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L’accesso a internet non è un diritto umano. Parola di Vinton Cerf

Mondo


La tecnologia è un fattore abilitante dei diritti umani, ma non un diritto in sé. Pensare quindi che l’accesso a internet possa essere considerato un diritto civile o umano è sbagliato perché col tempo si potrebbe finire per includere nella schiera dei diritti umani cose sbagliate.

E’ questo il pensiero di Vinton Cerf, vicepresidente di Google nonché uno dei ‘padri fondatori’ di internet, su un tema molto dibattuto, soprattutto alla luce del ruolo che il web ha assunto nella cosiddetta ‘primavera araba‘.

Dalle strade di Tunisi a piazza Tahrir, le proteste divampate nel mondo lo scorso anno sono state costruite su internet e i molti dispositivi che interagiscono con esso. Anche se è stata la partecipazione popolare a decretare il successo delle manifestazioni contro i regimi, è altrettanto vero che queste manifestazioni non avrebbero mai potuto avere il successo che hanno avuto senza l’apporto di internet e la possibilità di comunicare, organizzarsi e pubblicizzare gli eventi in maniera istantanea attraverso la rete.

La questione se considerare o no internet un diritto umano è quindi particolarmente sentita in quei paesi dove i governi hanno tentato di imbavagliare la rete per mettere a tacere le proteste.

In questi luoghi – come ha sottolineato anche un rapporto delle Nazioni Unite lo scorso giugno – internet è diventato “uno strumento indispensabile per realizzare una vasta gamma di diritti umani”.Negli anni passati, quindi, tribunali e parlamenti di paesi come la Francia e l’Estonia hanno affermato che l’accesso a internet è un diritto umano.

 

Per Vinton Cerf, tuttavia, perché qualcosa possa essere considerata un ‘diritto umano’, deve essere tra le cose di cui gli esseri umani hanno bisogno per “condurre una vita sana e significativa, come la libertà dalla tortura o la libertà di coscienza”. Sarebbe un errore, quindi, considerare una qualsiasi tecnologia un diritto umano perché col tempo si finirebbe per includere in questa eminente categoria le cose sbagliate.

A sostegno della sua tesi,  Cerf porta l’esempio del…cavallo. Un tempo, infatti, non possedere un cavallo rendeva la vita molto difficile. Ma la cosa importante, in quel caso, “era il diritto a una vita dignitosa, non il fatto di avere un cavallo”. Se oggi quello di possedere un cavallo fosse un diritto, insomma, non ce ne faremmo granché.

 

Il modo migliore per stabilire se una cosa rientri nella schiera dei diritti umani è quindi di identificare il risultato che si sta tentando di garantire. Libertà essenziali quali quella di espressione e di accesso alle informazioni non possono essere legate a una particolare tecnologia in un determinato momento. Anche il rapporto delle Nazioni Unite ha infatti riconosciuto “che internet è un mezzo per un fine, non un fine in sé”, ha affermato Cerf..

 

L’accesso a internet, dunque, è solo uno strumento per ottenere qualcos’altro di molto importante anche se – ammette il chief evangelist di Google – chi parla di internet come ‘diritto civile‘ ha forse dalla sua un argomento più forte di chi sostiene che il web dovrebbe essere un diritto umano.  La differenza è che un diritto civile viene conferito per legge non è caratterizzante dell’essere umano.

Anche se nessuno, ad esempio, ha mai sostenuto che possedere un telefono fosse un diritto, siamo giunti molto vicini a questo assunto con la nozione di ‘servizio universale’, ossia l’idea che un servizio telefonico – al pari di elettricità o acqua – debba essere disponibile anche nelle aree più remote di un paese.

“Quando accettiamo quest’idea, siamo vicini al concetto che l’accesso a internet è un diritto civile, perché assicurare l’accesso è una scelta fatta dal governo”, ha spiegato Cerf.

 

Su tutte queste discettazioni filosofiche, si affaccia comunque una questione fondamentale: “la responsabilità dei creatori di tecnologia di sostenere i diritti umani e civili”.

“Internet – ha aggiunto – ha introdotto una piattaforma accessibile ed egualitaria per creare, condividere, ottenere informazioni su scala globale. Come risultato, abbiamo nuovi modi per permettere alle persone di esercitare i loro diritti umani e civili”.

 

In questo contesto, parlando principalmente da membro dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers, Cerf ha affermato che gli ingegneri hanno non solo l’obbligo di dare pieni poteri agli utenti, ma anche quello di proteggerli da minacce specifiche come i virus che invadono silenziosamente i loro Pc.

 

“Migliorare internet è solo un mezzo – seppure importante – per migliorare la condizione umana e deve essere fatto apprezzando i diritti umani e civili che meritano di essere protetti, senza pretendere che l’accesso stesso sia un diritto”, ha concluso Cerf.

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