Avaya Forum 2012: dalla crisi alla ripresa, il ruolo dell’innovazione tecnologica nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende

di Flavio Fabbri |

ICT, Agenda Digitale e NGN: il Governo e le imprese di fronte alla sfida dei mercati e l’opportunità di rischiare.

Italia


Avaya Forum 2012

L’affermarsi dall’era dell’informazione sta coincidendo con una delle più dure crisi economiche e finanziarie globali, dai tempi della Grande depressione successiva al 1929. Una crisi che sta per sfociare in recessione e che però non lascia chiuse tutte le vie di uscita. Come in ogni momento difficile, tra rischi e pericoli di varia natura, c’è sempre una exit strategy da mettere a punto. Nel caso dell’Italia e dell’Unione Europea è l’innovazione tecnologica a rappresentare un’occasione di trasformazione e una leva per la ripresa. L’Avaya Forum 2012, tenutosi ieri a Roma, appuntamento di riferimento per la community italiana dell’ICT, promosso da Avaya Italia ed organizzato da Key4biz, ha permesso di focalizzare il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel trovare e mettere in pratica tutte le soluzioni possibili utili a riposizionare le aziende e gli enti pubblici sui mercati nazionali ed internazionali.

 

Mercati che richiedono strumenti immediati, integrati, interattivi e multimediali nelle mani delle imprese e della Pubblica Amministrazione, facili da utilizzare, sicuri e collaborativi, in grado di elaborare un grande flusso di dati provenienti da più piattaforme e di aggregarli e condividerli per produrre nuove esperienze e raggiungere obiettivi considerati strategici. L’era della collaborazione, come propone l’azienda americana leader mondiale nell’offerta di sistemi e soluzioni per la comunicazione aziendale, consente di elevare il ruolo delle persone nell’azienda e di mostrare le loro capacità di contribuire ai processi di crescita (‘The power of we‘), grazie alla disponibilità di tecnologie della comunicazione di nuova generazione come la ‘nuvola’.

 

L’Avaya Forum, anche quest’anno, ha contribuito fattivamente al dibattito di settore, con un confronto tra i rappresentanti di istituzioni, Authority, grandi imprese e PMI, Pubblica Amministrazione e mondo della ricerca e dell’Università, per discutere il futuro del settore affrontando alcuni temi decisivi per la via italiana al digitale: ICT, ruolo strategico della rete di nuova generazione, cloud computing applicato alle imprese e alla PA, rapporto tra Governo ed Unione europea, investimenti in infrastrutture, fibra e NGN, ruolo dell’informazione e della comunicazione elettronica nello sviluppo economico italiano dei prossimi anni.

 

Argomenti evidenziati subito negli interventi di apertura del meeting, presentato e moderato da Raffaele Barberio, direttore di Key4biz, che sono stati centrati sull’innovazione tecnologica all’interno delle aziende e sul ritardo del nostro Paese in termini di attuazione dell’Agenda Digitale e di paralleli processi di digitalizzazione di settori produttivi e amministrativi.

 

Il presidente Western Europe di Avaya, Alan W. Laing, è stato il primo keynote speaker della giornata e nella sua introduzione ha sottoposto alla sala strapiena dell’Hotel Excelsior di Via Veneto quella che è la visione strategica dell’azienda, orientata verso tutte quelle tecnologie caratterizzate da standard aperti, interoperabilità, flessibilità e scalabilità dei sistemi di comunicazione, che possiamo ritrovare nella piattaforma Avaya Aura. In tale panorama, un ruolo primario è assunto dalle architetture IP e SIP (Session Initiation Protocol), che consentono di integrare facilmente applicazioni multiple dal business alle email, da SAP a SOA (Service-Oriented Architecture). Un approccio che permette alle aziende di valorizzare gli investimenti già fatti, mantenendo quindi in esercizio le tecnologie acquistate precedentemente, aggiungendo però numerose nuove funzioni, applicazioni di comunicazione e contatto basate su piattaforme video, social, VoIP e molto altro. “Oggi, il 72% dei dipendenti utilizza in ufficio dei dispositivi propri, come tablet e ultrabook, ad esempio, passando oltre il 20% del tempo lontano dal desk tradizionale – ha spiegato Laing – questo significa che il lavoratore porta da casa il proprio apparecchio di connessione alla rete, risultato del fenomeno BYOD (Bring Your Own Device), ormai diffusissimo in tutto il mondo e ulteriore fattore di trasformazione delle imprese e del modo di vivere il lavoro e i processi produttivi“. “Sono le persone a fare l’azienda – ha continuato Laing – in un contesto sempre più mutevole ed orientato alla collaborazione seppur in un’ottica di riduzione generale dei costi, che è possibile proprio integrando al BYOD il cloud computing, la virtualizzazione e il social business“.

 

Nuove energie da saper gestire in contesti che ancora rimangono troppo ancorati al passato. Il mondo delle imprese italiane registra un forte ritardo rispetto ai partner europei e i competitor internazionali. Come ha mostrato Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting: “L’Italia ha accumulato negli ultimi anni, a partire dal 2008, flessioni significative dei ricavi, segnando una diminuzione del 3,6% del mercato TLC e del 4,1% del mercato IT. A tali dati negativi va sommato il ritardo nel processo di digitalizzazione del Paese che ha negato una crescita economica e anzi ha determinato l’approssimarsi di una fase di recessione. Gli investimenti in ICT sono stati troppo limitati negli ultimi anni e questo ha reso debole, se non quasi assente, la crescita economica. Le sfide che abbiamo davanti e che non possiamo più rimandare sono legate a un rilancio della spesa in ICT e nelle infrastrutture di rete, in ricerca e sviluppo ad alto tasso tecnologico, in cultura digitale, in strutture aziendali collaborative ed integrate alle nuove piattaforme della comunicazione elettronica. Queste sono solo alcune delle necessarie operazioni da effettuare, a cui vanno aggiunti altri strumenti, tra cui il social CRM, il cloud computing e il social business, in un’ottica di collaborative enterprise e di PA digitale. Proprio la Pubblica Amministrazione italiana è una delle più attrezzate per l’offerta di servizi online ai cittadini, ma solo il 38% di questi ne fa domanda. Un dato che fa riflettere su un altro ritardo relativo all’alfabetizzazione informatica e digitale della popolazione. Una popolazione che invecchia e che però, allo stesso tempo, si ritrova a vivere in ambienti digitali, nelle smart city e nelle smart community. Il Governo ha il dovere di affrontare questo problema e di ridurre al minimo le aree in digital divide, creando e sfruttando un effetto sistema e di innovazione del Paese e dei territori“.

 

Innovazione tecnologica come leva non solo per uscire dalla crisi, dunque, ma per trasformare il Paese e mettere in atto una nuova mutazione antropologica degli italiani. È risaputo che l’ICT è già oggi in grado di incidere nell’economica di una nazione creando 2,6 posti di lavoro ogni 1 perso, contribuendo col 3,4% al PIL nazionale e facendo crescere la produttività del 10%. Risultati diretti dello sviluppo dell’ebusiness e della net economy a cui concorrono l’ecommerce, le smart city, l’egovernment, l’ehealth, gli investimenti in infrastrutture e sicurezza e in alfabetizzazione digitale delle popolazioni e del personale di enti pubblici e privati.

 

Nel primo Panel di interventi – ‘Il Paese che non vuole fermarsi: best practice aziendali‘ – hanno preso la parola rappresentanti del mondo delle imprese e delle università, che ancora una volta hanno ribadito il ruolo centrale della persona nel processo di trasformazione in atto. “L’IT consente di ottimizzare i processi – ha affermato Pierino De Luca, strategic projects EMEA della Deutsche Bankgarantendo connessione e collaborazione, cost saving e flessibilità, semplificazione e decentralizzazione, ma sono le risorse umane a fare la differenza con il passato“. Si è evidenziato il ruolo della rete, del networking e dell’ICT applicata alla formazione e alla ricerca, ha confermato Paola Formai, capo divisione telecomunicazioni all’Università Statale di Milano, che assicurano i risultati anche nella didattica e nell’insegnamento accademico grazie all’implementazione delle reti di comunicazione tra atenei. Stesso discorso per Equitalia che, come ha detto Carmine Pugliese, responsabile direzione centrale sistemi IT/Infrastrutture e tecnologie ICT dell’agenzia, con la sua rete interna è riuscita a creare un unico network di dati full IP-SPC per tutte le aziende che fanno parte del Gruppo e che si interfacciano ormai tramite sistemi di videoconferenza integrati alla telefonia IP/VoIP. Piattaforma di voce tramite protocollo internet, che rende possibile conversazioni telefoniche sfruttando una connessione internet, il VoIP è divenuto strumento indispensabile per ottimizzare i processi e ottenere cost saving crescente. Lo ha ribadito anche Renzo Valente, direttore TLC di Enel, che ha mostrato come l’azienda sia riuscita nel tempo ad integrare a tale tecnologia l’uso della Comunicazione Unificata (UC) con tutto il suo parco applicativi di instant messaging (IM), telepresence e teleconferenza in grado di ridurre i costi del 20% e aumentare la produttività del 15% attraverso una comunicazione aziendale in tempo reale.

 

Dalle aziende si è quindi passati alla PA, con un panel moderato dal professor Giorgio Ventre dell’Università Federico II di Napoli, dedicato a ‘Come innovare nella Pubblica Amministrazione e nelle Imprese, al servizio del cittadino e del mercato‘, nel corso del quale è stato evidenziato il punto di vista degli operatori del settore. Un ambito, quello dell’amministrazione pubblica, in cui la sfida dell’innovazione si fa particolarmente significativa, per la rilevanza del settore in termini di domanda di innovazione da parte degli enti e di offerta di servizi avanzati. “L’Italia è seconda in Europa per numero di progetti innovativi presentati, ma siamo quarti per numero di progetti accolti – ha illustrato Antonio Bontempi, amministratore delegato di Vitrociset – un dato che ribadisce la necessità di investire seriamente in ricerca e sviluppo per produrre soluzioni competitive che, nel nostro caso, sono orientate con successo alla sicurezza avanzata delle reti di comunicazione e delle infrastrutture in generale, un settore dove le risorse da investire triplicheranno nei prossimi anni e troveranno sempre più applicazioni in ambito civile e militare, per amministrazioni pubbliche, agenzie governative, organizzazioni internazionali e aziende di tutte le dimensioni“.

 

Un discorso che quindi vale anche per la Regione Lazio, che negli ultimi anni ha visto, al pari delle altre amministrazioni pubbliche, rilevanti interventi di implementazione dei sistemi informativi in chiave collaborativa e di condivisione dei dati. “La sfida è far lavorare assieme i diversi sistemi adottati nel tempo dai singoli assessorati – ha spiegato Vittorio Gallinella, direttore tecnologie di LAit – c’era la necessità di rendere operativa una piattaforma comune, su cui innestare i vari progetti e mettere in comune informazioni e dati, finalizzata alla realizzazione di un’interfaccia più efficace con i cittadini, le aziende e i fornitori“. “Innovare significa di fatto trasformare una struttura – ha affermato Gianluca Ciminata, direttore Vvndite – technology services di HP – e da qui si deve partire per assicurare al pubblico un servizio di qualità e al passo con i tempi. La persona è e rimane figura centrale all’interno dei processi di trasformazione, ma c’è da fare uno sforzo maggiore in termini di spesa in cloud computing, perché tra gli obbiettivi a breve termine rimane da raggiungere la riduzione dei costi e l’efficienza nella produzione“. Argomenti che tornano anche nell’intervento di Roberto Saracino, CIO di Almaviva, che ha confermato la centralità della tecnologia cloud in tutti i processi aziendali e della PA, strumento imprescindibile per recuperare competitività e qualità sui mercati e per ridurre il gap con il resto d’Europa: “Quattro sono gli elementi su cui concentrare gli sforzi, il rapporto con il consumatore, l’informatizzazione avanzata dei sistemi, il cloud e la mobilità. L’ebusiness è al momento caratterizzato da centinaia di milioni di siti web, da miliardi di applicazioni per device mobili e portatili e da un traffico enorme di dati audio-video. È in questo contesto che dobbiamo lavorare e competere, all’interno di quella che è stata ribattezzata la ‘Smart Com’, evoluzione di smart communication e smart community“.

Un ambiente che si alimenta in continuazione di innovazione tecnologica e di competenze professionali avanzate. Proprio queste ultime sono il tratto caratterizzante i profili e gli skill di coloro che devono gestire la trasformazione nelle strutture e gli apparati dello Stato, tra cui ci sono le Forze Armate e la Difesa. Il generale Pietro Finocchio, presidente AFCEA, ha nel suo intervento ripreso il tema della centralità delle persone e al contempo sottolineato il dato culturale del gap sopra citato: “L’innovazione tecnologica è sempre possibile da recuperare, ma il dato centrale su cui dobbiamo riflettere maggiormente è il ritardo culturale che abbiamo accumulato nel Paese. Serve un partenariato pubblico-privato, insieme ad un provider evoluto, che forniscano tecnologia e servizi di nuova generazione flessibili e adattabili alle esigenze di volta in volta espresse da ogni singola Forza Armata“.

 

Nell’intervento centrale del Forum, Gianluca Attura, amministratore delegato di Avaya Italia, ha fatto il punto della situazione partendo da un assunto basilare: “In ogni crisi economica c’è sempre una eguale dose di rischio e di opportunità, a noi spetta il compito di sfruttare al massimo le occasioni di trasformazione e crescita che vi sono insite“. Il ruolo del CIO, Chief Innovation Officer, all’interno di ogni azienda sta mutando velocemente e gli obiettivi di massimo oggi sono contenere i costi senza comprimere qualità e innovazione. Due elementi che a loro volta necessitano di investimenti iniziali di processo che, erroneamente, vengono considerati costi da evitare o nella migliore delle ipotesi da rinviare a tempi migliori. “Se non si spendono risorse in innovazione tecnologica si rischia seriamente di rimanere fuori dal mercato – ha dichiarato Attura – ripartire significa focalizzare le strategie aziendali sul cliente e la qualità. La UC si sta spostando dal mobile al fisso, andando contro le previsioni fatte anni addietro, che ipotizzavano un percorso al contrario. Oggi le aziende più avvedute favoriscono processi interni di tipo BYOD, dando spazio a nuovi ecosistemi in cui tutti i device più comuni, dallo smartphone al tablet all’ultrabook, sono interconnessi con la struttura per la condivisione in sicurezza di informazioni attraverso le reti social, i video, il cloud, il mobile in un’ottica nuova di universal collaboration. Si sta determinando un’unica grande infrastruttura aziendale interconnessa e integrata, ma serve una capacità di veduta più ampia da parte delle organizzazioni“. “Parliamo di una federazione dei servizi di telecomunicazione del tipo Avaya Aura Network – ha portato come esempio il CEO di Avaya Italia – una struttura cloud che garantisce flessibilità, efficienza ed efficacia di sistema e ci sono diversi casi di applicazioni, come quella fornita all’esercito americano, l’Avaya Unified Video experience, la più evoluta piattaforma in circolazione, o l’Avaya 112, applicazione mobile per le chiamate al numero unico per le emergenze dell’Unione europea a disposizione delle forze di polizia“.

 

Proprio dalla crisi, come occasione di ripresa economica e nuova spinta culturale, è partito anche il secondo Panel, moderato dal professor Francesco Vatalaro dell’Università Tor Vergata, in cui si sono affrontati i temi delle Tlc e la crisi tra infrastruttura e tecnologia, unitamente all’Agenda Digitale italiana e gli investimenti da sostenere.

Franco Bassanini, presidente Astrid, ha sottolineato a riguardo sia il ritardo di cui hanno ampiamente parlato gli altri speaker, sia la grande occasione che si presenta al Paese di porre rimedio a problemi pregressi. “La nostra rete è sicuramente meno efficiente in termini di velocità rispetto a Paesi come Norvegia e Regno Unito – ha spiegato Bassanini – e questo è sicuramente motivo di ritardi strutturali e di un’economia che non cresce più. L’IT ha una penetrazione sul territorio troppo bassa e le aziende e la PA ne soffrono. Ecco che il cloud si presenta come una soluzione, ma allo stesso tempo pone un problema in termini di banda disponibile. Qui si inseriscono progetti come quello di Metroweb e F2i Reti Tlc,che permetterebbero di cablare 30 città in fibra ottica a 100 megabit entro il 2015 per un investimento, condiviso con la Cassa Depositi e Prestit, di 4,5 miliardi“. Fibra come tecnologia necessaria su cui si deve spendere per vedere crescere PIL ed economia reale, punto su cui tutti si trovano d’accordo, a partire da Stefano Nocentini, responsabile Telecom Italia Top clients marketing, che porta l’esperienza del cloud computing della ‘Nuvola Italiana’, fino a Michelangelo Suigo, head of Institutional relations di Vodafone Italia, che ha mostrato i risultati del progetto 1000 Comuni dove, con l’investimenti di 1 miliardo di euro, si è deciso di portare la banda larga mobile nei Comuni italiani, ad oggi ne sono stati raggiunti 530, per recuperare quel 5,6% di popolazione in digital divide. Pierpaolo Cristofori, direttore Sales & marketing per BT Italia, ha invece riportato l’esperienza dell’operatore britannico nel nostro Paese che ha investito in banda larga sul mercato business per garantire accessibilità continua alle aziende servite.

 

Fibra e banda larga che possono garantire nuovi e più efficienti processi di virtualizzazione alle imprese e alla PA, sia per i data center che per il cloud, ma che necessitano, secondo Paolo Nuti, presidente AIIP, di un tavolo di coopetition, ovvero di cooperazione tra operatori e istituzioni per trovare soluzioni tecnologiche ed infrastrutturali di cui il Paese ha bisogno. Proprio gli operatori hanno un ruolo fondamentale per sostenere gli investimenti, ha dichiarato Luigi Gambardella, presidente ETNO (European Telecommunications Network Operators), che ha portato il punto di vista dei player europei: “Per l’Agenda Europea si impegneranno i privati, mentre i fondi pubblici saranno utilizzati in quelle aree considerate a scarso ritorno. Negli ultimi anni in Europa si è assistito ad un calo del 30% dei ricavi nel settore voce, questo significa che serve riequilibrare il rapporto tra operatori e OTT. L’Italia è al terzo posto per diffusione dell’unbundling, ma serve una maggiore certezza regolatoria e soprattutto libertà di fissare i prezzi della fibra, dove c’è flessibilità di pricing c’è crescita e aumento dei ricavi“.

 

Sull’Agenda Digitale, argomento dell’ultimo Panel del Forum Avaya, si è enfatizzato il ruolo della politica e l’urgenza di scelte da fare ormai improrogabili. Enzo Savarese, consigliere Agcom, ha evidenziato in maniera netta che servono poche regole, chiare e trasparenti, “affinchè il mercato funzioni, sia per le telco, sia per gli OTT, garantendo ad un tempo il ritorno degli investimenti e le esigenze dei consumatori e dei cittadini che attendono un nuovo e più forte processo di informatizzazione del Paese“. Un obiettivo condivisibile, ha specificato Lucio Malan, senatore PDL, ma servono risorse aggiuntive e un più concreto ridimensionamento degli apparati, troppo grandi e motivo di sprechi: “Nel decreto semplificazioni il Governo ha introdotto una Cabina di Regia con l’articolo 44 e nel passaggio alla Camera dei Deputati sono state apportate ulteriori aggiunte che però necessitano di risorse aggiuntive che al momento non trovano copertura ma che sono ugualmente da trovare per dare il via ai nuovi processi di digitalizzazione della PA, di virtualizzazione dei sistemi e di egov“. Traguardi non impossibili, ha confermato Paolo Gentiloni, Deputato PD, che invita tutti a partecipare ad una nuova stagione di confronto e dialogo su temi importanti come le reti di nuova generazione (NGN) e la PA digitale, “magari stabilendo come per la televisione uno switch off cartaceo“, lo sviluppo dell’ecommerce e del mobile payment, “per segnare chiaramente una via italiana alla digitalizzazione che questo Governo tecnico, che gode al momento della fiducia della maggioranza del Parlamento, può garantire almeno fino alla fine dell’anno ponendo le basi per la sua continuazione“.

Un impegno da parte dello Stato che, secondo il professor Michele Costabile alla SDA Bocconi e del Fondo SGR Venture Capital, “non deve far l’errore di investire solo in macrosistemi, ma piuttosto riservare risorse per il tessuto economico costituito dalla galassia delle piccole e medie imprese italiane, nonché sulle start up in prospettiva di una ‘start up nation’ che simbolizzi la ritrovata vivacità del mercato e competitività delle imprese italiane. Una visione d’insieme che deve non solo puntare al Nord, ma partire invece dal Sud del Paese per comprendere poi l’intero territorio, dove la crisi non ha certo eroso l’elevato tasso di innovazione riscontrato nelle centinaia di progetti presentati ogni anno al Fondo, un segno inequivocabile della voglia di fare impresa e di puntare sull’innovazione come leva per l’attesa ripresa“.

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