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Il Cda Rai si riunirà mercoledì 25 luglio per discutere degli stipendi per i nuovi vertici di Viale Mazzini che stanno facendo tanto discutere (Leggi Articolo Key4biz).
Una fonte ha riferito a Reuters che si parlerà dell’emolumento del presidente. “Spero non sia una presa in giro, mi aspetto una vera riduzione”, ha detto la fonte, riferendosi alla notizia dei giorni scorsi di una riduzione del compenso del neopresidente Anna Maria Tarantola.
La fonte del Cda ha ricordato che nelle settimane scorse l’assemblea degli azionisti ha deciso una riduzione del 30% degli emolumenti dei componenti del consiglio, presidente compreso, a 66.000 euro lordi annui, da circa 100.000.
“A questa cifra però vanno aggiunte le indennità per le deleghe”, ha riferito ancora la fonte, sostenendo che con quelle, l’ex presidente Paolo Garimberti arrivava a circa 450.000 euro. “Vediamo di quanto taglierà Tarantola. Se la riduzione riguarda solo il compenso base, è una presa in giro”.
Lo stipendio di Tarantola in qualità di vicedirettore generale della Banca d’Italia era di circa 400.000 euro lordi all’anno.
La scorsa settimana il Cda Rai ha dato via libera al contratto a tempo indeterminato di Luigi Gubitosi, che guadagnerà annualmente una cifra lorda fissa di 400.000 euro, a cui si affiancherà un’indennità di funzione di 250.000 euro.
La decisione ha provocato polemiche in diversi esponenti politici, sia del Pdl che del Pd, oltre che del rappresentate della Corte dei Conti in Cda Rai, che ha espresso profonde ‘riserve’ su un simile contratto in tempi di austerità e sulle conseguenze inevitabili che determinerà sui conti di Viale Mazzini (Leggi Articolo Key4biz).
Il tutto mentre gli italiani devono adeguarsi alle misure di spending review e il governo sta lavorando al provvedimento di fissare appunto una soglia massima per lo stipendio dei dirigenti pubblici, che sarebbe stato quantificato in 294 mila euro lordi l’anno. Meno che la metà dello stipendio di Gubitosi.
La fonte ha detto a Reuters che il Cda tornerà a riunirsi ancora il primo agosto, prima delle ferie estive.
Intanto le sigle sindacali di categoria hanno inviato ai vertici Rai una corposa documentazione, dettagliando lo stato di salute della Tv pubblica (Leggi Articolo Key4biz).
I sindacati sono convinti che la Rai, in questo contesto di mercato e di evoluzione tecnologica, paga pesantemente sia il tetto pubblicitario imposto dalla legge Gasparri, sia la mancata realizzazione di canali a pagamento che invece per i diretti concorrenti, Mediaset e Sky, sono parte importante del loro business e determinanti per rispondere al forte calo della pubblicità.
Hanno quindi lanciato l’allarme: la pubblicità, lo si può leggere nella comparazione dei bilanci è calata pesantemente negli ultimi anni, giungendo fino ai 965 milioni di euro del 2011, con perdite ben superiori al valore di mercato e ai competitor. Il canone, unica fonte stabilmente in crescita rispetto alle altre entrate, ormai rappresenta più del 55% dell’intero ammontare dei ricavi della Rai.
Da questo si evince che il canone, che dovrebbe essere interamente utilizzato per i programmi di servizio pubblico, sta sostenendo la programmazione di prodotti d’intrattenimento leggero e alcune volte di scarsa qualità.
Questi, sono per i sindacati, tra i fattori che, “sommati a una pesante evasione del canone, rischiano, soprattutto in un momento di crisi economica, di rendere impossibile qualunque piano di rilancio”.
In un articolo pubblicato su Affari&Finanza di Repubblica, si legge che “la novità rivoluzionaria non sarebbe nella revisione delle spese e nei tagli (che sarà assai difficile fare nella misura necessaria) ma nei ricavi. E qui il nodo gordiano ha un solo e semplice nome: Sipra. Il buco nero di Viale Mazzini è infatti la concessionaria di pubblicità“.
Secondo Repubblica, Tarantola e Gubitosi dovrebbero partire proprio da qui: “…Si possono tagliare i costi, rivedere i palinsesti, ridurre i tg, ma se poi si ha una concessionaria che quando il mercato cala perde il doppio della media e quando poi risale lo fa alla stessa velocità degli altri, non si va lontano”.
“In un periodo di crisi di pubblicità – si legge ancora – i pacchetti offerti dalla concessionaria sono rigidi, il bundle sui canali ha pochissima flessibilità”.
“Stessa rigidità in materia di sconti (…) Se a tutto questo si aggiunge il fatto che i contratti Sipra prevedono anticipi contrattuali del 35%, si capisce bene perché gli inserzionisti siano in fuga: prima degli Europei, nei primi mesi 2012 la raccolta ha segnato meno 25% rispetto al meno 10% di Publitalia”.
Quantificare l’inefficienza di Sipra, scrive ancora Repubblica, è difficile ma qualche cifra si può azzardare. Per esempio, i canali digitali che stanno attorno all’1% di share (la Rai4 di Freccero, Rai Movie) dovrebbero valere sui 30 milioni annui di raccolta pubblicitaria: sembra che arrivino solo attorno ai 10 milioni. I portali Internet della Rai, Rai.it e Rai.tv, quest’ultimo con l’offerta delle dirette via Web e della catch-up tv potrebbero portare tra i 15 e i 20 milioni di ricavi pubblicitari, ma ci si ferma appena a 6.
Lo share medio dei nuovi canali digitali Rai inizia a essere vicino al 6%: e poiché ogni punto di share vale sui 30 milioni, il loro fatturato potenziale potrebbe stare sui 180 milioni. Più Internet, si arriverebbe sui 200 e di questi si può ipotizzare che oggi ne entri effettivamente appena un terzo: diciamo che possono mancare all’appello 130-140 milioni su un fatturato pubblicitario 2011 che è stato di 973 milioni (1.039 nel 2010). E su Sipra, che non è ‘materia editoriale’, Tarantola e Gubitosi potranno decidere in autonomia, senza sottomettere le loro scelte al Cda.
Il secondo nodo, una volta sistemata la pubblicità, è l’offerta editoriale.
“Finora è mancato un vero piano editoriale – ha spiegato a Repubblica Augusto Preta, direttore di ITMedia Consulting – Rai non ha una strategia unitaria né in termini di target né in termini di offerta. Non ha una strategia nel digitale anche se è stata l’azienda che sul digitale ha investito di più: è stata la prima a lanciare nuovi canali, anche come quantità. E per questo ha anche rinunciato ai 50 milioni annui che ricavava dal contratto con Sky“.
“Ma è prioritario per Rai ripensare le sue strategie – ha concluso Preta – Finora hanno utilizzato le logiche della vecchia tv lineare e del modello mono-piattaforma: ora devono riconsiderare le loro scelte mettendo testa e investimenti su Internet”.