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La scorsa settimana Google ha pubblicato il Transparency Report, nel quale per la prima volta appare una sezione dedicata al copyright.
Fino a oggi, infatti, questo Rapporto forniva essenzialmente informazioni sui governi che chiedevano alla società di sopprimere dei link o fornire informazioni sui suoi utenti.
“La lotta contro la pirateria online è molto importante“, ha scritto Fred von Lohmann, Senior Copyright Counsel, sul blog ufficiale dell’azienda (Leggi Articolo Key4biz).
Aggiungendo, “Non vogliamo che i nostri risultati di ricerca conducano la gente a dei posti nella rete dove vengono infranti i diritti d’autore”.
Ma è davvero così?
Per Enzo Mazza, presidente di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), la Federazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende discografiche italiane, questo Rapporto dimostra che “il colosso di Mountain View fa in realtà ben poco e soprattutto rende il contrasto al fenomeno molto complicato per i titolari dei diritti”.
Più precisamente, ha dichiarato Enzo Mazza a Key4biz, “Il meccanismo di rimozione posto in essere da Google è strutturato in modo molto abile per rendere complicato e burocratico l’invio di diffide, disincentivando l’attività di contrasto al fenomeno”.
“Spesso – ha aggiunto il presidente FIMI – ci vogliono settimane per ottenere la rimozione di un link da blogspot. Questo è molto grave se consideriamo che Google spende tanto del proprio tempo nel dimostrare che l’uso dei propri servizi favorisce le PMI, semplificandone il lavoro. In questo caso il motore di ricerca fa esattamente l’opposto”
Brad Buckles, executive vice president, Anti-Piracy, della RIAA (Recording Industry Association of America), potente associazione americana dell’industria discografica, ha incalzato, commentando: “E’ bello vedere che Google è d’accordo con questo principio fondamentale (la lotta alla pirateria) e continua ad adottare misure volte a scoraggiare le violazioni”.
C’è, però, bisogno, ha aggiunto Buckles, di maggiore trasparenza per comprendere appieno la portata del problema.
Conoscendo il numero totale dei link a siti pirata e le limitazioni che Google impone agli aventi diritto nell’individuare eventuali violazioni, si nota che il numero di segnalazioni è veramente esiguo rispetto alla grande quantità di violazioni commesse.
La RIAA ha sottolineato che basta effettuare una ricerca su Google, digitando il nome di un artista e il termine ‘Mp3‘, per rendersi conto che la maggior parte dei primi risultati indirizzano gli utenti verso siti che offrono materiale illegale.
E purtroppo la stessa cosa avviene quando si cercano contenuti popolari seguiti dalle parole “free download“.
Fact #1: Per poter notificare a Google un’infrazione bisogna prima di tutto individuarla. Ma la società pone limiti artificiali al numero di ricerche che un avente diritto può effettuare per individuare queste violazioni. Questi limiti riducono significativamente l’utilità dello strumento ‘take down’ davanti all’attuale portata del problema della pirateria e al numero di titoli che si sta provando a proteggere. Il numero delle query consentite è minuscolo, ha precisato la RIAA, specie se si considera che Google gestisce oltre 3 miliardi di ricerche al giorno. La compagnia ha, tuttavia, respinto la richiesta di rimozione di queste ‘barriere’.
Fact #2: Non è possibile informare Google della portata del problema se vengono posti limiti alle segnalazioni e le elaborazioni avvengono tutte attraverso procedure automatizzate. Uno dei più grossi ostacoli è che Google ha anche stabilito il numero massimo di link di cui si può richiedere giornalmente la rimozione.
Il gruppo possiede le risorse per affrontare il problema della pirateria, dato che probabilmente indicizza centinaia di milioni di link al giorno. Ma questo ostacolo resta, nonostante le richieste inoltrate.
Fact #3: E’ necessario, ha evidenziato ancora la RIAA, contestualizzare queste cifre e l’attività di Google. L’azienda ha dichiarato di aver ricevuto la richiesta di rimozione di 1,2 milioni di link da parte di 1.000 proprietari di copyright in un mese. Ma consideriamo che Google ha individuato quasi 5 milioni di nuovi link solo nell’ultimo mese nelle ricerche effettuate per ‘free mp3 downloads‘ collegate esclusivamente alla top-ten Billboard. Gli strumenti che Google ha messo in atto per scoraggiare la pirateria sono ben al di sotto di ciò che è necessario per individuare e segnalare le violazioni riguardanti la top-ten Billboard, men che meno l’intero catalogo della comunità creativa americana.
Fact #4: Il ‘Transparency Report’ calcola la percentuale delle infrazioni di un sito, ma questi dati sono di scarso valore se presi da soli. Più precisamente, Google sostiene che le segnalazioni ricevute in riferimento al DMCA (Digital Millennium Copyright Act) per un sito rappresentano meno dello 0,1% dei link indicizzati per domini in cima alla pagina di ricerca.
Ma si tratta di un numero fuorviante, visti i limiti imposti da Google alle ricerche ed eventuali segnalazioni di violazioni da parte degli aventi diritto.
Se questi limiti non esistessero, quanti più link a questi siti potrebbero essere accertati?
Google, per esempio, calcola che i link illeciti sono solo lo 0,1% di quelli che puntano a filetube, una nota fonte di collegamenti vietati.
Per chi conosce filetube, questo sembra poco probabile, considerato anche che i dati di Google non includono le notifiche di violazione spedite direttamente al sito.
La metodologia adottata da Google, inoltre, non tiene conto della percentuale del traffico verso la porzione illecita del sito rispetto al traffico diretto alle altre parti del sito non illecite. “Diamo agli aventi diritto la possibilità di accedere a tutte le pagine di un sito – ha precisato la RIAA – e rimuoviamo tutti i link illeciti, e discutiamo razionalmente su come classificare i siti”.
Fact #5: I dati raccolti da Google evidenziano perché la sua interpretazione del DMCA li rende inefficaci. Facciamo un passo indietro per un attimo. Tutti, compresa Google, sanno che i ‘peggiori’ siti sono ripopolati di link a file illegali dello stesso contenuto di quelli rapidamente rimossi.
Per esempio, nell’arco di un mese recente la RIAA ha spedito a Google e al sito coinvolto diverse segnalazioni di violazione di copyright per oltre 300 diverse copie non autorizzate della stessa registrazione musicale di proprietà di uno dei suoi associati.
Oggi però quella canzone è ancora disponibile sul sito in questione ed è stata trovata attraverso una ricerca sui link indicizzati da Google. Questo per la RIAA evidenzia l’inutilità dei metodi di Google e aggiunge che se ‘take down’ non significa ‘reprimere’, allora le limitazioni del gruppo perpetuano semplicemente la frode ai danni degli aventi diritto.
Secondo la RIAA, “al fine di risolvere veramente il problema, Google dovrebbe prendere più seriamente il proprio impegno nella lotta alla pirateria, rimuovendo i limiti alle query e alle rimozioni, cancellando più file della stessa registrazione invece che uno solo, quando invece gli viene indicato un numero rappresentativo di file illeciti, e avviando interventi significativi contro i trasgressori abituali.
Chiaramente per la RIAA l’attuale procedura non funziona. Google regolarmente indirizza gli utenti verso fonti di contenuti che violano il diritto d’autore. Se davvero la compagnia non vuole che questo avvenga deve fare di più.
“Ci auguriamo – conclude la RIAA – di poter continuare a lavorare con Google e altri intermediari per trovare migliori soluzioni a questo problema e ottenere maggiore trasparenza nei flussi informativi e nelle classifiche di ricerca”.
Ma le accuse della RIAA non sono piaciute a Google. Un portavoce della compagnia ha dichiarato a Key4biz: “Non abbiamo mai imposto limiti numerici al numero di segnalazioni DMCA che possono essere effettuate da un detentore di diritti. Ci sono casomai dei meccanismi di salvaguardia di natura tecnica per il programma di trusted partner, che hanno solo l’obiettivo di prevenire il rischio che il sistema venga accidentalmente sommerso di segnalazioni, in quanto all’interno di questo programma potrebbero essere utilizzati sistemi automatici per effettuare grandi volumi di segnalazioni.”