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Ha destato molto clamore l’ultima notizia sulle app per gli smartphone che ‘rubano’ le foto degli utenti. Coinvolti, anche stavolta, gli iPhone di Apple e i dispositivi Android (Leggi articolo Key4biz).
E anche stavolta, il caso vale l’intervento di un senatore – il democratico Charles Schumer – che ha chiesto alla Federal Trade Commission (FTC) di investigare su quanto accaduto.
La popolarità delle app per i dispositivi mobili ha creato una vera e propria industria di cui appena 5 anni fa non si sarebbe potuto immaginare neanche lontanamente l’ampiezza. Una killer application che ha spinto la vendita di smartphone e tablet ridando fiato a un settore che si considerava ormai prossimo alla saturazione. Ma ciò non toglie che troppo spesso queste app ‘abusano’ dei dati degli utenti, che sugli smartphone ormai conservano di tutto: informazioni che sono una manna per le aziende di marketing, che li utilizzano per confezionare pubblicità mirate sulle abitudini e i gusti degli utenti.
Non solo le foto vengono carpite, infatti, ma anche rubriche dei contatti, indirizzi email, numeri di telefono, coordinate bancarie e così via. Una sorta di Grande Fratello cui nulla sfugge e che tutti noi, forse troppo incautamente e molte volte per ignoranza, contribuiamo ad alimentare.
Secondo il senatore Schumer, gli usi che le app fanno dei dati degli utenti “vanno ben al di là di quello che i consumatori ragionevolmente pensano di consentire quando permettono a un’app di accedere ai dati del telefono per abilitarne le funzioni”.
Nella sua lettera alla FTC, Schumer sottolinea che molti di questi usi addirittura violano i termini di servizio delle piattaforme Apple e Android: “non è chiaro, dunque, come questi termini di servizio siano applicati e monitorati”.
Il senatore chiama in causa anche i produttori di dispositivi mobili, ai quali dovrebbe essere richiesto “di mettere in atto misure di sicurezza per garantire che le applicazioni di terze parti non siano in grado di violare la privacy personale rubando dati o fotografie che l’utente non decide coscientemente di rendere pubbliche”.
“Quando qualcuno fa una foto privata, su un dispositivo privato come un cellulare, quella foto dovrebbe semplicemente restare privata”, conclude Schumer.