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Aiuti di Stato. La Svezia contraria a intervento Ue su aziende cinesi: ‘Il peggio sarebbe nostro’

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La decisione della Ue di applicare delle sanzioni alle aziende cinesi Huawei e ZTE – operanti nel settore delle infrastrutture per le telecomunicazioni – potrebbe rivelarsi un boomerang.

Dopo la presa di posizione di Ericsson (Leggi articolo Key4biz) è intervenuto infatti anche il ministro del commercio svedese Ewa Bjorling, sottolineando che nel caso di una simile azione, a rimetterci potrebbero essere soprattutto le tante imprese occidentali che fanno affari in Cina, tra cui proprio Ericsson che ha sede in Svezia ed è il principale competitor di Huawei e ZTE.

 

Il rischio sarebbe quello di vedersi chiudere le porte del commercio nell’immenso mercato cinese delle telecomunicazioni, dove la maggior parte dei vendor del Vecchio Continente sta cercando di ritagliarsi uno spazio.

 

Anche se, ha ammessola Bjorling, le osservazioni della Ue sono probabilmente corrette, sarebbe meglio, a suo avviso, avviare dei colloqui conla Cinaper giungere a degli orientamenti che regolino i finanziamenti sulle esportazioni.

Non bisogna poi dimenticare, ha affermato il ministro, che le aziende cinesi detengono una quota del 30% del mercato europeo delle infrastrutture wireless, mentre la quota di quelle europee in Cina e del 45%.

“Perciò se la Cina dovesse rispondere con misure simili” a quelle minacciate dalla Ue, applicando a sua volta tariffe punitive sulle importazioni, “sarebbero le aziende europee a rimetterci più di quanto lo sarebbero quelle cinesi”.

 

Secondo fonti citate dal Financial Times,la Commissione starebbe raccogliendo prove sulla questione da diversi mesi e potrebbe decidere di aprire un’inchiesta formale già nel corso di questo mese, come aveva fatto già nel 2010, nel settore dei modem wireless, dietro denuncia della società belga Option contro Huawei. La denuncia cadde dopo che Option e Huawei si accordarono per creare una joint venture.

 

Il fatto ‘anomalo’ e che più sta destando perplessità è che questa volta non ci sarebbe stata alcuna denuncia: per la prima voltala Commissioneha agito di proprio impulso, non in risposta a una segnalazione di un’azienda  privata.

Anzi, i principali vendor europei – tra cui anche NSN e Alcatel-Lucent, oltre a Ericsson, hanno parlato di azione ‘inappropriata’.

 

La Cinaè il secondo partner commerciale della Ue dopo gli Stati Uniti con scambi commerciali che dai 423 miliardi di euro del 2011 potrebbero toccare nel 2012 i 500 miliardi di euro. Ecco perché gli Stati membri, informati in un incontro a porte chiuse il 24 maggio, stanno facendo pressione sulla Commissione per lasciare cadere la faccenda.

Il ministro svedese Bjorling, nella lettera inviata al Commissario Ue al Commercio Karel De Gucht ha fatto sapere di aver discusso la questione con altri colleghi europei e di non essere la sola ad avere dubbi in merito.

 

Ma allora, in nome di chila Ueha deciso di aprire questa battaglia?

 

A spingere per una procedura “ex-officio”, riferiva sempre il Financial Times, è stato proprio De Gucht, secondo cui il governo di Pechino sarebbe solito minacciare di ritorsione le aziende europee per costringerle a non denunciare queste pratiche illegali.

 

Nel corso di un incontro col ministro del commercio cinese Chen Deming, De Gucht ha ribadito la necessità di risolvere le dispute commerciali conla Cina, per evitare un’escalation legale fra le due aree.

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