Internet mobile. Nuovo Report: ecco come gli operatori censurano i contenuti con la scusa di proteggere i minori

di Alessandra Talarico |

Un report di Open Right Group e London School of Economics mostra come funzionano i filtri nati per aiutare i genitori a impedire che i figli accedano a materiale inadatto alla loro età ma che in realtà bloccano molti più siti di quanto dovrebbero.

Regno Unito


Smartphone e minori

Come evidenziato da recenti studi, il 10% del traffico internet è ormai generato dai dispositivi mobili. Ma un nuovo report di Open Rights Group e del Media Policy Project della London School of Economics – dal titolo ‘Mobile internet censorship: what’s happening and what we can do about it’ – rivela che molti operatori mobili stanno utilizzando, con la scusa di proteggere i minori, filtri molto aggressivi, che impediscono l’accesso a diversi siti che niente hanno a che fare con la pornografia.

 

Il report mostra come funzionano questi filtri e in che modo i sistemi realizzati per aiutare i genitori a impedire che i figli accedano a materiale inadatto alla loro età blocchino in realtà molti più siti di quanto dovrebbero, evidenziando un diffuso ‘overblocking’, problemi di trasparenza e classificazione dei siti e difficoltà nello ‘sblocco’ di questi filtri.

 

“Messi insieme – spiegano gli autori del report – questi problemi fanno sì che le persone spesso si vedono bloccare l’accesso a siti che non dovrebbero essere bloccati, con la conseguenza che i filtri ideati per proteggere i minori incidono su molti più utenti del previsto”.

“In un momento in cui sempre più persone accedono a internet dal cellulare e internet continua ad affermarsi come piattaforma per la promozione della libertà di espressione e la crescita economica, è essenziale risolvere questi problemi. Se così non fosse, questa forma di censura continuerà a creare restrizioni all’accesso, danneggiando i mercati, minando il libero flusso delle informazioni e rendendo più problematica la promozione di una governance di internet responsabile”, si legge nel rapporto, che include alcuni ‘suggerimenti’ atti a risolvere questi problemi.

 

Il report si basa sui dati del sito Blocked.org.uk, secondo cui a cadere nelle maglie dei filtri sono anche siti ‘innocui’ per i minori come Biased-BBC (www.biased-bbc.blogspot.co.uk) – che mette in discussione l’imparzialità della Tv pubblica britannica – il sito della St Margarets Community (www.stmgrts.org.uk) e anche il sito francese La Quadrature du Net (www.laquadrature.net/en) che si occupa di diritti digitali e ha condotto una forte battaglia contro l’ACTA.

 

“Le conseguenze di filtri attivati in maniera impropria sono serie e includono restrizioni ai mercati, censura, incapacità di rispondere alle esigenze di giovani e un falso senso di sicurezza nei genitori”, spiega Open Rights Group.

Sarebbe come dire, insomma, che gli operatori possono arrogarsi il diritto di stabilire quali siti gli utenti possano o non possano visitare, adducendo come motivazione la necessità – più che legittima, per carità – di proteggere i minori da contenuti potenzialmente dannosi.

 

E anche se il rapporto riguarda nello specifico il mercato britannico, questo approccio sembrerebbe accomunare tutti gli operatori del vecchio continente.

Il sito GigaOm, riporta, ad esempio, un estratto di un articolo dell’autrice ed attivista Rebecca Mackinnon, secondo cui questo problema è così serio e si riscontra in così tanti paesi da essere stato affrontato anche dal Consiglio sui diritti umani dell’Onu.

Lo scorso anno, il relatore dell’ONU per la libertà d’opinione e d’espressione, Frank La Rue, ha consegnato un rapporto ufficiale al consiglio in cui non solo ha condannato le pratiche di censura e di sorveglianza dei paesi autoritari, “ma ha anche avvertito delle pericolose tendenze che nel mondo democratico minacciano i diritti dei cittadini alla libertà di espressione nell’era di Internet”, ha affermato Mackinnon.

“Una delle sue maggiori preoccupazioni riguarda l’eccessiva portata della ‘censura privata’, spesso condotta in maniera tutt’altro che trasparente”.

“La Rue ha individuato nel Digital Economy Act britannico e nella legge francese detta dei ‘tre strikes’ due esempi di come i governi stiano usando la legge per delegare le responsabilità e le funzioni di controllo al settore privato”, ha concluso Mackinnon.

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