Italia
Il mercato italiano delle telecomunicazioni è stato caratterizzato, anche nel 2011, da una contrazione sia nel mercato fisso che in quello mobile. E’ quanto emerge dalla relazione annuale dell’Agcom (firmata sempre dal vecchio Consiglio presieduto da Corrado Calabrò), che evidenzia come nel 2011 sia proseguita la contrazione dei ricavi lordi conseguiti dagli operatori di telecomunicazione – a 40,59 miliardi di euro (-3,7% a fronte del -3,4% del 2010) – con la rete fissa che registra una contrazione superiore a quella rilevata per la rete mobile. L’incidenza del settore sul PIL è scesa dal 2,71% al 2,57%, negli investimenti è diminuita dal 4,16% al 3,98% e nella spesa delle famiglie è passata dal 2,31% al 2,21%.
Tendenze che si osservano ormai da qualche anno e che vengono accentuate dal deterioramento del quadro macroeconomico e da elementi quali la riduzione della spesa di famiglie e imprese in servizi di telecomunicazione; la costante riduzione dei prezzi dei servizi; la contrazione dell’11,7% nel numero di minuti consumati (mentre il traffico voce originato dalle reti mobili è cresciuto di un ulteriore 10%).
Tra gli altri elementi che qualificano l’andamento del mercato delle telecomunicazioni italiane, nel 2011, la diffusione dei servizi broadband su rete fissa e mobile che ha prodotto una ulteriore crescita degli introiti derivanti da servizi dati; l’ulteriore crescita del comparto della telefonia mobile virtuale, ma con segnali di saturazione del mercati; l’erosione della quota di mercato complessiva di Telecom Italia.
“L’evoluzione del settore delle comunicazioni negli ultimi anni mostra una sempre più accentuata dinamica di convergenza tecnologica e di mercato tra l’industria delle telecomunicazioni e quella dei media. Seppur ancora distinti sotto diversi profili, i mercati dei media e delle telecomunicazioni appaiono infatti attraversati da forti spinte all’integrazione, che incidono sulla catena del valore dell’intero settore delle comunicazioni. Questo va progressivamente assumendo i contorni di un ecosistema digitale sempre più complesso e articolato di relazioni e scambi tra operatori di reti e fornitori di servizi e contenuti audiovisivi, in cui si affermano nuovi attori economici, come le internet company globali, le c.d. Over The Top”, si legge nella relazione, che evidenzia altresì come il perdurante declino che caratterizza nell’Unione europea il settore delle telecomunicazioni, che registra complessivamente una crescita negativa pari a -1,9%, si giustifica anche per il fatto che il valore tende a spostarsi verso servizi internet a valore aggiunto – in particolare, quelli funzionali allo sviluppo del modello “mobile everywhere” che presuppone reti 4G come LTE, servizi in modalità cloud e stoccaggio di big data – e “le imprese europee mostrano difficoltà ad affermarsi in questi mercati emergenti, su cui si stanno invece maggiormente orientando gli investimenti dei nuovi colossi dell’ecosistema digitale (tra cui Apple, Google, Amazon, Microsoft e Facebook)”.
In Europa, i ricavi per il 2011 del settore tlc sono stimati in 301,4 miliardi di euro con una perdita rispetto al 2010 dello 0,8% legata soprattutto alla riduzione dei ricavi del segmento della telefonia fissa pari al 7,6%. “Lo stesso aumento dei ricavi della telefonia mobile (0,9%) e del comparto dati (2,6%) – stimati, rispettivamente, in 161 miliardi di euro e 71 miliardi di euro – deve essere ponderato, considerando che in termini percentuali si tratta di un incremento più contenuto rispetto agli anni precedenti”, spiega l’Agcom.
Il numero di utenti abbonati a servizi è pari a 1.504 milioni (circa 30 milioni in più rispetto al 2010). Di questi il numero di abbonati a servizi dati a banda larga e ultra larga è pari a 213 milioni (aumento del 3,6%), il numero di SIM attive è 1.031 milioni (aumento del 3,5%), le utenze di telefonia fissa 260 milioni (in diminuzione del 4,7%).
Nel nuovo e complesso ecosistema digitale, sottolinea l’Autorità, “si assiste al dispiegamento di un processo virtuoso connettività-contenuti: la produzione di nuovi contenuti promuove l’installazione di reti di nuova generazione e, in termini generali, ne giustifica la realizzazione sotto il profilo economico, tecnico e sociale. La maggiore disponibilità di capacità resa disponibile dall’installazione di reti a banda larga e ultra larga in postazione fissa e in mobilità (soprattutto l’avvento delle reti LTE), a sua volta, favorisce la fruizione dei contenuti multimediali. La produzione di apparati hardware e software con prestazioni e funzionalità sempre più avanzate accompagna il processo in esame”.
Queste trasformazioni consentiranno incrementi di efficienza, ma al tempo stesso “l’ampliamento del settore, in termini di ricavi e di volumi, unitamente al fatto che i diversi comparti – telecomunicazioni, televisione e media, internet – mostrano una sempre maggiore correlazione, impongono un processo di riallocazione delle risorse economiche all’interno dell’ecosistema digitale”.
Se infatti i consumatori hanno a diposizione più contenuti e più servizi digitali, e le imprese di telecomunicazione possono arricchire il portafogli di servizi offerti agli utenti finali in virtù dell’ampliamento del perimetro delle attività consentito dall’ecosistema digitale, è vero altresì che le telco sostengono maggiori costi per la manutenzione e l’upgrade delle infrastrutture rese necessarie dalla crescita dei volumi di traffico derivanti dagli incrementi registrati nella domanda di connettività.
Allo stesso modo, i broadcaster, gli editori televisivi, del cinema e della carta stampata, nonché gli autori di opere creative grazie all’evoluzione digitale hanno a disposizione nuovi mezzi per raggiungere gli utenti, ma – sottolinea la relazione – “la digitalizzazione dei contenuti riserva loro alcuni rischi, in quanto l’offerta di video, dati e audio cresce a dismisura, anche in virtù dei bassi costi di produzione (e riproduzione) dei contenuti, mettendo in discussione le posizioni pre-costituite”.
Il trinomio Telco vs OTT vs broadcaster spiega ancora l’Autorità, “comporta l’esigenza di nuovi modelli di business, in grado di creare valore intorno alla fornitura di accesso a internet e di assicurare adeguata remunerazione agli operatori infrastrutturati in corrispondenza di incrementi nei volumi di traffico generati”.
“In analogia, i broadcaster e, più in generale, il comparto editoriale necessita di adattarsi al nuovo contesto concorrenziale, contraddistinto da una pluralità di piattaforme trasmissive”.
Perchè un simile scenario prenda forma è, tuttavia, necessaria “un’accurata azione regolamentare al fine di promuovere l’innovazione nei servizi e contenuti, e l’ammodernamento delle dotazioni infrastrutturali, che rappresentano un elemento chiave per lo sviluppo di una domanda interna di servizi digitali”.
Altrettanto importante è l’azione del policy maker – e in particolare dei regolatori del settore – di provvedere “all’imposizione di dettagliate regole tecniche, laddove necessarie, improntate sempre alla promozione di una crescita efficiente dell’ecosistema digitale, con una costante attenzione all’impatto della regolazione sugli utenti e sulle imprese”.
“Possibili soluzioni – sottolinea la relazione – sono rinvenibili nell’evoluzione dei modelli tariffari, nell’innovazione connessa alla possibilità di differenziazione nei livelli prestazionali e, non ultima, nella possibilità di addivenire ad accordi commerciali con i nuovi attori dell’ecosistema digitale, nel rispetto dei principi di concorrenza e tutela dei consumatori che sottendono all’idea di un internet aperto e neutrale”.
Se non si riuscisse a trovare la quadra tra le esigenze dei diversi agenti della catena del valore, “nell’attuale fase non è escluso uno scenario in cui la tendenza a un disallineamento tra il flusso dei ricavi, dei volumi di traffico e degli investimenti nell’ecosistema digitale possa costituire un freno allo sviluppo di un mercato dei servizi digitali”.