Pirateria: BT e TalkTalk perdono ricorso contro il DEA mentre indagine svela responsabilità degli Isp nell’incoraggiare il downloading illegale

di Raffaella Natale |

I giudici della Corte d’Appello hanno respinto le ragioni dei due Isp che adesso dovranno conformarsi alle norme sul copyright. E sempre oggi si apre nuovo filone di indagine, gli Isp incoraggiano la pirateria promuovendo connessioni broadband più veloci?

Regno Unito


BT Group

Il Governo britannico ha avuto il via libera all’attuazione del Digital Economy Act, dopo che BT e TalkTalk hanno perso il ricorso davanti alla Corte d’Appello.

Secondo i due internet service provider, le norme britanniche contro la pirateria online erano incompatibili con le disposizioni Ue.

I giudici hanno però respinto il ricorso, dopo due anni di battaglie legali, e stabilito quindi che gli Isp dovranno conformarsi alle norme che prevedono la spedizione di lettere di avvertimento ai presunti downloaders di file illegali e anche il possibile taglio della connessione internet.

La Corte ha, quindi, stabilito la conformità del Digital Economy Act con le norme dell’Unione europea in materia di diritto d’autore.

Gli Isp dovranno così contribuire al 25% dei costi sostenuti dall’Ofcom per l’individuazione dei presunti colpevoli di downloading illegale.

 

Secondo le stime dell’industria dei contenuti, ogni anno il settore perde, a causa della pirateria, 400 milioni di sterline di entrate.

 

I legali delle due aziende sostenevano che le misure più severe avrebbero comportato un’invasione nella privacy degli utenti e generato costi sproporzionati a carico degli Isp e dei consumatori.

 

La decisione della Corte d’Appello è stata accolta con favore dai sostenitori delle norme sul copyright.

Christine Payne, segretario generale della Actors’union Equity, s’è rivolta agli Isp, invitandoli a smettere di lottare contro la legge e a conformarsi alle norme.

“Ancora una volta la Corte s’è messa dalla parte dei quasi 2 milioni di impiegati nell’industria creativa, il cui stipendio è messo a rischio dai furti di contenuti che avvengono ormai quotidianamente”.

 

Adam Rendle, esperto di copyright presso lo studio legale Taylor Wessing, è convinto che BT e TalkTalk non si fermeranno qui e probabilmente presenteranno un ricorso alla Corte di Giustizia Ue.

Aggiungendo che è anche prevedibile che intensificheranno le loro azioni di lobbying, cavalcando l’onda di protesta contro le due proposte di leggi USA antipirateria, SOPA e PIPA, e in Europa contro l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement).

 

E sempre oggi, nella stessa giornata della sentenza della Corte d’Appello, si apprende che da un’indagine segreta, condotta da Mystery Shoppers e Mail, sarebbe anche emerso che i due Isp sarebbero anche accusati ‘d’aver chiuso un occhio al downloading illegale’.

Dopo una serie di telefonate fatte ai call center delle compagnie tlc, nelle quali finti clienti chiedevano una migliore connessione broadband per scaricare contenuti dai siti p2p, si rileva che gli operatori invece di avvertire delle possibili violazioni delle leggi antipirateria, consigliavano pacchetti per connessioni illimitate a banda larga.

 

Geoff Taylor, amministratore delegato della  BPI (British Phonographic Industry), ha sottolineato la gravità di tali pratiche da parte degli operatori tlc che pensano ad aumentare le loro revenue vendendo banda larga anche ai clienti che non nascondono di voler violare la legge contro la pirateria: “Questo non è il comportamento che dovremmo aspettarci da aziende responsabili”.

 

In una chiamata a TalkTalk, l’operatore dei servizi customer, ammette addirittura di usare il sito di file-sharing BitTorrent, prima di consigliare un contratto più costoso per un accesso illimitato: “Adesso che i servizi broadband usano infrastrutture più moderne, significa che potrai ‘scaricare’ da Pirate Bay molto più velocemente’.

In una telefonata fatta a BT, il finto cliente menziona direttamente i siti di file-sharing PirateBay e Isohunt, dicendo che intende scaricare i film Harry Potter o Cars 2.

 

Davanti a simili chiamate gli operatori non hanno minimamente pensato di avvertire gli utenti dell’illegalità di simili attività. In ogni telefonata effettuata dai falsi clienti, l’uso di questi siti pirata è stato menzionato chiaramente come motivo per chiedere un abbonamento alla banda larga che garantisse una connessione più veloce.

 

Un portavoce di BT ha fatto sapere che l’azienda non ‘ha chiuso gli occhi’ davanti alla violazione dei diritti d’autore e informato d’aver chiesto i dettagli delle telefonate per poter indagare.

Aggiungendo che “gli operatori dei call center non sono nella posizione di dare consigli o suggerire se un sito sia illegale o meno, né questa potrebbe essere una ragionevole pretesa”.

TalkTalk ha dichiarato: “Incoraggiamo tutti i nostri clienti a usare internet responsabilmente e a rispettare la legge”.

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