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Economia dei Media è l’ultimo libro di Giuseppe Richeri, edito da Laterza e da qualche giorno disponibile in libreria.
I media sono tradizionalmente analizzati dal punto di vista sociale, culturale o politico, e l’analisi corrente italiana ha spesso denunciato una carenza sul versante degli aspetti industriali ed economici. Da qui il punto di partenza del libro di Giuseppe Richeri, il cui filo espositivo e d’indagine offre strumenti olistici per capire meglio l’economia dei media e i suoi articolati rapporti con il sistema delle comunicazioni elettroniche nel loro complesso, dalle telecomunicazioni all’informatica e ai rispettivi indotti.
Professore all’Università di Lugano e da qualche anno alla Communications University of China, Giuseppe Richeri è uno dei massimi esperti di media e broadcasting in Europa.
Key4Biz. Prima di entrare nel merito di alcune questioni vorrei innanzitutto chiederle qual è la struttura del libro…
Giuseppe Richeri. Il libro è organizzato in due parti. La prima riguarda aspetti generali dell’economia dei media come i fattori che distinguono questo campo dagli altri campi dell’economia, i principali trend seguiti dalle imprese mediali e dai mercati negli ultimi anni e, ancora, altri aspetti che riguardano le risorse economiche su cui si basano le imprese e i fattori che condizionano i consumi mediali.
Key4Biz. Quanto pesa l’Italia nella sua analisi globale o, se vuole, nell’economia del suo libro?
Giuseppe Richeri. La seconda parte del libro è dedicata prevalentemente all’Italia e riguarda in particolare le fasi del processo produttivo e la struttura del mercato italiano del cinema, dei giornali, dei libri, della televisione. Devo dire che ho scelto di dedicare soprattutto l’attenzione ai “media classici” per una ragione molto semplice: sono loro che rappresentano a tutt’oggi la parte preponderante del mercato dei media, sono loro a generare la maggior parte del “giro d’affari“, mentre i cosiddetti nuovi media, pur rappresentando uno spazio comunicativo importante, dal punto di vista economico non sono ancora riusciti a raggiungere dimensioni altrettanto importanti.
Key4Biz. Nel suo libro i nuovi media hanno uno spazio limitato. Non le sembra un po’ anacronistico, visto che da tempo i nuovi media sono al centro dell’attenzione di addetti ai lavori ed opinione pubblica?
Giuseppe Richeri. Nel libro i nuovi media sono molto presenti. Ho infatti cercato di mettere in evidenza le opportunità e i rischi che essi rappresentano oggi per i “media classici“, ovvero qual è l’impatto che stanno producendo sulle imprese e sui mercati mediali. Ma ho cercato di stare con i piedi per terra, evitando di fare il futurologo.
Ai nuovi media è dedicato poi un capitolo specifico in cui approfondisco alcuni aspetti tra quelli che mi sembrano più interessanti, come il processo di frammentazione dell’offerta e del consumo legato ad essi, il ruolo delle reti-mercato, ovvero il passaggio dalla vendita su supporto fisico alla rete, l’interattività e la maggior libertà del pubblico, la tracciabilità dei consumi mediali in rete, i nuovi rapporti tra media e pubblicità.
Key4Biz. Ma allora non è vero che i media tradizionali sono in crisi e che la crisi è dovuta allo sviluppo dei nuovi media?
Giuseppe Richeri. Credo che i media tradizionali in generale abbiano raggiunto il loro massimo livello di sviluppo e non abbiano più margini di crescita, anzi ci sono segnali abbastanza evidenti, non solo in Italia, che sono ormai entrati nella fase declinante del loro ciclo di vita.
Non ci sono però elementi per affermare che la loro morte sia imminente o che comunque siano destinati a occupare ben presto dei ruoli marginali. Innanzi tutto credo che la situazione sia diversa da caso a caso: l’industria del disco è tra quelle che si trova in maggior difficoltà, ma è certo che l’industria della musica registrata ha ancora grandi potenzialità, anche se per sfruttarle si dovranno trovare nuovi modelli commerciali. Nello stesso modo la situazione dei giornali è diversa da quella dei libri, così il cinema rispetto alla televisione. Credo che dichiarare la morte imminente deivecchi mediaserva più per stupire le persone che per aiutarle a capire cosa stia succedendo.
Key4Biz. In conclusione, posso invitarla a lasciarsi andare fare un po’ il futurologo…
Giuseppe Richeri. E’ ovvio che anch’io cerco di immaginare quale possa essere il futuro dei media, ma ciò che immagino non intende avere alcun valore di previsione. Ciò che immagino per esempio è che la televisione generalista, i media a stampa, il cinema nelle sale pur vedendo ridimensionato ciascuno il proprio mercato, continueranno per lungo tempo a esistere e a svolgere una funzione significativa per una parte consistente del pubblico.