì in CDM si possa discutere del Decreto Sviluppo bis e delle misure a favore del rilancio delle start-up.
”Spero – ha detto la Fornero a Torino in occasione del Premio Optime – che giovedì il Consiglio dei Ministri approvi un’altra serie di misure per lo sviluppo tra cui alcune favorevoli per le start-up”.
“Come Ministro del lavoro – ha aggiunto – il contributo che diamo è cercare di trovare una nuova tipologia di contratto per le assunzioni. Dobbiamo riconoscere alle start-up quella maggiore flessibilità che richiedono perché c’è un elemento di rischio imprenditoriale”.
“Se vuoi mettere su un’impresa – ha spiegato il Ministro – hai bisogno di farlo senza essere troppo ingessato”.
E’ chiaro, quindi, che al CDM approderà un pacchetto di norme, rivedute e corrette, sulle start-up e sugli aspetti propriamente fiscali che riguardano la nascita di imprese innovative e incubatori certificati.
La nuova tipologia di contratto, volte a incrementare soprattutto il lavoro giovanile, prevede che nei primi 4 anni di vita le start-up potranno assumere lavoratori a termine senza vincolo di causale, senza pagare l’addizione dell’1,4% e con una retribuzione pari al minimo tabellare del CCNL più una parte variabile legata alla redditività o alla produttività, fissata a livello aziendale, anche sotto forma di stock-option.
Secondo le anticipazioni del Sole24Ore sull’ultima bozza del DL, accanto a questi incentivi, rafforzati da un meccanismo antielusione, rientrano la detrazione Irpef al 19%, per un triennio della somma investita dal singolo contribuente nel capitale sociale di una o più start-up innovative. L’ammontare, in tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione negli anni successivi, ma non oltre il terzo (l’investimento massimo detraibile, per ciascun periodo d’imposta, è di 500mila euro e deve essere mantenuto per almeno due anni). Per quanto riguarda società ed enti privati, invece, sarà possibile portare in deduzione dal reddito imponibile il 20% delle somme investite, sempre a condizione di mantenere l’investimento per due anni (massimo agevolabile a 1,8 milioni).
Il pacchetto start-up ha perso il Fondo dei fondi e l’Iva per cassa rafforzata ma conserva l’iscrizione semplificata al registro delle imprese, il contratto tipico nei primi quattro anni, la certificazione degli incubatori, il supporto dell’Ice e regole meno punitive sui fallimenti, con il passaggio alle procedure per le crisi da sovraindebitamento.
Scatteranno poi deroghe al diritto societario sugli obblighi di ricapitalizzazione, verrà consentita la raccolta di capitali di rischio tramite portali online (crowdfunding) e le quote di partecipazione in start-up innovative create come srl potranno costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari. L’intervento del Fondo di garanzia sarà gratuito ma non è prevista una sezione e una dotazione ad hoc (si era parlato di 50 milioni).
Stando all’ultima bozza in circolazione, resta corposo il pacchetto sull’Agenda digitale. Il rilascio del documento unificato carta d’identità elettronica-tessera sanitaria sarà gratuito; arriverà il domicilio digitale del cittadino tramite indirizzo di posta elettronica certificata, saranno facilitati gli scavi e la posa nei condomini della fibra ottica e, tra le altre misure, gli operatori di telefonia mobile dovrebbero ottenere un alleggerimento dei vincoli in materia di elettrosmog attraverso la modifica di un Dpcm del 2003.
Confermati al momento i 150 milioni per ridurre il divario sulla banda larga. Nella bozza trovano ancora spazio la defiscalizzazione delle nuove infrastrutture, la costituzione di un Desk Italia per l’attrazione degli investimenti esteri e le misure sulle assicurazioni.
Un elemento che sta facendo molto discutere è quello relativo ai fallimenti delle start-up. Nella bozza si prevede che, per consentire agli imprenditori di ripartire dopo un fallimento, trascorso un anno dall’iscrizione nel registro delle imprese del decreto di apertura della procedura liquidatoria, i dati relativi ai soci non siano più accessibili al pubblico ma esclusivamente all’autorità giudiziaria e alle autorità di vigilanza.
Alcuni parlano di uno ‘sbianchettamento’ che serve a poco, visto che per un anno comunque le start-up finite male saranno esposte a ogni forma di pubblicità e dopo dodici mesi l’oblio servirà a ben poco.
Ma un altro aspetto contestato è che dopo questo fatidico anno, non tutti potranno avere le informazioni riguardanti le start-up fallite, ma solo alcuni come, per esempio, le banche. Si creerà, quindi, una sorta di asimmetria informativa, ma a chi gioverà?