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Relazione Agcom 2005-2012: riforma Rai? ‘Solo i morti hanno visto la fine del dibattito’

Italia


Negli ultimi sette anni l’Agcom ha realizzato il catasto delle frequenze e proceduto al piano di riordino delle spettro.

Dal 2005 al 2012 si è decuplicato il numero di famiglie che ricevono il digitale terrestre, ha detto oggi il presidente dell’Autorità Corrado Calabrò, presentando al Senato la relazione sul bilancio di lavoro del settennato. 

Oggi sono già ventidue milioni le famiglie dotate di ricevitori e otto milioni quelle abbonate ai servizi pay-tv.

Non meno importante è stato il recupero (come chiedeva la Commissione europea) di risorse destinate alle telecomunicazioni, che è derivato dal piano e che ha fruttato allo Stato un introito di quasi 4 miliardi nell’asta – la più grande mai effettuata in Italia (Circa 300 Mhz di spettro collocati sul mercato per il mobile broadband) – tenutasi a settembre dell’anno scorso. Una gara, sottolinea l’Agcom, che ha allentato il nodo scorsoio che strozzava l’espansione della banda larga mobile.

 

Le sei reti generaliste di Rai e Mediaset detengono oggi circa il 67% dello share medio giornaliero (era l’85% nel 2005, oltre il 73% un anno fa); La7 quasi il 4%; Sky oltre il 5%. Si è affacciata alla ribalta qualche significativa TV locale. I canali tematici in chiaro sono cresciuti in audience del 27% in un anno.

Col passaggio al digitale e con la TV satellitare il lancio di nuove offerte, gratuite e a pagamento, ha notevolmente ampliato le possibilità di scelta dei telespettatori. Siamo a circa 80 programmi nazionali in chiaro, grazie anche alla regolamentazione dell’Agcom che ha favorito l’ingresso di fornitori di contenuti indipendenti. Sono entrati nel mercato italiano grandi gruppi televisivi mondiali (Time Warner, Disney, Universal) ma con quote marginali. Sky in particolar modo ha introdotto elementi di innovazione con l’alta definizione e con le trasmissioni 3D, seguito da altri broadcaster.

 

L’offerta, evidenzia l’Agcom, tende a crescere all’insegna di tre caratteristiche: la convergenza, la personalizzazione, la flessibilità. Il telespettatore non vuole più essere un ricettore passivo.

 

Il panorama è destinato a un’ulteriore evoluzione in virtù dell’utilizzazione del dividendo digitale che avverrà con l’asta che sostituirà il beauty contest, la quale ridefinirà lo spettro in coerenza con la redistribuzione delle frequenze e la razionalizzazione del loro uso prefigurate nella Conferenza di Ginevra del febbraio scorso.

 

Ma sono gli over the top e la catch-up TV che stanno contribuendo a disegnare un nuovo modello di TV ibrida (Negli USA Netflix rappresenta quasi un terzo del traffico internet nelle ore di punta), che ha nella rete la sua piattaforma d’elezione e che cresce rapidamente sia nella raccolta pubblicitaria che nelle forme di abbonamento.

Per quanto riguarda le risorse, comunque, permane fondamentalmente la tripartizione tra Rai, Mediaset e Sky Italia; tripartizione che a partire dal 2009 ha soppiantato il duopolio Rai-Mediaset. Le tre imprese occupano posizioni comparabili in termini di ricavi complessivi.

 

Stando ai dati, elaborati da Agcom su informazioni aziendali e Istat, dal 2005 al 2010 il fatturato della Tv è cresciuto del 25%, passando da 7,2 miliardi a 9 miliardi di euro.

I ricavi della pubblicità ha registrato un +10% (3,9 mld nel 2005 e 4,3 mld nel 2010).

I ricavi da offerte pay mettono a segno un +71%, attestandosi a 2,9 mld di euro, contro gli 1,7 mld nel 2005).

Importante segnalare anche che in questi 5 anni considerati, Rai e Mediaset hanno perso l’8% di audience, passando dall’85,3% al 78,7%.

 

Malgrado il dilagante successo di internet, indica l’Agcom, l’Italia è tuttora un Paese teledipendente: 12 milioni di persone è l’audience media della TV nel nostro Paese nelle 24 ore. In termini di piattaforme (dati Auditel a gennaio 2012): 1,5 milioni sono ancora gli ascolti analogici (12%); il digitale terrestre conta 8,2 milioni di audience al giorno (70%); il satellite vale circa il 17% (2 milioni); l’IPTV si ferma allo 0,2% (419 mila utenze, in riduzione).

 

Nella Relazione non poteva mancare il riferimento alla necessità di ‘svecchiamento’ della Tv pubblica. L’Agcom ribadisce di aver provato a promuovere una riforma della Rai che “la svincolasse dalla somatizzata influenza politica e ne reimpostasse l’organizzazione con una governance efficiente, una migliore utilizzazione delle risorse e la valorizzazione del servizio pubblico. Si trattava di proposte misurate e, in quanto tali, a nostro avviso praticabili, che abbiamo rilanciato anno dopo anno. Ma hanno subito la sorte di tutte le altre”.

 

“Solo i morti – conclude il presidente dell’Agcom, parafrasando una frase attribuita a Platone – hanno visto la fine del dibattito sulla Rai”.

Per maggiori informazioni:

Bilancio di mandato 2005-2012

Presentazione del presidente Corrado Calabrò

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