Italia
Il piano per la fibra ottica di Telecom Italia trova un alleato a sorpresa: è Carsten Schloter, amministratore delegato di Swisscom (che controlla l’italiana Fastweb), che in un’intervista al CorrierEconomia spiega che il piano messo a punto da Telecom Italia per il cablaggio del paese con una nuova rete a banda ultra larga “è migliore di quello di Cassa Depositi e Prestiti e Metroweb”.
Intorno ai piani delle due società, come è noto, si è sollevata una forte diatriba sia in merito alla decisione delle CDP di investire 500 milioni di euro nel progetto Metroweb – anche se il presidente Franco Bassanini si è detto pronto a farlo anche in quello di Telecom Italia (Leggi articolo Key4biz) – sia riguardo la tecnologia da usare per portare la fibra ottica nelle principali 30 città italiane: Telecom Italia predilige la tecnologia FTTC (la fibra fino all’armadietto, per utilizzare la rete in rame che termina nelle case/aziende con il vectoring), mentre Metroweb ha optato per FTTH, ossia la fibra fino alle case.
Il sostegno di Schloter al progetto di Telecom Italia sorprende perchè Swisscom, attraverso Fastweb, controlla anche l’11% di Metroweb.
Con Telecom, tuttavia, la società sta sperimentando l’uso del vectoring presso l’Expo di Milano.
Al CorrierEconomia, Schloter spiega che, innanzitutto, bisogna distinguere “tra ciò che viene annunciato e ciò che si farà realmente”, dal momento che è dal 2007 che si è iniziato a parlare di NGN, ma i progressi ancora sono quasi a zero, mentre Fastweb ha investito sei miliardi (2,5 dall’ingresso di Swisscom) e ne investirà un altro nei prossimi tre anni.
Detto questo, per Schloter “non ha senso” una duplicazione della rete di nuova generazione perchè “l’Italia deve recuperare il ritardo e ha bisogno di essere il più pragmatica possibile”, cioè usare la rete esistente per non sprecare risorse già limitate.
L’ad di Swisscom conviene che FTTH non è una tecnologia per tutto il paese, ma da sfruttare solo nelle aree nere, così come afferma anche l’ad di Telecom Italia Marco Patuano (Leggi articolo).
Riguardo, nello specifico, il piano di Telecom Italia, dice: “Il progetto di collegare 100 città e 7 milioni di case è credibile, ma deve essere vincolante”.
Intanto, sempre sul CorrierEeconomia, vengono pubblicati i dati di uno studio commissionato dal Dipartimento delle comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico a ‘I costi del non fare’ — osservatorio fondato e presieduto da Andrea Gilardoni professore associato di economia e gestione delle public utilities all’Università Bocconi — secondo cui “tra 18 anni la rete dell’incumbent varrà zero e l’Italia avrà rinunciato a una cifra stimata tra i 4 e i 25 miliardi per la mancata realizzazione di una nuova rete Bul (a banda ultra larga) e a 838 miliardi in termini di mancati servizi che su di essa potrebbero svilupparsi: in altri termini il 3% del Pil all’anno da ora al 2030”.(a.t.)