NGN: per i fondi internazionali le regole Ue scoraggiano gli investimenti. ‘Serve approccio light’

di Alessandra Talarico |

Sul Financial Times un sondaggio effettuato presso un gruppo di fondi internazionali, secondo cui la soluzione per stimolare gli investimenti risiede in un approccio regolamentare più leggero e nella ‘prevedibilità’ delle regole sull’accesso.

Europa


Fibre ottiche

Un nuovo parere contrario alla riduzione dei prezzi di accesso alle reti in rame, dopo quello del presidente del BEREC Georg Serentschy (Leggi articolo Key4biz) è arrivato da un gruppo di investitori del settore tlc capitanato da Credit Suisse.

Secondo un sodaggio pubblicato dal Financial Times, il 90% di questi fondi d’investimento, che gestiscono asset per 1.800 miliardi di euro, ritiene che le leggi europee ostacolino gli investimenti degli operatori tlc in quanto“poco prevedibili, troppo favorevoli ai rivenditori e deflazionistiche”.

I fondi si uniscono quindi al coro di richieste per un approccio regolamentare più leggero, atto a incoraggiare gli investimenti nella fibra ottica, sulla quale tanto sta puntando la Commissione europea.

 

La Ue lo scorso anno ha chiesto a operatori, consumatori e regolatori nazionali di esprimere il loro parere su quale regolamentazione potrebbe stimolare adeguatamente gli investimenti nella fibra, nell’ambito di due consultazioni pubbliche relative all’accesso degli operatori alternativi alle reti appartenenti agli operatori storici (Leggi articolo Key4biz).

Secondo alcuni, tra le soluzioni potrebbe esserci la riduzione dei prezzi di accesso alle reti in rame, che – provocando un decremento dei ricavi legati alla rete esistente – indurrebbe gli incumbent a investire nella fibra e permetterebbe di raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’Agenda digitale, secondo la quale, entro il 2013 tutte le abitazioni europee dovrebbero essere dotate di connessioni a banda larga basic. Entro il 2020, la velocità di accesso dovrebbe essere di 30 Mbps per tutti i cittadini e di 100 Mbps per la metà di loro.

 

Chi è contrario alla proposta di riduzione dei prezzi del rame sottolinea gli effetti devastanti che questa decisione avrebbe invece sulla capacità di investire, senza tra l’altro che vi sia una prova empirica che la spinta forzata verso il basso dei prezzi del rame porterebbe ad una rapida implementazione della fibra.

 

Tesi, questa, condivisa sia dall’industria (qui il parere di Luigi Gambardella, presidente del board di ETNO) che dai fondi di investimento: nessuno di loro – dice il Financial Times – ritiene che una riduzione dei costi del rame incoraggerebbe gli investimenti nella fibra. Sono comunque pochi anche coloro che adottano la tesi contraria: cioè che questo obiettivo potrebbe essere raggiunto aumentando i costi della fibra.

 

Qual è allora la soluzione proposta dagli investitori?

Molti di loro ritengono che il modo migliore per promuovere gli investimenti sia di “creare una regolamentazione più prevedibile sull’accesso”.

 

I fondi di investimento, spiega infine il quotidiano della City, sostengono la Digital Agenda europea e il 62% ritiene che l’aumento della velocità delle connessioni è strettamente legato alla crescita economica. Molti ritengono altresì che le telco non stiano ancora investendo abbastanza sulle nuove reti e prevedono un’ulteriore contrazione dei ricavi del settore alla luce della difficoltà di trovare una strategia adeguata per monetizzare la crescita del traffico dati.

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