Twitter: cosa c’è dietro il blackout, le Olimpiadi o è solo questione di ‘Twiplomacy’?

di Raffaella Natale |

Troppi tweet e troppi politici impegnati a fare campagna elettorale, come emerge dallo Studio ‘Twiplomacy’ di Burson-Marsteller. I server non reggono.

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Barack Obama

I migliaia di tweet sulle Olimpiadi di Londra hanno mandato in tilt Twitter? Ieri il sito s’è bloccato per almeno due ore ed è stato inaccessibile in alcuni Paesi. I tecnici sono già al lavoro per capire esattamente cosa sia successo. Un altro problema serio di questo tipo s’era registrato lo scorso giugno, quando ci fu un blackout di 80 minuti (Leggi Articolo Key4biz).

 

“Siamo al corrente del problema e ci stiamo lavorando”, ha detto ieri un portavoce, mentre in tarda mattinata sulla homepage appariva la scritta: “Ciao ragazzi! Sembra che ci sia una piccola interruzione di Twitter.com. Grazie per la vostra pazienza!”.

Poche parole, senza scendere nei dettagli.

 

A fine giornata è arrivata qualche spiegazione in più, da parte del vicepresidente di Twitter Mazen Rawashdeh: “Non uno, ma ben due data center in panne quasi contemporaneamente”. Quindi nessun bug a cascata, il problema è di tipo infrastrutturale.

 

Forse i data center non hanno retto il gran numero di tweet. Forse i sistemi non sono in grado di supportare una simile mole di utenti, perché quasi tutti ormai ‘cinguettano’ su Twitter, c’è chi lo fa per lavoro, chi per puro divertimento…

Secondo i dati raccolti in un Report di Burson-Marsteller, il primo dedicato ai leader politici mondiali e Twitter, evidenzia che due terzi di loro sono presenti sulla piattaforma di microblogging.

 

Con oltre 17 milioni di followers, @BarackObama è di gran lunga il più seguito leader mondiale, secondo lo studio “Twiplomacy“, per il quale sono stati analizzati gli account di 264 tra capi di Stato e di governo.

Obama è stato il primo capo di Stato a iscriversi a Twitter, e secondo il rapporto è anche colui che ha inviato il tweet più popolare: “Le coppie dello stesso sesso dovrebbero poter sposarsi”.

E’ quinto nella classifica assoluta della popolarità nel cosiddetto Twitterverse, subito dopo @britneyspears. Tuttavia il presidente USA, segue solo due leader mondiali: il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg e il russo Dimitri Medvedev.

 

Gli altri sei account più seguiti dai leader mondiali sono quello della Casa Bianca (61 colleghi), di Downing Street (41), del primo ministro canadese Stephen Harper (20), del presidente uscente del Messico Felipe Calderon (20), della presidente brasiliana Dilma Rousseff (17) e dell’Eliseo (17).

 

L’Italia non figura tra i 125 Paesi esaminati da Burson-Marsteller, visto che né il presidente Giorgio Napolitano, né il premier Mario Monti, hanno un account Twitter, tuttavia il “ministro degli Esteri Giulio Terzi e la Farnesina stanno svolgendo un lavoro brillante in materia di Diplomazia Digitale”, ha dichiarato Matthias Luefkens, Digital Practice Leader di Burson-Marsteller per Europa, Medio Oriente e Africa.

 

I più “isolati” sono il presidente russo Vladimir Putin, quello ruandese Paul Kagame, il premier di Singapore Lee e altri 35 leader che non seguono nessuno sul social network. E c’è poi chi – come la cancelliera tedesca Angela Merkel – preferisce non essere su Twitter.

 

“Lo studio dimostra come Twitter stia colmando un vuoto di comunicazione con i nostri politici”, afferma Jeremy Galbraith, direttore generale di Burson-Marsteller per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa.

Da una parte – sottolinea Galbraith – permette ai capi di Stato e di governo di far conoscere la loro attività a un pubblico più ampio possibile e dall’altra dà ai cittadini un accesso diretto ai loro leader”.

 

Il Report evidenzia anche che i politici scoprono spesso Twitter durante le campagne elettorali ma che, una volta eletti, ‘diventano silenziosi’.

Dai dati emerge che i leader mondiali tweettano in 43 lingue. Il 34% lo fa in inglese e il 15% in spagnolo. I politici spagnoli, tuttavia, come anche quelli latino-americani, ‘cinguettano’ tre volte di più di quelli che lo fanno in inglese.

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