Social Media: le più grandi aziende del mondo li usano strategicamente. Ma cosa si nasconde dietro i falsi followers di Twitter?

di Raffaella Natale |

Un Report di Burson-Marsteller evidenzia il largo uso dei social network da parte delle società, ma uno studio di Marco Camisani Calzolari mette in discussione l’autenticità dei followers.

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Due anni fa le più grandi compagnie del mondo hanno cominciato ad avvicinarsi in modo, circospetto, ai social media. Oggi questi nuovi strumenti ‘social’ fanno ampiamente parte delle strategie di ogni azienda che si rispetti.

Le società della Fortune 100 sono state menzionate almeno 10,4 milioni di volte al mese sui social media, soprattutto su Twitter, stando ai dati resi disponibili da Burson-Marsteller nella terza edizione del Social Media Check-Up.

L’82% delle aziende ha un account su Twitter e questo lo rende il network più popolare per il business.

 

La stragrande maggioranza di queste non è pero impegnata a scrivere tweet, piuttosto a stabilire un rapporto diretto con i clienti: il 79% degli account aziendali viene usato per retweettare messaggi o per le @ citazioni.

Le società presenti nella Fortune 100 seguono più persone su Twitter rispetto a quanto facevano nel 2010. Ognuna di queste aziende riceve in media gli aggiornamenti di oltre 2 mila utenti, registrando un balzo del 182% rispetto a due anni fa. Nell’ultimo anno, intanto, è triplicato a 14.709 il numero dei follower.

 

YouTube, che è la seconda più popolare piattaforma per le aziende, ha messo a segno la maggiore crescita di utilizzo tra quelle della Fortune 100. Il 79% ha canali YouTube dedicati al proprio brand, il 39% in più rispetto al 2010. Questi canali presenti sul sito di video-sharing di Google hanno oltre 2 milioni di visualizzazione e circa 1.600 utenti.

 

Quasi il 75% delle compagnie hanno una fanpage su Facebook. Ogni pagina ha in media 152.646 ‘Mi piace’ e il 93% di queste viene aggiornata settimanalmente, rispetto al 59% di due anni fa. Il 70% delle aziende che hanno una fanpage risponde ai commenti lasciati sulla propria bacheca.

Il 48% dei gruppi della Fortune 100 sono anche presenti su Google+ e il 25% anche su Pinterest.

 

In totale, sono almeno l’87% le società della Fortune 100 che usano almeno un social network, in crescita del 10% rispetto al 2010.

 

Tra gli elementi più interessanti evidenziati dal Report di Burson-Marsteller sicuramente l’aumento della registrazione di più account per azienda per ogni social media. Ford e Wells Fargo, per esempio, hanno diversi account su Twitter per differenti prodotti o servizi.

Altro trend indicato è la creazione di contenuti. L’ex CEO di Burson-Marsteller, Mark Penn, ha commentato che l’uso dei social media da parte delle aziende è cambiato dal 2010, oggi s’è passati dal broadcasting all’impegno anche nella creazione dei contenuti

“Le società – ha concluso Penn – producono più contenuti multimediali originali da condividere con i propri followers su Twitter, Facebook e YouTube”.

 

Questo Report di Burson-Marsteller arriva in un momento particolarmente delicato. In Italia, infatti, ha sollevato un ampio dibattito lo studio condotto dal docente di Comunicazione aziendale e linguaggi digitali allo Iulm di Milano, Marco Camisani Calzolari, che denuncia i falsi followers su Twitter di Beppe Grillo.

Pare,  infatti, che oltre la metà delle persone che leggono i tweet di Grillo non siano esseri umani ma ‘Bot’, ovvero programmi in grado di effettuare operazioni in automatico sul web ‘fingendosi’ umani.

 

Il che mette in luce anche la tendenza delle aziende a crearsi falsi followers.

Twitter ha raggiunto i 500 milioni di utenti, di cui solo 140 milioni attivi che hanno pubblicato un contenuto negli ultimi 30 giorni.

 

“Sono molte le imprese – scrive Calzolari – che hanno creato un account corporate con cui promuoversi e con l’obiettivo di collezionare il maggior numero di followers possibili (…)

Il numero di followers rimane un indicatore che è spesso percepito come rappresentativo del successo su Twitter, a prescindere dal reale valore dei followers in termini di interesse nei confronti del brand o dei suoi prodotti”.

 

Il confronto, in termini di numero di followers, con i competitors ha spinto alcune aziende, direttamente o indirettamente attraverso intermediari, ad acquistare followers al solo fine di aumentarne il numero. La grande domanda ha creato un mercato internazionale di vendita di followers più o meno reali”.

 

Ovviamente c’è chi nega i risultati di questo studio, mettendone in discussioni i metodi di rilevamento dei dati. Su Facebook nel gruppo Osservatorio della Rete è già aperto il dibattito.

 

Per maggiori informazioni:

Global Social Media Check-up 2012

di Burson-Marsteller

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