Italia
L’ipotesi di scorporo della rete fissa – rilanciata stamani da Il Sole 24 Ore – e che aveva fatto segnare in apertura dei mercati un rialzo del titolo di Telecom Italia, è stata ridimensionata dall’amministratore delegato Marco Patuano che ha sottolineato come oggi non ci siano “le condizioni perchè ciò accada”.
Il documento anticipato dal quotidiano finanziario sul possibile spinoff della rete, dunque, non è un piano strategico ma“un’analisi più di fattibilità teorica che concreta“, ha aggiunto.
Ma, quindi, quella di un nuovo ‘Piano Rovati‘, che punterebbe a coinvolgere anche la Cassa Depositi e Prestiti – è una via che l’azienda sembra ora più disposta a percorrere, o no?
L’obiettivo di una simile ipotesi, secondo il quotidiano finanziario, sarebbe duplice: ridurre ulteriormente il debito e aprire la strada a una rete internet superveloce, portando la fibra fino agli armadi (FTTC, Fiber to the Cabinet) per poi coprire il tratto fino alle case attraverso il potenziamento del rame (il famoso ‘vectoring’).
Stamani, Patuano ha messo i puntini sulle i, ribadendo che “Si tratta di un’analisi interna di scenari strategici” come quelle portate avanti da tutte le aziende, “ma ciò non sottintende alcun progetto operativo”. “Quindi non ci discostiamo di molto dalla nostra precedente posizione, se non per aver studiato a tavolino uno scenario, aver studiato come funzionerebbe in un caso diverso”.
In questo momento, ha sottolineato ancora, “non si vedono grandi benefici dalla separazione se poi resta tutto com’è, né per l’azienda né per il paese”.
Riguardo poi la possibilità che lo scorporo potrebbe essere positivo in vista di una possibile riduzione dell’indebitamento, Patuano ha sottolineato che “Una questione di questo tipo non si analizza dal punto di vista della finanza ma da un punto di vista industriale”.
Conti alla mano, l’asset fisso è valutato 15 miliardi di euro. Dal suo scorporo, la società conterebbe di raccogliere qualcosa come 4 miliardi.
Anche il presidente Franco Bernabè, sempre dalle pagine del quotidiano economico, aveva precisato che non si tratta di un ‘progetto’, ma di uno ‘studio’ tra i tanti che l’azienda conduce. Bernabè, dopo aver sottolineato nuovamente l’estrema pesantezza dell’assetto regolatorio, ha precisato che si passerebbe dalle ipotesi di scorporo ai fatti solo se l’operazione portasse valore: se con lo scorporo si ottenesse un contesto regolatorio favorevole, ha detto, sarebbe “un’ipotesi che potremmo prendere in considerazione. Ma oggi non ci sono le condizioni e manca inoltre l’interlocutore principale che è l’Authority, i cui organi verranno rinnovati a maggio”.
Alle accuse di eccessiva regolamentazione ha prontamente risposto il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, che ha sottolineato come l’Autorità abbia sempre agito per tutelare “la concorrenza e del libero mercato”, non con l’obiettivo di “opprimere” le aziende.
Alle affermazioni di Bernabè, secondo cui anche l’ingresso della CDP sarebbe ben accetto se avvenisse a condizioni di mercato (altrimenti si potrebbe configurare un’accusa di aiuti di Stato) – “Se trova il modo di accelerare un processo che sia rispettoso degli interessi di Telecom e dei suoi azionisti, e ragionevole, siamo aperti a considerare tutte le ipotesi” – Calabrò, ha risposto definendo “interessante” un’eventuale scorporo della rete e convenendo sul fatto che effettivamente il passaggio dal rame alla fibra è un investimento “di medio-lungo periodo più congeniale alla CDP”, che “però deve agire in condizioni di mercato”.
Ben vengano, dunque, operazioni utili al Paese e in grado di migliorare l’efficienza complessiva del sistema.
“Quello che non possiamo accettare – ha aggiunto però Bernabè – sono i condomini che creano ingovernabilità perché non si sa di chi e’ la responsabilità. Teniamo presente che il problema vero in Italia e’ che non si usa la rete come altrove”.
“Credo che la maggiore spinta a Bernabè – ha affermato Calabrò – venga dalla necessità di investire e dalla difficoltà ad investire nel contesto attuale”.
Secondo Calabrò, però, i “limiti vengono dalle regole europee troppo timide nell’incentivare il passaggio dal rame alla fibra nelle zone a più alta densità di mercato”.
Riguardo nello specifico i progetti infrastrutturali della società, Marco Patuano ha quindi anticipato che entro pochi giorni sarà firmato l’accordo con Metroweb per portare la fibra ottica direttamente nella casa dei clienti.
“Mancano solo – ha detto Patuano – dettagli da ingegneri per arrivare alla firma che prevedo in pochi giorni”.
Lo studio anticipato da Il Sole 24 Ore si chiama ‘Ipotesi di costituzione di un operatore di accesso wholesale su rete fissa’ (Opac) e descrive tre possibili scenari relativi al possibile percorso societario che il nuovo veicolo potrebbe avere: il primo si orienterebbe su una newco interamente controllata da Telecom Italia; il secondo punta su una ‘Scissione proporzionale’ con la creazione di un nuovo veicolo controllato dagli stessi azionisti del gruppo. La terza ipotesi, che il quotidiano definisce come la ‘più impegnativa’ implicherebbe la cessione della rete a un’altra società esistente o a una newco, di cui poi Telecom potrebbe acquisire una quota, ma non la maggioranza. In quest’ultimo caso, è ventilata altresì l’ipotesi di attribuire a questa società o newco una parte del debito.
In questo scenario rientrerebbe come ‘socio forte’ la Cassa depositi e Prestiti, quindi il ministero del Tesoro, e si presagirebbe una parziale rinazionalizzazione della rete.
“La remunerazione – spiega il quotidiano – non sarebbe immediata, ma si parla di una delle infrastrutture più importanti per il futuro del Paese, “imposte” tra l’altro dall’Agenda digitale europea. Una rete capace di garantire un’ottima generazione di cassa, soprattutto nell’ottica di convergenza tra i broadcaster televisivi e gli operatori telefonici”.
Allo studio, sempre secondo il quotidiano finanziario, il coinvolgimento oltre che della CDP, anche di Metroweb, la società che gestisce la fibra ottica milanese e che ha di recente presentato un proprio piano da 4,5 miliardi di euro per portare la fibra ottica in 30 città italiane: Milano, Genova, Torino, Monza, Como, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Udine, Trieste, Venezia, Reggio Emilia, Modena, Bologna Ancona, Pescara, Foggia, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Prato, Livorno, Firenze, Roma, Napoli, Salerno, Messina, Catania, Palermo .
La società controllata dal fondo F2i di Vito Gamberale potrebbe puntare proprio a rilevare la rete Telecom in queste 30 città: si tratterebbe di 5 milioni di linee su un totale di 22 milioni.
Ci sarebbero per altro già stati degli incontri tra l’amministratore delegato di Telecom, Marco Patuano e quello di Metroweb Alberto Trondoli.
Le due società, tuttavia, non avrebbero trovato la quadra sul prezzo: Telecom avrebbe chiesto 600 euro a linea (per un totale di 3 miliardi) mentre Metroweb ne avrebbe offerti la metà.