Italia
Mentre ormai mancano pochi giorni alla decisione definitiva del Ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, sull’asta delle frequenze televisive, continuano le polemiche sulle difficoltà delle prossime regioni che effettueranno lo switch-off.
Adiconsum, in particolare, lamenta la mancata convocazione del Comitato nazionale Digitale (CNID) da parte di Passera che avrebbe dovuto discutere anche della posizione delle Tv locali, specie dopo la pronuncia del TAR Lazio, e del beauty contest (Leggi Articolo Key4biz).
“Il passaggio al digitale delle ultime 6 regioni italiane (Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia) avverrà – ha commentato Pietro Giordano, Segretario Generale Adiconsum – senza confronto tra gli stakeholders coinvolti. Non solo, anche i relativi gruppi di lavoro non sono più stati convocati“.
Per Adiconsum, per effettuare gli ultimi switch-off le Regioni si organizzeranno, quindi, autonomamente, senza uno scambio di opinioni e un coordinamento.
Intanto si fa più ingarbugliata la vicenda sulla prossima asta per le frequenze Tv che ormai, dopo le dichiarazioni di Passera (‘non è una cosa buona cedere gratuitamente i beni dello Stato’), sembra scontata.
Frequenze che Mediobanca ha stimato intorno a 1-1,5 miliardi di euro, a fronte dei 4 incassati dalla Stato con l’asta tlc.
Salvo qualche cambiamento improvviso, pare quindi che il governo darà seguito all’ordine del giorno di Massimo Pini (Lega) al Dl liberalizzazioni per l’annullamento della procedura del beauty contest.
Bisogna considerare che i canali 51-60 stanno per cambiare destinazione d’uso. Entro un paio di anni la Ue dovrebbe deciderne l’assegnazione in esclusiva alle telco per i servizi di banda larga mobile. Insomma, non si possono fare oggetto di una assegnazione ventennale, come dovrebbe essere di norma, perché al più tarda dal 2017-2018 le tv che ancora trasmettessero su quelle frequenze dovrebbero lasciarle.
Stando a quanto riporta Repubblica, l’idea che si sta facendo strada al MiSE è quella di una gara a doppia corsia. “Le frequenze 54, 55 e 58 sarebbero oggetto di una concessione ventennale solo se ad aggiudicarsele fosse una telco. Se invece è una tv la durata sarebbe fissata in automatico alle scadenze fissate dall’Ue per l’assegnazione alle telco (da notare che quella frequenza non potrebbe funzionare per i cellulari in tutta Europa e per la tv in Italia perché ci sarebbero troppe interferenze, assicurano gli ingegneri). Le altre tre frequenze più “basse” verrebbero assegnate per i 20 anni di prammatica. Facile a dirsi, ma a farsi molto meno”.
Ma il progetto di un’asta low-cost non è piaciuta al senatore Pd Vincenzo Vita che, commentando le indiscrezioni circolate, ha fatto sapere: “Le frequenze sono un bene pubblico pregiato e non infinito, chi ne fa uso, è giusto che corrisponda allo Stato un compenso adeguato. Ed è augurabile che il ministro Passera sciolga a breve ogni riserva a riguardo”. “Innanzitutto, si avii – ha detto ancora Vita – l’asta competitiva e si immagini una riserva di frequenze per l’emittenza locale. Ogni forma di aggiramento di simili scelte o di rinvio a futuribili scadenze europee è fuorviante. Benvenuta l’asta, high-cost”.
Ma in questo momento di crisi economica chi sarebbe veramente interessato a partecipare a un’asta costosa?
A questo bisogna poi aggiungere che l’Agcom sarebbe competente per la parte chiaramente pratica di indizione della gara. Ma il mandato scadrà a fine maggio e gli attuali consiglieri non sembrano per niente interessati a volersi occupare anche di questa ‘patata bollente’.
Bisognerà, quindi, attendere le nuove nomine e si corre di certo il rischio che passi ancora molto tempo mentre invece occorrerebbe accelerare procedendo prioritariamente a uno riordino dello spazio frequenziale per far fronte ai nuovi impegni fissati dalla Ue.