BT alla Ue: ridurre i costi del rame per favorire la fibra ottica è contrario al quadro normativo europeo

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Secondo BT, ‘negare agli operatori l’adeguato recupero dei costi legati all’accesso al rame, anche per quanto riguarda gli asset fissi e sommersi, scoraggerà gli investimenti nella fibra’.

Unione Europea


BT

L’operatore storico britannico BT ha chiesto alla Ue di riconoscere il ruolo strategico delle reti in rame per il raggiungimento degli obiettivi della Digital Agenda europea.

 

La posizione è stata espressa nell’ambito della consultazione della Commissione europea concernente le modalità utilizzate dai regolatori nazionali per calcolare i prezzi che gli operatori devono pagare per tale accesso all’ingrosso (misure di orientamento ai costi).

La consultazione, afferma BT, affronta i criteri oggettivi per il trattamento dei costi dei prodotti di accesso, coerentemente con il quadro normativo europeo. Tuttavia, la consultazione considera anche un  approccio totalmente diverso che basa l’accesso al rame  non sui costi ma sull’obbiettivo della transizione verso la fibra. E da questo approccio, la società dissente per diversi motivi. Innanzitutto perchè “Negare agli operatori l’adeguato recupero dei costi legati all’accesso al rame, anche per quanto riguarda gli asset fissi e sommersi, scoraggerà gli investimenti nella fibra”, spiega BT, sottolineando quindi che ridurre i costi del rame per favorire gli investimenti nella fibra è “contrario al quadro normativo europeo e al principio che l’orientamento al costo richiede il recupero di tutti i costi sostenuti”.

 

La convenienza della fibra, sostiene ancora BT, dipende dalla possibilità di recuperare i costi in maniera equa e “il nostro modello di implementazione dimostra come investimenti e concorrenza aperta possano andare a braccetto senza bisogno di ulteriori interventi regolamentari”.

Infine, spiega ancora BT, “contestiamo anche i presupposti del passaggio dal rame alla fibra: i cambiamenti della tecnologia significano che FTTC è sempre più in grado di soddisfare gli obiettivi dell’Agenda Digitale e che il rame avrà un ruolo permanente nella rete”.

Per quanto riguarda l’approccio normativo all’NGA, dice ancora BT, “l’accesso attivo all’ingrosso (unbundling virtuale) offre la maggior parte delle funzionalità del passivo a costi più bassi ed è più facile far entrare altri player sulla rete”.

 

BT sostiene di stare realizzando la rete in fibra ottica a una velocità senza pari e con ingenti investimenti: entro il 2014, i due terzi della popolazione saranno raggiunti dalla rete ultrabroadband, a fronte di una spesa pari a 3 miliardi di euro.

La copertura sarà quindi estesa al 90% della popolazione grazie anche ai fondi pubblici – pari a 1 miliardo di euro – e a stanziamenti degli enti locali, per i quali BT concorrerà con altri operatori.

Un ulteriore 10% della popolazione potrà usufruire di connessioni super veloci grazie a tecnologie alternative quali la banda larga mobile LTE e i cosiddetti ‘white spaces’, le frequenze inutilizzate dagli operatori televisivi.

 

L’approccio scelto da BT, sottolinea la società, contiene diversi elementi che potrebbero essere seguiti in altri paesi: ad esempio, l’utilizzo dell’FTTC permetterà di raggiungere le velocità di connessione previste dall’Agenda digitale europea lasciando anche la porta aperta all’FTTP, ossia la fibra on demand. Ciò vuol dire comunque, chiarisce l’operatore, che la fibra dovrà essere disponibile in tutto il paese.

L’ex monopolista britannico evidenzia quindi la validità di un approccio pro-competitivo, dal momento che la realizzazione di una sola rete in fibra rappresenterebbe un business case impegnativo – soprattutto considerando la competizione del cavo – mentre la prospettiva di diverse reti è difficile da realizzare. “Una soluzione pro-competitiva è quindi un requisito per sostenere la concorrenza a valle”.

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