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Rai: il Cda vota Anna Maria Tarantola alla presidenza. L’astensione di Antonio Verro preannuncia la battaglia in Vigilanza?

Italia


Il Cda Rai ha votato Anna Maria Tarantola alla presidenza della Tv pubblica. Si è astenuto il consigliere Antonio Verro (Pdl-Lega).

La Tarantola ha preferito non essere presente alla riunione e, secondo quando si apprende, la sua scelta è dovuta esclusivamente a “garbo istituzionale e per rispetto verso il consiglio d’amministrazione, per lasciare allo stesso la libertà di votarla come presidente“.

E’ questa, infatti, la spiegazione che la Tarantola ha fornito in una lettera ai componenti del consiglio di amministrazione della Rai.

 

Salta, intanto, la conferenza stampa che era stata fissata dal Cda. Il nuovo consiglio Rai nel giorno del suo insediamento sceglie la linea del silenzio. Secondo quanto comunicato dal direttore delle relazioni esterne Guido Paglia, la decisione di non parlare più con la stampa, come precedentemente annunciato, è stata presa “per motivi di opportunità vista l’assenza di Anna Maria Tarantola“, ma secondo una fonte solo per “evitare domande imbarazzanti”. I consiglieri sono quindi usciti alla spicciolata, ma senza rilasciare dichiarazioni. Così come hanno fatto anche i due consiglieri votati dal Pd, Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi.

 

L’astensione al voto di Verro si spiega con gli scontri in atto sui nuovi poteri da assegnare al presidente che il Pdl ritiene illegittimi.

La richiesta del premier Mario Monti, che ha indicato l’ex vicedirettore di Banca d’Italia, è di assegnarle poteri di firma sulle spese fino a 10 milioni di euro, quando oggi il tetto arriva a 2,5 milioni e la competenza fino a questa cifra è attualmente del solo direttore generale, che poi per anche un solo euro in più deve richiedere il parere del Cda; autonomia anche sulle nomine dei direttori, ad esclusione di quelli editoriali (in buona sostanza i direttori di reti generaliste) e di testate.

 

Si profilerebbe, quindi, una vera e propria ‘rivoluzione’ nella filiera decisionale, con poteri del presidente accresciuti, cui si deve aggiungere il ruolo preminente del nuovo direttore generale, che il governo ha indicato nella persona di Luigi Gubitosi.

 

I consiglieri in quota Pdl avrebbero voluto votare contestualmente alla nomina della Tarantola anche un ordine del giorno sulla governance dell’azienda.

Ma l’Odg, presentato dal consigliere Antonio Pilati, è giunto troppo tardi, secondo il parere dell’ufficio legale Rai. Così, in assenza della stessa Tarantola si è andati al voto.

 

Il mancato voto di Verri potrebbe già essere un segnale importante di quanto potrebbe avvenire (forse dopodomani) in Vigilanza dove, al di là delle attestazioni di stima e il riconoscimento di capacità per Anna Maria Tarantola, emerge nel centrodestra una resistenza a un via libera tout court al presidente e al progetto di potenziarne le deleghe operative, ovvero limitare quelle del Cda a un ruolo ‘marginale’.

 

Adesso, perché il nuovo presidente possa effettivamente assumere i poteri, è necessario che in Vigilanza ci sia a suo favore una maggioranza qualificata dei due terzi, vale a dire 27 su 40.

Il Pdl ha chiesto un’audizione di Tarantola in Vigilanza prima di votare, ma una fonte vicina al presidente della Commissione, Sergio Zavoli, ha detto che “la legge non lo prevede, non c’è alcun precedente, nel caso sarà l’ufficio di presidenza a valutare”.

 

Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, ha dichiarato: “Al Pdl dico attenzione, basta protervia. Siamo oltre ogni limite. Se il governo vuole modificare i poteri, si fa così. Punto e basta”.

 

Ma il Pdl è deciso a non retrocedere. Le parole del capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, sono molto chiare: No, no e ancora no. Il Pdl non torna sui suoi passi e annuncia battaglia per contrastare quella che considera ‘una gravissima violazione della legge’.

Gasparri ha anche annunciato il voto contrario del proprio partito: “L’unica mediazione possibile è la presa d’atto del Governo di non poter violare la legge: ci sono svariate sentenze che impediscono di sottrarre la governance al Parlamento”.

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