Yahoo porta Facebook in tribunale: ha violato 10 brevetti

di Alessandra Talarico |

La mossa di Yahoo arriva a sei settimane dalla presentazione, da parte di Facebook, dei documenti per la quotazione in Borsa. L’IPO dovrebbe avvenire entro questa primavera.

Stati Uniti


Yahoo e Facebook

Se non puoi combatterli, unisciti a loro recita l’adagio. Ma Yahoo si muove in verso contrario e sporge denuncia contro il partner commerciale Facebook, che avrebbe usurpato 10 suoi brevetti, legati alla pubblicità, alla protezione della privacy e alla messaggistica. Il portale web ha presentato una denuncia presso un tribunale federale californiano, sostenendo che “l’intero modello di social network adottato da Facebook, che consente agli utenti di creare profili e di connettersi ad amici e aziende, è basato sulla tecnologia brevettata da Yahoo”.

“Prima di adottare la tecnologia Yahoo, Facebook era considerato come uno dei siti internet meno performanti per la pubblicità”, si legge nel documento depositato presso il tribunale di San Jose.

 

Yahoo, fondato nel 1995, sostiene in sostanza di “essere arrivato per primo” sulla gran parte delle tecnologie che hanno trasformato Facebook in una società multimiliardaria e, di conseguenza, di avere ottenuto per primo i brevetti su cui Facebook ha basato le proprie fortune.

 

In particolare, la causa è imperniata sulle tecnologie News Feed, sui format pubblicitari e sui controlli sulla privacy di Facebook che, secondo Yahoo, sono direttamente collegati ai suoi brevetti.

 

Yahoo, che possiede più di 1.000 brevetti e che come molti altri in ambito tecnologico (vedi Kodak) sta vivendo un momento difficile e vuole puntare sulla loro remunerazione, sostiene che “L’uso improprio di queste tecnologie brevettate crea un danno che non può essere compensato soltanto col pagamento delle royalty”.

In particolare, sottolinea ancora Yahoo, “l’uso da parte di Facebook di queste tecnologie brevettate ha incrementato i ricavi e la quota di mercato del social network che non ha dovuto recuperare i costi e il tempo impegnati nello sviluppo della tecnologia. Yahoo, invece, ha dovuto sostenere i costi legati allo sviluppo”.

 

La mossa di Yahoo arriva a sei settimane dalla presentazione, da parte di Facebook, dei documenti per la quotazione in Borsa. L’IPO dovrebbe avvenire entro questa primavera.

La società di Mark Zuckerberg, che afferma di aver appreso la notizia dalla stampa, si è detta delusa dalla decisione “di un partner commerciale di vecchia data e un’impresa che ha tratto sostanziali benefici dalla sua collaborazione con Facebook” e ha affermato di volersi difendere con tutte le forze in tribunale “contro un’azione sconcertante”.

 

Attualmente, Yahoo rivendica più di 700 milioni dei visitatori unici mensili, mentre Facebook conta circa 845 milioni di utenti attivi in tutto il mondo, di cui la metà si collega al sito almeno una volta al giorno.

Allo stesso tempo, i ricavi pubblicitari del social network puntano decisamente al rialzo, mentre quelli del portale sono in rovinosa caduta.

Quest’anno, secondo eMarketer, la quota di mercato Usa di Facebook nel settore delle inserzioni pubblicitarie online passerà al 16,8% dal 14% del 2011 mentre quella di Yahoo dovrebbe scendere al 9,1% dal 10,8% dello scorso anno.

 

Per eMarketer, “Google e Facebook insieme concentreranno nel 2012 il 33,3% di tutte le spese relative alle inserzioni pubblicitarie e il 38,8% nel 2014”.

 

Attualmente, dopo varie vicissitudini e contrasti in seno al consiglio di amministrazione, Yahoo è diretto da Scott Thompson. Ma la società non è nuova ad azioni di questo tipo: già nel 2004 aveva fatto causa a Google poco prima che la società sbarcasse in Borsa. La causa, che verteva sulla violazione dei sistemi pay-per-click e di bidding, si è chiusa con la consegna a Yahoo di 2,7 milioni di azioni Google in un’operazione stimata all’epoca 290 milioni di dollari. Google aveva anche acconsentito ad acquistare la licenza di diversi brevetti Yahoo.

 

Questa nuova causa, spiega l’esperto in proprietà intellettuale Clark S. Stone, conferma che i contenziosi legali sono ormai strumenti di business.

Le società, quando è possibile, cercano di risolvere le questioni fuori dai tribunali per evitare lunghi strascichi legali e dispute dall’esito incerto.

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