Europa
Solo i proprietari delle infrastrutture per servizi di telefonia mobile possono essere assoggettati ad un contributo per le loro installazioni su un demanio pubblico, non gli operatori che semplicemente utilizzano tali infrastrutture.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue intervenendo su richiesta del Tribunal Supremo (la Corte suprema spagnola) in merito alle obiezioni sollevate da Vodafone España e France Telecom España sulla conformità con la direttiva “autorizzazioni” dell’imposizione di contributi agli operatori, semplici utilizzatori e non proprietari, della rete di telecomunicazione elettronica.
La direttiva in materia di autorizzazioni di reti e servizi di comunicazione elettronica (“autorizzazioni”), consente agli Stati membri di prelevare un contributo sui diritti di installare le infrastrutture necessarie alla prestazione dei servizi di telecomunicazione su proprietà pubbliche o private.
Tali contributi sono stati imposti alle imprese a prescindere dal fatto che esse fossero oppure no le proprietarie di tali installazioni.
Nella sua sentenza, la Corte constata, innanzitutto, che, nell’ambito della direttiva “autorizzazioni”, gli Stati membri “non possono riscuotere tasse o contributi sulla fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli previsti dalla direttiva stessa”.
La Corte precisa quindi che la direttiva “autorizzazioni” non definisce né la nozione di installazione di strutture su proprietà pubbliche o private né il debitore del contributo relativo ai diritti afferenti a tale installazione.
Tuttavia, la Corte rileva che, secondo la direttiva “quadro”, i diritti per consentire l’installazione di strutture su una proprietà pubblica o privata – vale a dire infrastrutture materiali – sono concessi all’impresa che sia stata autorizzata a fornire reti di comunicazioni pubbliche e abilitata, a tale titolo, a installare le strutture necessarie.
Di conseguenza, il contributo per i diritti di installare strutture può essere imposto solo al titolare di tali diritti, vale a dire al proprietario delle infrastrutture installate sulle proprietà pubbliche o private.
Ciò premesso, la Corte sostiene che il diritto dell’Unione non consente agli Stati membri di imporre detto contributo agli operatori che, senza essere proprietari delle infrastrutture, le utilizzino per la prestazione di servizi di telefonia mobile.
La Corte constata inoltre che, poiché la disposizione della direttiva “autorizzazioni” sull’imposizione del contributo è formulata in termini incondizionati e precisi, essa può essere invocata direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali per contestare l’applicazione di una decisione dell’autorità pubblica incompatibile con la disposizione stessa.
Dal momento che la Corte non risolve la controversia nazionale, spetta ora al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla sentenza, che vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile (a.t.)