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Unbundling. Georg Serentschy (BEREC): ‘Ue preoccupata per l’indipendenza Agcom’

Italia


C’è preoccupazione in Europa riguardo la possibilità che in Italia, ma non solo nel nostro Paese, venga messa in discussione l’indipendenza dell’Autorità nazionale per le telecomunicazioni. Sulla scia delle discussioni innescate dall’emendamento sull’accesso disaggregato che, così come modificato dal Governo, istruisce l’Agcom sulle misure da prendere per la liberalizzazione dell’accesso all’ultimo miglio della rete Telecom Italia, il presidente del BEREC Georg Serentschy ha ribadito in  un’intervista al CorrierEconomia che Bruxelles monitora gli sviluppi  del ‘caso italiano’ con “attenzione e preoccupazione”, pur ritenendo che le modifiche introdotte dal Governo abbiano “corretto in parte gli eccessi iniziali”.

 

Il BEREC (Body of european regulators for electronic communication) è composto dai responsabili delle 27 authority nazionali ed ha il compito di vigilare sul funzionamento del mercato, nonché di coadiuvare Commissione, Parlamento e Consiglio Ue nel trattare questioni su cui ha specifiche competenze.

Il presidente Serentschy aveva subito espresso preoccupazione per l’emendamento il cui testo iniziale, dando facoltà al legislatore e non al regolatore di intervenire sulle regole per l’accesso alle reti avrebbe violato le normative europee “che prevedono decisioni indipendenti da parte dei regolatori nazionali”.

Sulla questione è intervenuta nei giorni scorsi da Roma anche il Commissario Ue per l’Agenda digitale Neelie Kroes, anche lei dicendosi “preoccupata dell’impatto che il recente emendamento approvato dal Parlamento potrebbe avere sul margine di discrezionalità dei poteri del regolatore, come previsto nel quadro normativo”.

La Kroes ha quindi ribadito che i servizi della Commissione “hanno già scritto due volte alle autorità italiane, sollevando dubbi sulle bozze esaminate dalla Camera e dal Senato”, auspicando che si possa “trovare un modo rapido per risolvere questi problemi in modo da evitare ambiguità”.

 

Nella sua intervista al CorrierEconomia, Serentschy sottolinea che “gli organismi autonomi rimangono il vero cardine delle liberalizzazioni”, ribadendo preoccupazione per il fatto che nel nostro e in alcuni altri paesi questi organismi vengono ora messi in discussione “nel contesto o con il pretesto della crisi finanziaria”.

 

Il BEREC, dal canto suo, continuerà nella sua opera di incentivazione degli investimenti “con i mezzi a sua disposizione”, ma mai “a spese della concorrenza”, cercando, quindi, di “rendere trasparenti le regole in modo da attrarre verso le telecomunicazioni soggetti importanti come i fondi pensione”.

Anche se forse ancora la domanda di servizi ultraveloci è ancora “modesta” secondo Serentschy, la disponibilità di connessioni ultrabroadband “può cambiare l’organizzazione del lavoro, allargare i mercati ed esercitare un impatto immediato sull’efficienza del sistema e la vita di ogni giorno”. 

Serve pertanto, anche a fronte dei poderosi investimenti nella banda larga mobile LTE, una maggiore integrazione tra fisso e mobile per “portare il traffico il più rapidamente possibile dall’interfaccia radio alla fibra ottica”.

Serentschy, infine, si è mostrato scettico sul fatto che una ulteriore riduzione dei prezzi di accesso alla rete in rame possa far decollare la fibra ottica.

Secondo il presidente BEREC, anzi, un simile approccio “scoraggerebbe gli investimenti”, come dimostra l’esempio dell’Austria, dove il prezzo dell’unbundling è inferiore alla media Ue ma lo sviluppo della fibra ottica non è avanti rispetto agli altri Paesi. In Svizzera e Norvegia, di contro, “dove i prezzi della rete in rame sono superiori alla media Ue, il tasso di sviluppo della fibra è molto alto”.

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