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Rai: la Commissione di Vigilanza sposta al 26 giugno il voto sul nuovo Cda. Più tempo per visionare i curricula pervenuti

Italia


Slitta al 26 giugno, come già si prevedeva, la riunione della Commissione parlamentare di Vigilanza, che giovedì avrebbe dovuto votare i nuovi componenti del Cda Rai.

Un rinvio reso necessario, informa Pancho Pardi (Idv), dall’arrivo di oltre 300 curricula, gli ultimi ieri sera, quando scadeva il termine.

“Non c’é nessuna intenzione dilatoria è solo per serietà verso i candidati”, ha commentato Pardi.

 

La Vigilanza avrà tempo di leggerli tutti? O è l’ennesima operazione di maquillage per far credere che le cose stanno cambiando, quando invece dietro il trucco si nascondono le solite facce?

L’Italia dei Valori ha chiesto un’audizione pubblica dei candidati che hanno presentato i curricula e oggi Antonio Di Pietro ha tenuto sull’argomento una conferenza stampa.

 

Intanto le tre associazioni (Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, Libera di don Ciotti, Libertà e giustizia e Se non ora quando), interpellate dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani, hanno fatto i loro nomi: Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo.

“Faremo di tutto perché il Parlamento raccolga l’appello all’equilibrio di genere nel Cda Rai”, ha detto Bersani, accogliendo con favore i nomi indicati dalle associazioni. Riferendosi a Tobagi e Colombo, il leader del Pd ha poi detto: “Ne rispetteremo l’assoluta indipendenza”.  

Le donne della quarta associazione ‘Se non ora quando’, hanno invece voluto seguire un percorso in parte diverso. Hanno scritto una lettera al presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, per chiedere rispetto della parità di genere nel nuovo Cda e hanno indicato “una rosa di candidate di alto profilo professionale e sensibili ai temi della cittadinanza delle donne e della democrazia paritaria“, che comprende, oltre alla Tobagi, Dacia Maraini, Chiara Saraceno, Lorella Zanardo, Flavia Nardelli ed Evelina Christillin.

I due nomi saranno votati, a partire da martedì prossimo, dalla Commissione di vigilanza insieme ad altri cinque componenti del Cda, che si aggiungeranno al presidente designato Anna Maria Tarantola e al consigliere Marco Pinto, espresso dal Tesoro.

 

Il Pdl sta scegliendo i suoi due candidati (tra i papabili la conferma di Antonio Verro oltre ad Antonio Pilati, Mauro Miccio, Guido Paglia, Rubens Esposito) e così la Lega (Giovanna Bianchi Clerici è passata all’Antitrust) e l’Udc. Sarà il Cda a nominare al suo interno il presidente che, per divenire efficace, avrà bisogno del voto favorevole dei due terzi della Vigilanza. Sarà invece il presidente con il Cda a convocare l’assemblea dei soci dove trovare l’intesa sul nome del direttore generale che il Governo ha indicato nella persona di Luigi Gubitosi.

 

La Vigilanza prende insomma tempo per valutare questi 300 curricula, Bersani ha pensato di rivolgersi alla ‘società civile’ per avere le indicazioni e sulla scia anche altri partiti stanno cercando di allargare la rosa dei papabili.

Ma queste manovre sono sufficienti per uscire realmente dai vecchi schemi e dalle lottizzazioni?

 

Ben vengano i nomi espressione della società civile, ma che almeno siano competenti. Altrimenti è inevitabile pensare che sotto questo disegno si cela in realtà la solita spartizione politica, vecchia quanto la Rai.

 

Mi chiedo cosa sappia Colombo, rispettabilissima persona e stimato pm, della Rai. Ha competenze specifiche?   

 

Daniela Brancati, ex direttrice del Tg3, che ha presento alla Vigilanza il proprio CV, non fa mancare la sua stima ai candidati indicati dalle associazioni ma si aspetta ora, ironicamente, la direzione del tribunale di Milano. Critico Mario Adinolfi, che è uscito dal Pd lo scorso settembre riconsegnando pubblicamente la tessera. Accusa Bersani di ‘confusione’, perché dopo aver “ragionato per decenni sulle competenze ora abbiamo voluto inseguire Grillo sulla società civile”.

 

La Rai è stata oggetto di spartizione da sempre, ma adesso, se si vuole fare dell’azienda di servizio pubblico un organismo indipendente, bisogna puntare a comprovata esperienza, altrimenti si rischia di prestare il fianco a un gioco politico senza eguali, dove il grande sconfitto sarebbe proprio la Tv pubblica.

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