Donne ai vertici aziendali: per la Ue ancora troppo poche. In Italia l’eccezione di Poste Italiane

di Raffaella Natale |

La Ue avvia consultazione pubblica. Viviane Reding: 'Diversi Stati membri, tra cui l’Italia, cominciano a porsi il problema, introducendo leggi sulle quote rosa nei Cda che non suscitano il mio entusiasmo, ma i risultati mi piacciono'.

Unione Europea


Vivianne Reding

Un anno fa il Commissario Ue per la Giustizia, Viviane Reding, chiedeva misure di autoregolamentazione credibili per portare più donne alla guida delle imprese europee. Oggi una relazione pubblicata dalla Commissione Ue mostra gli scarsi risultati fin qui ottenuti: la presenza delle donne ai vertici delle principali società europee è di appena il 13,7% (un consigliere su sette). Sebbene il risultato sia lievemente migliore rispetto all’11,8% del 2010, di questo passo ci vorranno ancora 40 anni per raggiungere un equilibrio di genere accettabile (entrambi i sessi rappresentati per almeno il 40%).

 

I dati attualmente disponibili mostrano che l’equilibrio di genere ai vertici aziendali incide positivamente sulle prestazioni delle imprese, sulla competitività e sui profitti. In uno Studio di McKinsey si legge ad esempio che le società con rappresentanza paritaria realizzano profitti del 56% superiori rispetto a quelle a conduzione unicamente maschile. Un’analisi condotta da Ernst & Young sulle 290 principali società quotate in borsa mostra che le imprese con almeno una donna nel board realizzano utili decisamente più elevati rispetto a quelle in cui le donne sono del tutto assenti dai vertici aziendali.

 

Per individuare le misure in grado di ridurre il divario di genere tuttora esistente ai vertici delle società europee, la Commissione ha avviato oggi una consultazione pubblica sui possibili interventi a livello dell’Unione, tra cui misure legislative, che permettano di riequilibrare la rappresentanza uomo-donna nei Cda. Sulla scorta dei pareri raccolti con la consultazione, che scade il 28 maggio 2012, la Commissione deciderà come intervenire nel corso dell’anno.

 

“Un anno fa – ha dichiarato la Reding – ho chiesto alle imprese di aumentare volontariamente la presenza delle donne nei consigli di amministrazione. Il mio appello, sostenuto dal Parlamento europeo, è stato trasmesso alle organizzazioni professionali dai ministeri del lavoro, degli affari sociali e delle pari opportunità di molti Stati membri. Constato però con rammarico che l’autoregolamentazione non ha dato finora grandi risultati”.

“La scarsa presenza delle donne ai vertici aziendali – ha detto la Reding – impedisce all’Europa di essere competitiva e di crescere economicamente. Per questo motivo diversi Stati membri, tra cui Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna, cominciano a porsi il problema introducendo leggi sulle quote rosa nei consigli di amministrazione. In Danimarca, Finlandia, Grecia, Austria e Slovenia sono state adottate norme sulla parità di genere negli organi di governo delle società statali. Le quote rosa non suscitano il mio entusiasmo, ma i risultati mi piacciono”.

“E’ ora di infrangere – ha concluso il Commissario Ue – quel soffitto di cristallo che in Europa continua ad ostacolare l’ascesa di donne di talento ai vertici delle società quotate in borsa. Il mio impegno per il cambiamento si costruirà a stretto contatto con il Parlamento europeo e con tutti gli Stati membri”.

 

In Europa l’opinione pubblica è chiaramente a favore di un cambiamento di rotta: secondo un nuovo Eurobarometro pubblicato oggi l’88% degli europei ritiene che, a parità di competenze, le donne debbano avere pari rappresentanza ai vertici aziendali. Il 76% degli interpellati è del parere che le donne abbiano le competenze necessarie mentre il 75% è d’accordo ad introdurre leggi sulla parità di genere nei consigli di amministrazione, leggi il cui rispetto, per una maggioranza relativa (49%), andrebbe assicurato con sanzioni pecuniarie.

 

In Italia, un plauso merita l’azienda Poste Italiane, che per oltre la metà è rosa. Le donne che lavorano sono circa 74mila, pari al 53%. In tutta Italia i direttori donna dirigono 7.000 uffici su un totale di 14 mila. Circa la metà (47%) del personale con funzione di quadro risulta essere donna.

Questi i numeri che fanno di Poste Italiane una delle realtà con la più alta percentuale femminile in Italia; di queste il 60% ha meno di cinquant’anni contro una media maschile del 47%.

Per quanto riguarda le direttrici di ufficio postale la percentuale di donne presenti è del 59%, con un’ottima percentuale al femminile nel Nord e Centro Italia.

Significativa la presenza femminile anche ai vertici aziendali. Il 34% delle 132 Filiali è guidato da donne. Infine per quanto riguarda gli addetti al recapito su un totale di 40 mila, sono poco meno della metà (circa 17 mila) le portalettere donne.

 

 

Per maggiori informazioni:

Women on boards

Consultazione pubblica “Equilibrio di genere nei consigli di amministrazione dell’Unione”

Homepage della Vicepresidente Viviane Reding, Commissario Ue per la Giustizia

Banca dati della Commissione Ue su uomini e donne nelle posizioni di responsabilità

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