Italia
Passa al Senato per la terza lettura il testo del Dl Semplificazioni fiscali licenziato dalla Camera, che comprende anche l’emendamento per l’annullamento del sistema del beauty contest per l’assegnazione delle frequenze televisive.
Le acque restano agitate. E’, intanto, scesa in campo Sky Italia che, per voce del CEO Andrea Zappia, ha dichiarato che potrebbe tornare in gara.
Stando alle nuove norme, entro 120 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento verrà indetta un’asta pubblica sulla base delle procedure stabilite dall’Autorità per le garanzie delle comunicazioni.
Le nuove disposizioni hanno provocato il dissenso del Pdl che ha accusato il governo di aver modificato l’emendamento nella parte che fissa il limite dei multiplex che potranno essere assegnati ai broadcaster partecipanti alla gara e che escluderebbe Rai e Mediaset.
Un limite di 5 mux per operatore Tv che è, però, stato deciso dall’Antitrust Ue e che era già previsto dal sistema del beauty contest avviato dall’ex Ministro delle Comunicazioni Paolo Romani.
In realtà la verità sta in mezzo. Il nuovo provvedimento non esclude Rai e Mediaset dalla gara, che al momento hanno 4 mux, in più ne hanno uno a testa per altri tipi di trasmissioni. Ha, quindi, ragione il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera.
Ma, c’è infatti un ma, in base al nuovo Codice delle comunicazioni, approvato dal Governo il 6 aprile in prima lettura, col Decreto legislativo che attua la Direttiva 2009/140/CE sulle comunicazioni elettroniche (Leggi Articolo Key4biz), si prevede la possibilità di cambiare destinazione d’uso alle frequenze DVB-H, che servono per la trasmissione della Tv mobile. Tecnologia che sappiamo tutti essere ormai in disuso.
Mediaset ha il DVB-H mentre la Rai il DVB-T2 che serve per trasmettere la tv digitale terrestre in alta definizione.
Ricapitolando, quindi, se le due aziende decidessero prima della gara di chiedere la conversione delle loro frequenze per poter trasmettere in DVB-T, e il Ministero concedesse loro l’autorizzazione, queste non potrebbero partecipare alla gara avendo raggiunto il limite dei 5 mux a testa.
Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e Mondadori, è tornata sull’argomento per commentare che “c’era una procedura (il beauty contest) approvata dall’Europa e che nel modo in cui sono state cambiate in corsa le regole è difficile non leggere un tentativo di penalizzare Mediaset” (Leggi Articolo Key4biz).
Un’asta che, secondo Piersilvio Berlusconi, vicepresidente di Mediaset, senza i due principali broadcaster “sarà al ribasso“.
Intanto Sky Italia, la pay-Tv controllata dalla News Corp del tycoon Rupert Murdoch, ha rotto il silenzio e in un’intervista rilasciata al Sole24Ore Andrea Zappia ha ammesso che l’azienda potrebbe ripensarci e rientrare in gara dopo aver deciso a novembre di tirarsi fuori.
“Decideremo come sempre capita quando si è di fronte a una decisione strategica, solo quando saranno noti tutti i dettagli”, ha detto Zappia al quotidiano.
“Riconosco comunque al Governo Monti di aver fatto un importante passo avanti, scegliendo un approccio neutrale, gettando le basi per favorire e accelerare un’evoluzione più aperta e pluralista del mercato televisivo”.
A novembre il gruppo aveva, infatti, deciso di ritirare la propria domanda di partecipazione al beauty contest, spiegando che “la lunghezza dei tempi, ad oggi ancora indeterminati, che hanno caratterizzato lo svolgimento di questa gara e che impatteranno inevitabilmente sull’assegnazione delle frequenze, sono diventati del tutto incompatibili con l’esigenza di pianificare con certezza gli investimenti che sarebbero necessari nel caso di un’ipotetica assegnazione” (Leggi Articolo Key4biz).
Aveva anche sottolineato che “…il beauty contest, nelle modalità impostate dal precedente Governo, non solo non interpreta più le reali esigenze di sviluppo e di apertura alla concorrenza di questo mercato, ma rischia concretamente di essere un elemento negativo per lo stesso”.
Oggi, però, dopo il provvedimento adottato dal governo quella situazione denunciata da Sky sembra superata.
Zappia ha commentato che “La direzione presa è coerente con alcuni dei rilievi fatti da noi in passato, partendo dalla necessità di uno stimolo maggiore alla pluralità e alla valorizzazione di un asset come quello delle frequenze. Asset che, sicuramente, ha un valore economico. Credo comunque che quello del Governo Monti sia un passo previsto e dovuto, in linea con molte altre loro scelte di politica economica e con quanto chiesto e ribadito dalla Commissione Europea”.
Zappia ritiene che il ricavato dell’asta dipenderà molto da come l’Agcom definirà nel dettaglio il disciplinare di gara: “Ma è sicuramente vero che quando un bene pubblico, scarso e prezioso, viene messo all’asta in modo neutrale, aperto e trasparente, è possibile attrarre un buon numero di acquirenti“.
Il CEO di Sky tiene però a precisa che è “limitante concentrarsi solo sullo sviluppo del digitale terrestre (…) Perché tra le varie tecnologie non è necessariamente quella più interessante, soprattutto per le televisioni non generaliste e per un’azienda come la nostra, che punta sulla qualità”.
Riguardo al rapporto con Mediaset, Zappia ha, infatti, sottolineato che “la distinzione per piattaforme tecnologiche è una logica davvero superata dai fatti. Il consumatore non sceglie se guardare il satellite o il digitale terrestre, bensì un buon programma televisivo”.