Eccessiva frammentazione e scarsa attenzione alle start-up: ecco perchè l’ICT europeo non tiene il passo di Usa e Asia

di Alessandra Talarico |

Secondo uno studio Bruegel, il problema dell’Europa non è tanto la mancanza di nuove idee, quanto l’incapacità di farle arrivare sul mercato. Pesano anche le difficoltà delle aziende nell’accesso al credito e l’assenza di cluster ICT.

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Proprio mentre la Ue sta lanciando una nuova iniziativa volta a rivitalizzare le potenzialità della ricerca e a rafforzare le capacità delle aziende europee in un contesto internazionale sempre più competitivo (Leggi articolo Key4biz), un nuovo studio sottolinea il ritardo del Vecchio Continente nella creazione di un ‘ecosistema’ adeguato a supportare la creazione di nuove aziende ICT. Un ritardo che – a detta dell’analisi ‘New ICT Sectors: Platform for European Growth’ realizzata da Bruegel – rischia di rendere ancora più difficoltosa l’uscita dalla crisi.

 

In particolare, il problema dell’Europa non è tanto la mancanza di nuove idee, quanto l’incapacità di farle arrivare sul mercato.

Tra gli ostacoli principali, la mancanza di un mercato unico digitale, l’eccessiva frammentazione dei regimi di proprietà intellettuale, la mancanza di cultura imprenditoriale, il limitato accesso al capitale di rischio e l’assenza di cluster ICT.

 

Per gli autori del rapporto, dunque, l’attenzione dovrebbe concentrarsi “oltre il supporto alle infrastrutture e alla ricerca per puntare al finanziamento dei progetti pre-commerciali”.

 

Ma la questione principale, resta l’eccessiva frammentazione del mercato: le prove a supporto dei vantaggi di un mercato unico digitale ci sono e sembrano convincenti: anche in tempi di recessione e di crescita limitata, internet ha contribuito – nel 2010 – con una media del 3,8% al prodotto interno lordo europeo.

 

Nelle economie più avanzate, come il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca, la internet economy vale, rispettivamente, il 7,2%, il 6,6% e il 4,3% del PIL (in Italia, per fare un confronto, vale appena il 2%).

Molto spesso, anche la Commissione europea ha evidenziato la necessità di abbattere le barriere al mercato unico digitale, sottolineando che un vero mercato unico digitale potrebbe aumentare il PIL della Ue di 110 miliardi di euro l’anno.

Eppure, sempre secondo un report condotto dallo Joint Research Centre della Commissione,  il settore ICT – che sta contribuendo all’innovazione e alla crescita di Usa e la Corea – ha in Europa “un peso minore rispetto alle altre economie”.

 

Oltre a essere meno ‘ICT-oriented’, l’economia europea è indietro in termini di investimenti privati in ricerca e sviluppo nei beni e nei servizi ICT.

“Questo gap – sottolineano i ricercatori – è alla base della sostanziale differenza tra gli investimenti complessivi in R&S tra gli Usa e l’Europa”.

Altra differenza con gli Stati Uniti: la scarsa attenzione dell’Europa nei confronti dei ‘sotto-settori’ ICT a più alto potenziale di crescita: internet e software.

In Europa, in sostanza, mancano giovani innovatori in queste aree in grado di competere con colossi Usa quali Google, Amazon, Apple e così via.

E la stessa cosa avviene nel settore degli smartphone: nonostante fino a pochi anni fa Nokia fosse leader mondiale del settore dei cellulari, attualmente sono Apple e Samsung a dominare il comparto.

 

Ecco perchè nel 2010 la Ue ha confezionato l’Agenda digitale: un piano volto proprio, tra le altre cose, a creare un mercato unico digitale e a rafforzare la ricerca e sviluppo nel settore.

 

L’altro grande problema dell’Europa, ribadisce lo studio, è la debolezza del supporto alla commercializzazione di nuove idee, che spesso provengono dalle start-up. Se in Italia si cominciano a muovere i primi passi verso il sostegno alle aziende innovative (Leggi articolo Key4biz), le start-up europee sono frenate dai problemi di accesso al credito e finiscono spesso per essere inglobate da un incumbent: sembra questa l’unica alternativa per non essere estromessi dal mercato.

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