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Le telco non devono considerare gli OTT degli avversari, ma lavorare con loro e “cavalcare l’onda delle app”. E’ quanto ha affermato Andrew Hamilton della società di consulenza Value Partners, secondo cui gli operatori devono “aprire le loro reti di distribuzione” e recuperare il ritardo accumulato nei confronti degli over the top in termini di marketing ed esecuzione di nuovi modelli commerciali, estendendo le loro offerte per riempire i ‘vuoti’ che le società internet e i produttori di smartphone non hanno ancora coperto.
Hamilton ha detto ancora che troppo spesso gli operatori “si ricordano di avere dei clienti solo quando tentano di vendergli qualcosa”.
La customer experience, ha spiegato Hamilton, è invece la somma dell’interazione con i dispositivi, le app, lo staff e i servizi che il cliente percepisce come legati al fornitore del servizio, che a sua volta si somma nel mondo virtuale alle esperienze di altre persone che rientrano nelle cerchie degli amici sui diversi social network.
“La combinazione di questi elementi crea un ambiente altamente integrato e volatile che gli operatori stanno ancora tentando di ‘misurare’ per mettere in atto una reazione adeguata”, ha affermato.
Nel dibattito, maturato in seno a un convegno svolto in Asia, è intervenuto anche Dhaval Vora, vice presidente della gestione del prodotto della società indiana Elitecore, secondo cui non esiste una bacchetta magica per trovare nuovi flussi di guadagno.
“Le telco – ha affermato – devono sperimentare e analizzare ogni aspetto della loro attività per cercare nuovi modo per tenersi stretti i clienti”. Tra questi, l’introduzione di piani di roaming ‘intelligenti’, di sistemi di controllo per i genitori, il lancio di piani 3G/Wi-Fi. Alcuni di questi possono aiutare gli utenti a risparmiare, generando fiducia nel fornitore del servizio, altri possono essere utili per incrementare i ricavi.
Earl Valencia, responsabile innovazione dell’operatore filippino Smart Communications, ha affermato che gli operatori dovrebbero guardare alle esperienze di società anche di settori diversi, che curano il cliente da quando questo si avvicina al prodotto/servizio fino a quando decide di ‘disconnettersi’ e dovrebbero “avere l’umiltà di mettere il cliente in cima alla lista delle priorità, perchè il cliente può scegliere tra diverse opzioni. È nostra responsabilità che i clienti amino il brand”.
Un ruolo importante nella ‘cura’ del cliente può essere giocato dai social network, che consentono alle società di avere un riscontro immediato senza dover sostenere costi di ricerca e di raggiungere segmenti di mercato tradizionalmente lontani dalla portata delle divisioni marketing.
Secondo Valencia, i social media sono ormai un imperativo per le telco: “La maggior parte dei ‘nativi digitali’ non ci sta ad aspettare 10 minuti che si liberi il primo operatore disponibile. Nel frattempo avranno già postato i loro reclami su Facebook o Twitter. È così che vanno le cose adesso e le compagnie telefoniche devono adeguarsi”.
I social media, come il passaparola, sono la migliore (o la peggiore) pubblicità possibile: gli operatori dovrebbero dedicare un team alla gestione della reputazione su queste reti che, a ben vedere, sono i nuovi call center.
Molti operatori, anche in Italia, sono già particolarmente attivi in questo senso e si sono mobilitati per coinvolgere il pubblico in comunità virtuali create appositamente per promuovere interessi e iniziative legate al marchio e alle offerte.
Ne sono un esempio la campagna “La sorprendente storia d’Italia” di Telecom Italia – seguita dall’iniziativa Twittastorie che permetterà di riscrivere in 140 caratteri la storia di Napoli, Roma e Genova – e la presenza capillare di Vodafone sui principali social network, dove vengono presentate le ultime novità e offerta assistenza ai clienti.