Mercato unico digitale: ecco perchè le PMI ne hanno un disperato bisogno

di Alessandra Talarico |

Un documento redatto dal Consiglio di Lisbona suona il campanello d’allarme: se non si rimuoveranno i blocchi al mercato unico, i politici non solo comprometteranno la crescita economica, ma metteranno la ‘camicia di forza’ alle PMI.

Europa


Ann Mettler, Jose Manuel Barroso

Nell’arco di due decenni, le tecnologie dell’Informazione e della comunicazione hanno rivoluzionato il modo in cui ci teniamo in contatto con la famiglia e gli amici, il modo di informarsi, lavorare, istruirsi e divertirsi. L’ICT ha capovolto e riformato interi settori dai media all’intrattenimento, dai software ai prodotti farmaceutici. Sia in qualità di fattore abilitante di innovazione che come piattaforma per una vasta gamma di servizi online, esso ha contribuito negli ultimi tre anni, a una crescita della produttività e del PIL stimabile al 21% nelle economie più avanzate.

Ma quello che emerge molto chiaramente è il contributo dell’ICT alla crescita delle piccole e medie imprese, principalmente in questo periodo di forte crisi economica che sta interessando l’Europa.

Come emerge chiaramente dal documento “Wired for Growth and Innovation: How Digital Technologies are Reshaping Small and Medium-Sized Businesses and Empowering Entrepreneurs”, redatto da Ann Mettler e Sylwia Stepien – rispettivamente direttore esecutivo e senior project manager del Consiglio di Lisbona, un think tank sull’economia della conoscenza con sede a Bruxelles – l’ICT ha consentito alle PMI di assumere una portata globale pur disponendo di risorse umane limitate e di abbattere i costi consolidando le capacità.

 

“Che si tratti di attingere ai talenti sparsi per il mondo, di vendere servizi all’estero o di avviare collaborazioni con team lontani geograficamente, le possibilità di connettersi, collaborare e razionalizzare offerte dall’ICT sono pressoché infinite”, dicono le due studiose, che nel documento mettono in evidenza l’effetto dirompente che un’ulteriore diffusione dell’ICT potrebbe avere sulle PMI europee se fosse già operativo il mercato unico digitale.

Le piccole e medie imprese, dicono, dominano il panorama economico europeo: più del 99% delle compagnie europee è classificata come PMI e più del 90% come ‘micro-impresa’ con meno di 10 dipendenti.

Eppure, nonostante l’enfasi posta anche nella Digital Agenda europea sul potenziale rivoluzionario dell’ICT per la crescita economica, della produttività delle imprese e del benessere dei cittadini, la frammentazione del mercato digitale europeo “sta impedendo a queste aziende di cogliere i vantaggi di internet e dell’ICT“, sottolineano Ann Mettler e Sylwia Stępień.

 

Le prove a supporto dei vantaggi di un mercato unico digitale ci sono e sembrano convincenti: anche in tempi di recessione e di crescita limitata, internet ha contribuito – nel 2010 – con una media del 3,8% al prodotto interno lordo europeo.

Secondo un report di McKinsey Global Institute, nelle economie più avanzate, come il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca, la internet economy vale, rispettivamente, il 7,2%, il 6,6% e il 4,3% del PIL. In Italia, per fare un confronto, vale appena il 2%. 

È altrettanto evidente che i vantaggi dell’ICT vanno al di là del PIL: le piccole e medie imprese che utilizzano massicciamente le nuove tecnologie crescono ed esportano il doppio delle altre e creano anche il doppio dei posti di lavoro.

E sbaglia chi pensa che l’uso delle tecnologie riguardi solo le start-up del settore hi-tech: un maggiore utilizzo dell’ICT è richiesto in tutte le aziende di tutti i settori. Secondo il report di McKinsey, il 75% del valore economico creato da internet deriva dall’utilizzo delle tecnologie web-based da parte delle compagnie tradizionali per abbassare i costi di gestione.

Per fare un esempio, il rapporto indica chiaramente che in Francia e Germania, le PMI che hanno coinvolto attivamente i loro clienti via internet hanno registrato per tre anni un aumento delle vendite del 22% superiore a quello delle aziende con una bassa o nulla presenza sul web.

Gli investimenti in ICT promettono di generare ritorni più alti sulla crescita delle produttività (fino al 25%) di qualsiasi altra forma di investimento di capitale (15% in media).

 

Ma nonostante questi evidenti benefici, la mancanza di un vero mercato unico digitale, spiega il documento, vanifica ogni sforzo.

 

Le statistiche, parlano da sole:

        La Ue è molto indietro nella diffusione delle connessioni ultraveloci: solo lo 0,9% delle connessioni opera a una velocità di 100Mbos – una percentuale decisamente lontana dagli obiettivi della Digital Agenda di una penetrazione del 50% entro il 2020.

        L’Europa è deficitaria anche nella formazione dei professionisti ICT: entro il 2015 mancheranno ben 700.000 operatori aventi competenze in tale settore se non si farà uno sforzo per indirizzare i giovani – principalmente le donne – verso studi in questo ambito. E questo in un momento di allarmante disoccupazione, che coinvolge il 22,4% dei giovani europei. “L’Europa – evidenzia il rapporto – non può permettersi questa pericolosa carenza di competenze in un’area così importante dell’economia”.

        Quasi un consumatore su due non è interessato agli acquisti oltrefrontiera perchè preoccupato per la velocità, i prezzi e la sicurezza della consegna che costa mediamente il doppio rispetto alle consegne nel proprio paese.

        Il 35% degli utenti internet evita lo shopping online perchè è preoccupato della sicurezza del pagamento.

        Last but not least, le aziende europee che operano anche oltre i propri confini nazionali, devono avere a che fare con un patchwork di 27 legislazioni e sistemi fiscali diversi. Il che rappresenta un enorme ostacolo all’espansione oltreconfine.

 

Se non rimuoveranno questi blocchi, spiegano Ann Mettler e Sylwia Stępień, i politici non solo comprometteranno la crescita economica, ma metteranno la “camicia di forza” alle PMI.

 

Ecco quindi la lista delle ‘cose da fare’ per sbloccare il potenziale del mercato unico digitale:

 

        Accelerare la diffusione e l’adozione dell’ultrabroadband: anche se l’investimento previsto per la copertura del continente in fibra ottica – compreso tra 181 e 268 miliardi di euro – può sembrare eccessivo visti i tempi, “I politici dovrebbero essere consapevoli che questi numeri sono relativamente modesti se paragonati ai pericoli di restare indietro nella rivoluzione digitale, con ripercussioni negative per tutta l’economia, in particolare per le PMI”.

 

        Creare sistemi di pagamento affidabili, sicuri ed efficienti, approfondendo la Single Euro Payments Area (SEPA), l’iniziativa Ue per l’integrazione, la semplificazione e l’armonizzazione dei bonifici bancari, con un focus particolare sulle carte di pagamento, i sistemi di pagamento su Internet e telefonia mobile.

 

        Stabilire una legge europea sui contratti valida in tutta Europa: un valido primo passo in questo senso è rappresentato dalla proposta avanzata dal Commissario Viviane Reding a ottobre dello scorso anno.

 

        Razionalizzare e semplificare i sistemi di pagamento dell’IVA con una soluzione capace di portare vantaggi alle PMI senza pregiudicare i bisogni dell’erario.

 

        Abbassare le spese di spedizione cross-border e aumentare la certezza della consegna per porre fine a quella che le due ricercatrici chiamano la “parodia del mercato unico”, fatta di costi aggiuntivi spesso ignoti agli utenti, di difficoltà nel rintracciare la merce e di assoluta incertezza sui tempi di consegna.

 

    Sviluppare un quadro europeo per il cloud computing: il cloud può aumentare l’efficienza e la produttività delle PMI ma è attualmente condizionato da un quadro non uniforme e poco trasparente, ad esempio sulla protezione dei dati.

 

        Sviluppare le competenze digitali nel mercato del lavoro: l’attuale livello di disoccupazione dovrebbe essere un campanello d’allarme per l’Europa che deve fare di più per stimolare i giovani a intraprendere il giusto percorso di studi in un mercato che richiede sempre più forza lavoro qualificata nel settore ICT.

   

Per fare in modo che i politici comprendano a pieno il vero potenziale di questo settore, la Digital Agenda dovrebbe diventare parte integrante dell’Annual Growth Survey (AGS), perchè, concludono Ann Mettler e Sylwia Stępień, scivolare ancora più indietro nel settore ICT avrebbe conseguenze devastanti e a lungo termine: internet può essere infatti considerato il motore della crescita economica nel 21esimo secolo, così come l’elettricità lo fu nel 19esimo secolo, e l’Europa non può permettersi ulteriori ritardi.

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