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TV. La posizione di TivùSat su sentenza Tar Lazio: ‘Confermata la validità del nostro modello operativo aperto’

Italia


Il ricorso di Sky

 

Il ricorso di Sky aveva a oggetto, per i profili di interesse di Tivù:

–       L’impugnazione della delibera dell’Autorità n. 519/09/CONS, recante “verifica del rispetto dei principi di cui all’art. 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 in merito alla costituzione della società Tivù Srl”. In tal modo, Sky ha contestato la costituzione stessa di Tivù e la sua approvazione da parte dell’autorità di settore, nonché conseguentemente la possibilità di dar vita a TivùSat.

–       L’impugnazione dell’art. 22 del Contratto nazionale di servizio stipulato tra il Ministero dello Sviluppo Economico e la Rai per il periodo 2010-2012. L’azione di Sky era in particolare diretta a sancire un obbligo di must offer assoluto a carico di Rai, fondato sulle norme primarie dell’ordinamento nazionale ed europeo. In questo quadro, Sky lamentava altresì la presunta violazione di norme e principi in materia di aiuti di Stato e concorrenza connessi al comma 3 del predetto articolo del contratto di servizio, in particolare nella misura in cui Rai si impegna a promuovere la diffusione di TivùSat.

 

 

La sentenza

Riguardo al primo punto, il Tar ha dichiarato inammissibili le censure, così validando la delibera n. 519/09/CONS e le considerazioni ivi contenute in merito al rispetto delle norma in materia di concorrenza e pluralismo. Il Tar ha così confermato  la piena  legittimità della costituzione di Tivù Srl e della piattaforma TivùSat. Identiche censure erano state ritenute prive di fondamento da parte della Commissione europea.

Inoltre, la sentenza iscrive correttamente TivùSat in una prospettiva di interesse pubblico, affermando che la sua costituzione “si comprende soltanto in una prospettiva di garanzia dell’interesse generale alla fruizione del prodotto televisivo pubblico a titolo gratuito.”

La sentenza ha inoltre confermato la validità del modello operativo aperto di Tivùsat che garantisce il rispetto delle norme in materia di pluralismo e concorrenza. Scrive infatti il Tar “il fatto che il sistema NDS sia un sistema chiuso, giustifica ulteriormente la scelta di Rai di consentire la diffusione satellitare della programmazione anche attraverso ulteriori piattaforme distributive, come quella TivùSat, che operano attraverso sistemi di codifica  aperti, e in quanto tale potenzialmente idonei a garantire una più ampia ed agevole diffusione”.

Quanto al secondo punto, il Tar precisa anzitutto che a differenza del previgente contratto di servizio – che sul punto aveva operato una “scelta, ovviamente, non obbligata, e magari opinabile” – il contratto di servizio in vigore “non prevede obblighi di cessione gratuita, ma soltanto l’obbligo per il concessionario di rendere fruibili le trasmissioni del servizio pubblico attraverso tutti i tipi di piattaforme tecnologiche e per mezzo di almeno una piattaforma distributiva di ogni piattaforma tecnologica”. Con la conseguenza che “anche la distribuzione attraverso una unica piattaforma satellitare può essere ritenuta compatibile con gli obblighi di servizio pubblico se idonea a garantire la copertura dell’intero territorio nazionale e l’accesso alla programmazione da parte della generalità degli utenti a titolo gratuito”.

 

Con specifico riferimento alle attività promozionali poste in essere da Rai in favore di Tivù, in particolare mediante la messa a disposizione di smart card a fronte del pagamento dei soli costi di acquisto, il Tar ritiene di poterle qualificare alla stregua di un aiuto di Stato illegittimo in quanto non comunicato alla Commissione europea. In proposito, non ci si può esimere dal rilevare come un tale approccio potrebbe non essere in linea con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, quale costantemente interpretata ed applicata, alla luce di una consolidata giurisprudenza europea e della prassi della Commissione. In ogni caso, il Tar osserva contestualmente che “Va invece rigettata la domanda di condanna di Tivù al rimborso delle risorse pubbliche che Rai abbia utilizzato per la promozione di TivùSat, in quanto genericamente formulata, senza indicazione di alcun concreto elemento utile alla quantificazione dei vantaggi effettivamente conseguiti da Tivù.”

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