Italia
Asta o beauty contest per le frequenze tv? Mentre l’Italia si prepara a passare un Natale di grossa crisi all’ombra di una manovra economica fatta di ‘lacrime e sangue’, esperti e operatori continuano a confrontarsi sull’opportunità o meno per lo Stato di rinunciare a questo introito.
Il ministro dello Sviluppo economico e infrastrutture, Corrado Passera, ha detto oggi a Bruxelles che il governo “sta affrontando” la questione dell’eventuale vendita delle frequenze. Uscendo dal Consiglio Trasporti dell’Ue, a un giornalista che chiedeva “con quali tempi?“, il ministro ha risposto: “Quelli giusti“.
Per l’ex ministro Paolo Romani, intervistato dal Giornale dopo che la Lega ha annunciato di essere pronta a votare col Pd a favore dell’asta, “annullare” quanto fatto per assegnare le frequenze tv e “ripartire da zero su un percorso amministrativo ormai in dirittura d’arrivo rischia solo di riaprire una procedura d’infrazione con l’Ue, creare incertezza nel settore, esporre l’Italia al rischio di azioni risarcitorie dagli attuali partecipanti e soprattutto mettere a rischio gli investimenti che gli operatori possono programmare su quelle risorse frequenziali”. Romani ha poi spiegato che il beauty contest “è il passo finale per chiudere una procedura d’infrazione europea per la presunta ‘chiusura’ del sistema tv italiano. Ne derivava la necessità di recuperare frequenze assegnate per poter dare la possibilità a nuovi entranti di accedere al mercato. Un’asta avrebbe favorito chi è già presente da anni sul mercato. Passera – ha aggiunto– saprà sicuramente valutare qual è il sistema più corretto per incentivare gli investimenti privati per le caratteristiche di un settore che si articola in due mercati totalmente differenti, tlc e tv, per dimensione economica, modelli di business e tempi di rientro degli investimenti”.
Roberto Maroni ha spiegato che l’emendamento presentato dalla Lega Nord, che ha appunto l’obiettivo di indire un’asta sulle frequenze tv, punta a “compensare i tagli ai pensionati”. “Abbiamo presentato un emendamento che non vuole punire nessuno – ha detto l’ex ministro dell’Interno – ma vuole recuperare risorse da chi può dare e da chi trarrà grande vantaggio dall’assegnazione di queste frequenze per compensare i tagli ai pensionati o alla povera gente: mi sembra in materia di equità una misura assolutamente giusta e condivisibile”.
In una lettera inviata al Corriere della Sera, pubblicata oggi, Vincenzo Novari, amministratore delegato di H3G, ha detto di dubitare che un cambio in corsa rispetti il principio di affidamento e sia compatibile con le attuali condizioni di mercato.
“Nei mesi scorsi – ha scritto Novari – ci siamo pronunciati pubblicamente contro il trattamento differenziato delle nuove frequenze per le tlc e per la tv, ma ora il rischio è quello di un dietrofront che non aiuta la percezione di serietà e correttezza del nostro Paese. I miliardi investiti in Italia dai nostri azionisti cinesi potevano essere solo l’inizio di quell’afflusso di investimenti esteri così necessari al Pil del nostro Paese.”
“Tutti si riempiono la bocca con la Cina e con la necessità di convincere i grandi investitori dei Paesi con Pil in crescita grazie alla domanda interna. Noi li abbiamo convinti e attraverso il più grande investimento straniero in Italia dopo il piano Marshall, abbiamo creato in 10 anni occupazione, concorrenza sulla banda larga mobile, infrastrutture, innovazione. E questo nonostante il sistema Italia, in cui imperversano grandi lobby e piccoli funzionari dallo smisurato potere”.
3 Italia è parte nella causa delle frequenze televisive del digitale terrestre perché nel 2005 ha acquistato, per circa 230 milioni di euro, Mit Spa e la sua licenza nazionale televisiva in tecnica digitale (DVBT), rilanciata dal Ministero delle Comunicazioni.
“Nel 2008 – scrive Novari – il ministero delle Comunicazioni ha convertito la licenza di 3lettronica in un’autorizzazione generale, valida sia per il DVBT che per il DVBH. Per farla breve, il sistema normativo italiano, sia con Prodi che con Berlusconi al governo, ha riconosciuto in modo inequivocabile che le frequenze acquistate da 3lettronica sono utilizzabili sia per il DVBT e per il DVBH“.
“Lo scorso 16 novembre – prosegue Novari – il Ministero dello Sviluppo economico ci ha autorizzato a trasmettere provvisoriamente in DVBT, riconoscendo ancora una volta il nostro titolo, mentre il 23 novembre l’Agcom ha fatto sapere di non aver ultimato il parere chiesto dal ministero, che il giorno dopo confermava l’autorizzazione provvisoria”, ha commentato ancora Novari.
Tornando al beauty contest, cosa farà il Ministro dello Sviluppo economico?
L’ex amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha spiegato di dover esaminare “le leggi, i regolamenti, e le indicazioni della Ue” e che “è un tema che, mi pare giusto affrontare, alla luce dei sacrifici che vengono richiesti ai cittadini“.
Se fossi al posto di Passera, ha dichiarato al Corriere della Sera Francesco Siliato, docente di Sociologia della comunicazione al Politecnico di Milano, “andrei a Bruxelles a concordare l’annullamento del beauty contest e la definizione di nuove norme. Facendo in modo di impedire agli editori con più di 2-3 multiplex di partecipare all’asta. I pro non mancano: la necessità di racimolare denaro, le pressioni della gente, i tanti ricorsi, il rischio di nuove sanzioni. Quelle frequenze valgono tra i 3 e i 5 miliardi. In un Paese normale non ci sarebbero dubbi”.
Un’asta competitiva non potrebbe ragionevolmente avere luogo prima della primavera 2012, ha asserito Antonio Sassano, autore del primo piano nazionale delle frequenze in qualità di consulente dell’Autorità delle comunicazioni.
Da aggiungere che ‘l’asta 2012’ non avrebbe il solo obiettivo di portare soldi nelle casse dello Stato, ma anche quello di aprire il mercato televisivo a nuovi soggetti, italiani e internazionali. Dando così una risposta seria all’Unione Europea, che, dopo la legge Gasparri, non ci ha fatto pervenire una procedura di infrazione in quanto colpevoli di ‘non aver fatto cassa’, bensì perché sospetti di prolungare nel digitale lo stesso duopolio che ha dominato l’era analogica, facendo a Mediaset, a Rai e non solo a loro un regalone.
A nostro parere, ha spiegato Sassano, ci si potrebbe muovere in due tempi. Primo: innalzare subito, in modo significativo, il canone di concessione per tutti i già titolari di frequenze. Che, lo ricordiamo, sono Rai (4 frequenze più una per il DVBT2, il digitale terrestre del futuro), Mediaset (4 più una per il DVBH, la tv via cellulare), Telecom Italia Media (3), l’Editoriale L’Espresso (2), Dfree (Tarak Ben Ammar, 1), Retecapri (1), Europa 7 (1) e H3G (1, solo per il DVBH).
Secondo le stime di Sassano, un significativo aumento del canone di concessione, proporzionale al fatturato televisivo, potrebbe portare nelle casse dello Stato alcune centinaia di milioni di euro. Non sarebbe un atto risolutivo per i conti pubblici ma darebbe un segnale importante di equità.
L’etere sarebbe così più ‘respirabile’, ma sempre poco concorrenziale. E la ragione è che il cosiddetto beauty contest, con cui vengono regalate altre sei frequenze digitali, è stato congegnato in modo da lasciare che i forti italiani restino forti e i forti stranieri restino fuori. Tanto più dopo l’uscita di Sky Italia dal ‘concorso’. E scontentando anche gli operatori italiani come la Rai e Telecom Italia Media, i cui ricorsi al Tar vengono discussi proprio domani.
Per raggiungere il secondo obiettivo – l’apertura del mercato alla competizione – la strada maestra è quella di sospendere il beauty contest e dare tempo al governo di organizzare un’asta fatta bene, aperta a operatori internazionali. Compresi gli operatori di rete europei, televisivi e non. In modo da sanare un’altra anomalia italiana: diversamente da quelli di altri Paesi, i nostri big sono verticalmente integrati, cioè posseggono le reti di trasmissione e sono nello stesso tempo editori. E, a quest’ultimo proposito, par di capire dalla sua intervista di ieri a La Stampa, che il nuovo capo dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella abbia già deciso di approvare la fusione Mediaset-Dmt, che di fatto trasformerebbe il Biscione in un monopolista delle torri.
Sulla questione delle frequenze pesa anche la posizione delle Tv locali. Marco Rossignoli, coordinatore di Aeranti-Corallo, ha indicato che con il passaggio dalla tv analogica a quella digitale, una parte delle frequenze di trasmissione è stata destinata alla diffusione televisiva da parte degli ex operatori analogici. Un’altra parte è stata invece destinata a nuovi entranti (sei frequenze) per ulteriori trasmissioni televisive (cosiddetto dividendo interno), e, da ultimo (nove frequenze) alla larga banda mobile (cosiddetto dividendo esterno).
E’ tuttavia accaduto – ha proseguito Rossignoli – che mentre tutte le reti televisive nazionali che operavano in analogico hanno ottenuto le frequenze per trasmettere in digitale, diversamente per le televisioni locali è stata avviata una procedura di selezione (allo stato completata nelle regioni Liguria, Toscana, Umbria e Marche e nella provincia di Viterbo), in base alla quale solo le emittenti utilmente collocate nelle relative graduatorie hanno ottenuto l’assegnazione frequenziale.
“In questo contesto – ha aggiunto Rossignoli – è inaccettabile che mentre le tv locali escluse dalle graduatorie pur operando da decenni in tecnica analogica non possano diventare operatori di rete digitale, sia stata allo stesso tempo avviata una gara in modalità beauty contest per l’assegnazione gratuita di sei frequenze per trasmissioni televisive nazionali, con possibilità, peraltro, di assegnare alcune di tali frequenze a soggetti che già eserciscono altri multiplex nazionali“.
Aeranti-Corallo – ha proseguito Rossignoli – chiede pertanto che venga fermato il beauty contest e che due delle relative sei frequenze (pari a un terzo del totale) vengano recuperate al sistema televisivo locale per porre rimedio alle esclusioni dalle trasmissioni già intervenute in Toscana e che si verificheranno presumibilmente in molte altre regioni.
A parere di Aeranti-Corallo – ha aggiunto Rossignoli – le altre quattro frequenze (valutabili circa 1,6 miliardi di euro) potrebbero essere oggetto di una asta competitiva riservata a soggetti che non sono già titolari di altri multiplex di trasmissione.
“In questo modo ne beneficerebbero pluralismo e concorrenza, nonché verrebbero acquisite importanti risorse per il bilancio dello Stato. Auspichiamo pertanto – ha concluso Rossignoli – che il Governo e il Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera scelgano di procedere in tale direzione“.