Italia
L’Italia condannata per non aver concesso per 10 anni le frequenze all’emittente televisiva Europa 7 di Francesco Di Stefano. La Corte europea dei diritti umani ha riconosciuto all’imprenditore 10 milioni di euro per danni materiali e morali contro una richiesta di 2 miliardi di euro.
I giudici hanno stabilito che nel negare le frequenze a Europa 7, le autorità italiane hanno violato il diritto alla protezione della proprietà privata e quindi causato un danno economico all’emittente.
Secondo la Corte, inoltre, le autorità italiane non hanno rispettato “l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media“. L’Italia è stata, quindi, condannata per aver violato il diritto alla libertà d’espressione. All’emittente televisiva è stato pertanto riconosciuto il diritto a un risarcimento di 10 milioni di euro per danni morali e di 100 mila euro per le spese legali sostenute per presentare il ricorso a Strasburgo.
Francesco Di Stefano aveva chiesto più di 2 miliardi di euro, ma durante l’udienza pubblica che ha avuto luogo lo scorso ottobre i difensori dello Stato italiano hanno sottolineato che Di Stefano è stato già risarcito nel 2009, quando il Consiglio di Stato gli ha riconosciuto una compensazione di 1 milione di euro. Oltre alla questione strettamente economica, i giudici dovranno stabilire tra l’altro se le scelte del governo siano state dovute a reali impedimenti tecnici, oppure, come sostenuto da Di Stefano, da motivazioni politiche.
La Corte, nel condannare l’Italia per non aver concesso le frequenze a Europa 7, ha deciso di non prendere in esame l’accusa rivolta Di Stefano nei confronti di Mediaset. Nel suo ricorso, Di Stefano sosteneva che sia le leggi varate dal governo per far slittare la data in cui Mediaset e Rai avrebbero dovuto cedere le loro frequenze che le decisioni del Consiglio di Stato in merito alla questione dell’allocazione delle frequenze e del risarcimento di un milione di euro a Europa 7, erano frutto della volontà di favorire le reti di Silvio Berlusconi. Una tesi respinta dalla Corte di Strasburgo. Con la sentenza emessa oggi i giudici europei hanno infatti deciso di non procedere all’esame delle ipotesi di discriminazione subita da Europa 7 in rapporto a Mediaset e di conflitto di interessi rispetto alle leggi varate negli anni per l’allocazione delle frequenze. Inoltre la Corte ha stabilito che la procedura svoltasi davanti al Consiglio di Stato e le decisioni prese in quella sede sono state frutto di un processo equo, così come prescritto dall’articolo 6 della convenzione europea dei diritti umani.
Arriva così a conclusione una storia cominciata nel luglio del 1999 quando Europa 7, in base alla legge n.249 del 1997, ottenne la licenza per trasmettere attraverso tre frequenze per la copertura dell’80% del territorio nazionale. Tuttavia l’emittente ebbe l’effettiva possibilità di iniziare a trasmettere solo nel 2009 e su una sola frequenza. Nel condannare l’Italia la Corte ha sottolineato come, avendo ottenuto la licenza, Europa 7, potesse “ragionevolmente aspettarsi” di poter trasmettere entro massimo due anni. Ma non ha potuto farlo perché le autorità hanno interferito con i suoi legittimi diritti con la continua introduzione di leggi che hanno via via esteso il periodo in cui le televisioni che già trasmettevano potevano mantenere la titolarità di più frequenze.