Italia
Molto presto tutti i broadcaster internazionali saranno chiamati a prendere importanti decisioni strategiche, per fronteggiare i mutamenti in atto nel mercato pubblicitario, nell’audience, nel diritto d’autore e anche da un punto di vista tecnologico.
A cambiare le carte in tavola sono stati Google, Apple, Netflix, Hulu, Facebook, player globali definiti con l’acronimo OTT: Over The Top. Un nuovo ecosistema mediatico caratterizzato da un rivoluzionario quanto innovativo sistema di consumo di contenuti audiovisivi che contempla i nuovi device come tablet e smartphone, oltre che, naturalmente, il tradizionale Pc. In questo contesto, l’offerta dei servizi televisivi viene arricchita dal contributo di nuovi soggetti consolidatisi nell’erogazione di diversi servizi ad alto valore tecnico, quali i gestori di social network, dei motori di ricerca, i fornitori di servizi di telecomunicazioni.
Un panorama in veloce evoluzione, con cui i broadcaster tradizionali devono confrontarsi, e che vede la nascita di una nuova piattaforma per la diffusione di contenuti audiovisivi tramite internet e per mezzo di una TV interattiva e connessa alla rete: l’OTT TV. Il convegno organizzato a Roma dall’ISIMM, l’Istituto per lo Studio dell’Innovazione nei Media e per la Multimedialità, intitolato “La Over-the-Top Television“, ha voluto mostrare il potenziale di questa nuova piattaforma di servizi televisivi e multimediali, interattivi e always on, in grado di rivoluzionare l’intero mondo delle trasmissioni radiotelevisive.
Con l’OTT TV è messa in discussione la tradizionale nozione di broadcaster, attorno alla quale dal dopo guerra a oggi si è consolidata un’ampia e dettagliata normativa. La modifica strutturale della programmazione televisiva, infatti, porta inevitabilmente all’emersione di nuovi modelli economici diversi da quelli tradizionali della TV commerciale o della pay-tv. I broadcaster devono dunque affrontare una competizione che non si esaurisce con i tradizionali diretti concorrenti, ma che si allarga ai fornitori di contenuti specifici per internet, gli studios, i fornitori di rete e gli aggregatori di contenuti online.
Il convegno ISIMM ha affrontato i punti critici dell’argomento, coinvolgendo operatori di telecomunicazioni, broadcaster, software company, aggregatori di contenuti, rappresentanti dell’Agcom e delle Istituzioni, aprendo di fatto un dibattito sul futuro della televisione nel nuovo corso tecnologico ed economico inaugurato dagli OTT.
Numerose sono le questioni sul tavolo: gli scarsi profili regolamentari dei servizi rispetto alla iper-regolamentazione dell’attività televisiva tradizionale, il ruolo e le funzioni delle istituzioni di controllo a tutela della libera concorrenza e degli utenti, la protezione dei contenuti, il ruolo e le posizioni di mercato che si profileranno per le emittenti televisive tradizionali, per i fornitori di servizi di telecomunicazioni e per i players del settore dell’informatica e dei servizi correlati.
Un quadro complesso che è stato ben sintetizzato da Vincenzo Zeno-Zencovich, Presidente dell’ISIMM, nel suo intervento di apertura: “L’OTT TV rappresenta un nuovo modello in cui si evidenzia una disintermediazione tra la scelta del modello editoriale e l’utente. Rimane da valutare la capacità della rete, perché i contenuti e il flusso da essi generato è molto pesante e consuma risorse infrastrutturali; altri aspetti sono la neutralità delle reti, il rapporto tra aggregatore, fornitore, operatore ed utente; i modelli di business possibili; il tipo di disciplina più adatta a questo tipo di servizi e la territorialità delle reti della comunicazione, problema quest’ultimo accentuato dall’ubiquità giuridica delle fonti e dei servizi cloud“.
“A questo c’è da aggiungere la dimensione transazionale del mercato – ha continuato Zencovich – che pone delle criticità in relazione alla natura degli attori, al quadro giurisdizionale, al livello di concorrenza e di competitività, alla tutela del copyright e della proprietà intellettuale, a cui si aggiungono delle riflessioni attente sulla tutela dei dati personali, della privacy, dei minori e il diritto alla riservatezza delle comunicazioni personali”. Prime considerazioni che hanno tracciato percorsi chiave poi sviluppati durante gli interventi successivi e che hanno come comun denominatore l’importanza dell’avvento della OTT TV per comprendere se l’Italia ha o no la volontà di aprire il mercato dell’industria culturale alla libera concorrenza.
Una prima indicazione l’ha data da Saverio Tridico, direttore Affari pubblici e legali di Vodafone Italia, secondo il quale: “Il nostro mercato sta cambiando velocemente e assieme ad esso il nostro modo di vivere. Le nuove generazione sono molto interessate a tali fenomeni, già vi interagiscono, partecipando ai nuovi processi tecnologici, economici e sociali. C’è bisogno di un impegno di tutti gli operatori di filiera per garantire che tali processi, assieme alle Istituzioni di settore come l’Agcom, giungano a compimento. Le Tlc hanno perso valore negli anni, i prezzi sono scesi del 30%, ma nonostante questo il settore a fine settembre del 2011 ha prodotto investimenti per 4 mld di euro in Italia. Le frequenze a 800 mhz sono fondamentali per il futuro del settore e per la televisione di nuova generazione. Oggi il 50% della banda è occupata da servizi video che ogni anno consumano banda per un 20-30% in più. C’è una compenetrazione di sistema tra produttori di contenuti e infrastrutture. Le Telco hanno due ruoli ormai, quello di produttore e distributore di contenuti. In Europa ci sono 160 operatori, contro i 4 degli Stati Uniti, e questo pone un problema politico, di sistema e di regole, la cui risoluzione deve garantire i diritti del consumatore e un ritorno degli investimenti più veloce. Vodafone versa 2,1 miliardi di euro al fisco italiano, partecipando in maniera consistente alla tenuta del sistema Paese. La regolamentazione deve saper includere i nuovi fenomeni in atto, potenziando la capacità di visione istituzionale. Spetterà ai broadcaster e agli operatori di telecomunicazioni trovare accordo sul come compensare i propri modelli di business e di garantire un accesso costante ai nuovi servizi per il consumatore, tra cui internet, almeno come servizio base universale, segmentando il valore in base alle diverse e crescenti necessità degli utenti“.
Per quanto riguarda invece lo spinoso problema della tutela del diritto d’autore e della pirateria digitale, Tridico ha affermato: “Gli operatori di rete non possono comportarsi come degli sceriffi per controllare tutto quello che accade in termini di violazione del copyright e del diritto d’autore. Bisogna uscire dalle ideologie assolute e favorire il confronto laico, raggiungendo una sintesi equilibrata da un punto di vista normativo e punendo ogni violazione“.
“La produzione moltiplicata dei contenuti e dei servizi ci obbliga al confronto tra la regolamentazione classica televisiva e quella dei sistemi telematici – ha spiegato Paolo Agoglia, direttore dell’Ufficio legale della SIAE – due ambiti che devono convergere da un punto di vista giuridico. Nuovi modelli di consumo corrispondono a nuove tipologie di offerta, a loro volta dettate dal progresso tecnologico. La SIAE per prima ha rilasciato autorizzazioni specifiche per le web radio, licenze per il consumo dei primi contenuti digitali, fino alle 1700 tipologie di licenze attuali che sono riferibili alle più diverse forme di offerte sul mercato. Tra le necessità più impellenti c’è una maggiore semplicità e specificità nel rilascio delle licenze nel rispetto del diritto d’autore. È essenziale l’elaborazione di un’offerta legale base per abbattere le tendenza all’illegalità e alla pirateria digitale. Servono licenze multi-territoriali, come da tempo sostiene la SIAE unitamente alle altre collective society europee, sostenendo iniziative come il progetto ARMONIA, ma anche sostenendo il modello britannico o quello proposto dalla GEMA in Germania. Prima dell’estate potrebbe vedere la luce una nuova iniziativa per un controllo governativo, diciamo di vigilanza, sull’attività delle società di collective sul tettorio, con la possibilità di offrire delle licenze anche da un punto di vista del mutuo riconoscimento all’interno del mercato dell’Unione. Per sfruttare a pieno l’economica digitale, le licenze ed il contrasto alla pirateria, pur nella diversità culturale degli Stati membri, occupano un posto di primo piano in Europa“.
Una sfida tutt’altro che impossibile da vincere, quella che si pone ai broadcaster italiani, ha dichiarato Alberto Sigismondi, consigliere delegato di Tivù, società partecipata da Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Frt e Aeranti Corallo, che ha già venduto 1,5 milioni di smartcard della sua piattaforma satellitare gratuita TivùSat: “Forniamo servizi a tutto il settore dell’audiovisivo. Convergenze informatica e ibridazione della rete sono sempre di più una realtà a portata di mano per gli operatori ed i consumatori, soprattutto per le nuove modalità di consumo dei contenuti. Il consumo non lineare è un fatto accertato ormai anche da Auditel. I punti di audience che migrano dalle reti generaliste ai canali tematici non vengono ancora valorizzati allo stesso modo dagli operatori advertising. La pubblicità è oggi ancora la fonte principale di sostentamento per gli operatori del settore, almeno fino a quando i modelli di business pay non daranno i loro frutti. Il pericolo è nella frammentazione eccessiva del mercato dovuta alla multicanalità che si sta ampliando sempre di più”.
“A preoccupare davvero è il quadro competitivo. Un mondo in evoluzione in cui i broadcaster devono competere con Google, Amazon, Apple, Netflix, Hulu e molti altri, soggetti che forniscono servizi, contenuti e tecnologie, ma senza investire nella rete. È la disintermediazione dell’operato classicoe del broadcaster, sono degli aggregatori con alte capacità finanziarie di operare sui mercati globali che danno vita ad nuovo scenario competitivo senza regolamentazione. Aziende che non producono reale valore sul territorio in cui operano in virtù della loro natura globale. In Europa tutti i broadcaster si stanno muovendo verso il mercato OTT TV. In Gran Bretagna stanno ragionando su nuove soluzioni competitive, tra cui YouView (beta version a settembre), tramite cui con un telecomando puoi accedere a tutti i servizi presenti sul mercato in un ambiente regolato che facilita la libera concorrenza. Qui i broadcaster riescono ancora a mantenere una posizione riconoscibile e di rilievo all’interno della filiera dell’audiovisivo. In Francia c’è la piattaforma TNT 2.0, da noi c’è Tivù, che parte dal modello TivùSat, piattaforma satellitare free, aperta ed orizzontale, con copertura nazionale, nello specifico dove non arriva il digitale terrestre, che già raggiunge il 5% delle famiglie italiane“.
Nel 2020 il 10% del consumo televisivo sarà non lineare secondo gli ultimi trend e questo rappresenta per i broadcaster uno shifting rilevante nei modelli di consumo.
Tra i fornitori di tecnologia c’è ovviamente Microsoft. Luigi Dal Pino, Direttore Centrale per le Relazioni Istituzionali e Industriali del gigante americano, ha brevemente mostrato il ruolo di Microsoft sul mercato dell’audiovisivo partendo da alcune considerazioni di ruolo: “Noi abbiamo l’obiettivo di supportare coloro che sviluppano modelli di business, fornendo la tecnologia che abilita al meglio i piani delle aziende. Forniamo tecnologia sia per le telcos, sia per i broadcaster. Si tratta per lo più di tecnologie cloud, per facilitare accesso, storage e gestione di contenuti. Vogliamo essere presenti sul mercato con tutto ciò che il consumatore vive quotidianamente, in una condizione multidevice e multicanale. Xbox Live, ad esempio, offre contenuti, ma soprattutto forme nuove ed avanzate di user experience. Il cliente riesce ad interagire direttamente con noi, suggerendo modifiche e nuove soluzioni. Il 4 giugno a Los Angeles annunceremo il nuovo modello di Xbox per connettere Tv, Pc, tablet per vivere il multimediale in ogni tempo e luogo, in mobilità. Gli OTT non portano ricchezza sul territorio. Il business sulla rete è assicurato dalle applicazioni, che sono sviluppate o da società dedicate o dall’operatore stesso. Tramite le app le aziende riescono a sviluppare un modello di business centrato sul rapporto con l’utente, i cui dati forniscono trend di mercato fondamentali per le società e il loro business. Un settore che necessità di attenzione normativa, perché la protezione del lavoro delle aziende deve essere assicurata nel valore e nella legge. La regolamentazione attuale è pensata nel mondo reale per poi essere applicata in quello del digitale e questo crea confusione. Bisogna concepire interventi chiari, concreti, mirati ed efficaci“.
Anche Lisa Di Feliciantonio, responsabile Regulatory Policy di Fastweb, vede ancora la possibilità per gli operatori tradizionali di mantenere posizione sul mercato dell’audiovisivo: “In Itali non c’è ancora la competizione globale determinata dagli OTT in gran parte del mondo. Segnali nel breve termine di un loro ingresso nel Paese non ce ne sono. Per noi è un’opportunità, come operatori. Il mercato europeo è ancora troppo frammentato, per diversi motivi e gli operatori tradizionali via etere e satellite possono ancora occupare un posto di rilievo. Negli USA, invece, è già in atto uno scontro molto forte tra i due diversi modelli. La direttiva media audiovisivi senza frontiere ha permesso un’evoluzione ulteriore nella definizione di apparati di trasmissione e nel superamento della differenza tra televisione tradizionale e new media, modelli di consumo compresi“.
Fin qui le considerazioni degli esperti sul mercato dei servizi OTT in via di definizione, sui modelli di business e sul rapporto con i broadcaster. Nel secondo Panel, dedicato al Quadro regolamentare, si è cercato di delineare i possibili sviluppi futuri dell’OTT TV e dei suoi servizi da un punto di vista giuridico.
L’avvocato Pieremilio Sammarco ha fornito nel suo intervento ulteriori elementi di riflessioni approfondendo il ruolo dell’Agcom, la funzione della disciplina regolamentare relativa ai fornitori di contenuti tradizionali e sulla responsabilità editoriale.
“I profili soggetti alla disciplina devono essere residenti all’interno dell’Unione europea e questo è un problema perché la gran parte degli OTT ha natura globale – ha precisato Sammarco – anche nella responsabilità editoriale il testo unico sui servizi media audiovisivi è a rischio interferenza della direttiva sul commercio elettronico, perché la differenza di ambito giuridico tra media e ecommerce è molto labile, con la Corte di Giustizia UE che sarà chiamata a dare delle interpretazioni più stringenti. Per la pubblicità sembrerebbe che con l’OTT TV tutti i rigidi limiti normativi relativi ai vecchi media ne escano fortemente ridimensionati, perché la smart tv offre nuove forme di comunicazione promozionale parallela alla trasmissione dei contenuti. Nei vecchi media i due ambiti erano complementari, oggi sono paralleli. Una normativa precedente basata sul calcolo dei tempi pubblicitari all’interno del palinsesto giornaliero e che oggi non è più valida con l’advertising interattivo e digitale. Probabilmente si abbandonerà la misurazione dello share a favore di quello dei contatti. I diritti digitali anche subiranno un nuovo sviluppo. Per poter trasmettere su reti di comunicazione elettronica bisognerà acquisire diritti e licenze. Anche gli stessi broadcaster dovranno ricontrattare le vecchie licenze di antenna. Al fine di favorire la commercializzazione di diritti digitali, soprattutto per i nuovi soggetti, sarebbe il caso di renderli tutti multiterritoriali per valorizzare i contenuti a seconda della tipologia. Altro tema di grande interesse per il giurista è la privacy. La OTT TV ha nei suoi punti di forza il rapporto stretto tra l’utente, che diventa attivo, e il fornitore di contenuti e servizi multimediali. Un rapporto interattivo che comporta però un ingente traffico di dati, molti dei quali relativi alla persona. Serve allora una tutela forte della protezione dei dati personali“.
Da un punto di vista normativo, ha chiarito Antonio Perrucci, Vice Segretario generale Agcom, la regolamentazione delle telecomunicazioni e quella della televisione rimane ancora distinta, perché è presente una forte discontinuità di mercato e tecnologica.
“Il fenomeno dell’OTT non è ancora stato messo a fuoco, nonostante le richieste di intervento alle Autorità antitrust e di regolamentazione. La disciplina dei nuovi servizi riferibili alla OTT TV si interroga se è il caso di estendere la vecchia normativa anche ai new media. Una questione ancora non risolta. L’UE sembra avere un approccio più continuista, di adeguamento ai nuovi processi e fenomeni digitali. I soggetti che emanano le norme tendono, come gli attori del mercato, ad essere conservatori da un punto di vista normativo. Bisogna comprendere le caratteristiche dei mercati rilevanti e delle piattaforme. Ci si è impegnati ad aprire un dibattito sull’OTT TV, anche se i tempi sono ancora piuttosto larghi, e questo convegno a suo modo vuole contribuisce. La competizione sta diventando interpiattaforma e i diversi soggetti economici ed imprenditoriali -OTT vs broadcaster vs operatori di rete – chiedono continui interventi ai regolatori, tra cui il diritto d’autore. Si deve delineare un nuovo ambito di interazione tra Tv e internet, delimitarne i mercati, valutarne gli ambiti competitivi, i modelli di business, la regolamentazione della pubblicità, la tutela della privacy e dei minori. Sono punti critici che l’Agcom deve approfondire con un apposito Osservatorio, che sappia decidere come intervenire, con quali strumenti e tempi. Le regole sono fondamentali, anche per le reti di nuova generazione e i contenuti e servizi che vi verranno offerti, perché c’è un’asimmetria nella competizione molto forte. Ovvio che non bastano le regole a colmare la mancanza di politiche imprenditoriali adeguate e di maggiore capacità di risposta degli operatori nazionali. Se in molti chiedono una convergenza tecnologica, non è ancora auspicabile da un punto di vista legislativo“.
Proprio in relazione alla tutela dei minori, soggetti oggi molto più esposti che in passato ai contenuti digitali, ha dato il suo contributo Lucia Muselli, docente all’Università di Milano. “La normativa della tutela dei minori è legata alla maggiore e crescente esposizione dei soggetti ai nuovi media – ha spiegato Muselli – cambia il luogo di consumo, dal salotto famigliare alla fruizione soggettiva in una dimensione privata e personale. Aumenta il tempo passato sui media interattivi a livello globale da parte dei più piccoli. C’è bisogno di prevedere i problemi e di anticipare le minacce. Nell’individuazione degli strumenti , però, le posizioni si diversificano da un punto di vista culturale e giuridico. La direttiva media senza frontiere ne è un esempio. Di recente la Legge Gasparri sviluppava la direttiva europea, innalzando limiti, divieti e sanzioni nella tutela dei minori esposti ai programmi televisivi (art. 34-35). I servizi di media televisivi sono divisi in media lineari e non lineari e si prevede una tutela apposita per ognuno di essi. Con il decreto Romani si aggiungono altri vincoli, ma poco coordinati così da non aiutare l’interpretazione del regolatore. Una difficoltà, per altro, che era presente già in sede europea. Esempio ne è l’artciolo 44, definito oscuro e che ha necessitato l’intervento dell’Agcom per fare maggiore chiarezza relativamente alla visione di film con contenuti violenti, a sfondo pornografico e lesivi lo sviluppo del minore. Nella sfera dell’OTT TV non ci sono particolari impedimenti nell’applicazione delle normative di servizi lineari e non lineari. La classificazione dei contenuti ha un ruolo fondamentale e anche da noi sono stati determinati dei criteri precisi a cui si dovrebbe procedere ad un’individuazione di standard europei.“.
In conclusione di convegno è intervenuto Eugenio Prosperetti, che ha aperto una finestra sul mondo della proprietà intellettuale: “L’OTT TV può essere realizzata in diversi modi e per ognuno di essi serve un corpus normativo specifico come nel caso della privacy, dell’eCommerce, della tutela dei minori e del copyright. Se parliamo di un broadcaster si deve individuare il detentore dei diritti sul contenuto. Il problema sorge quando il contenuto viene trasmesso su piattaforme diverse, perché per ognuna di esse c’è da negoziare un tipo di licenza. Tuttavia, quando nasce una piattaforma OTT, in linea di massima, siamo in presenza di diritti negoziati, senza bisogno di intervento del legislatore. Diverso se siamo di fronte ad un vendor tecnologico che offre applicazioni, muovendosi ai margini del mercato OTT. Spesso, in relazione al web, la tutela dei diritti d’autore delle opere avviene ex post, con possibile eliminazione dei contenuti dalla piattaforma oggetto della causa. Emblematico per l’Italia è il caso del contenzioso tra RTI e Google. Altri termini di confronto sono le tipologie di connessione e il senso dato dal legislatore ad esse. I criteri variano e sarebbero sicuramente di aiuto ulteriori riflessioni sul concetto di tutela del diritto d’autore, DRM compreso. Sull’interoperabilità dei servizi ci sono delle norme che assicurano il libero flusso di informazione ed utilizzo dei mezzi di accesso alla rete. La tutela della proprietà intellettuale, infatti, riguarda anche le diverse modalità di accesso alle opere protette“.