Italia
Riportiamo di seguito l’intervento del giurista Vincenzo Zeno-Zencovich, Presidente di ISIMM (Istituto per lo Studio dell’innovazione nei Media e per la Multimedialità), in occasione della commemorazione dell’ex Presidente della Fondazione Ugo Bordoni e già Presidente della Rai Enrico Manca, in un convegno tenutosi nella sala della Lupa a Montecitorio.
***
Le persone sopravvivono alla morte grazie a coloro che li ricordano, e questa loro seconda, ma in absentia, vita dipende in gran parte da quanto hanno saputo costruire nella loro prima e materiale vita.
Ricordare Enrico Manca, da parte di chi ne è stato beneficiato in questi ultimi dieci anni attraverso il costante incoraggiamento ed i suoi consigli, è dunque un dovere di riconoscenza, che va oltre le formalità e le circostanze, assumendo i caratteri di quella pietas che la nostra civiltà, a dispetto delle ingiurie dei secoli, coltiva, nutre e tramanda.
Questa sede istituzionale impone di riflettere su quello che potremmo definire il metodo di Enrico Manca, su come in momenti di rapido e tumultuoso cambiamento la Politica debba affrontare i rapporti con la società, per recepirne tutti gli stimoli, ma senza restarne succube.
Enrico Manca, che aveva cominciato a fare politica da giovanissimo, non ha mai perso la consapevolezza che la Politica è necessaria per il governo di un paese, ed è indispensabile per il governo di un paese democratico.
Nei quasi vent’anni di presidenza dell’ISIMM – che egli presenta in un incontro all’Università La Sapienza il 16 luglio 1991 – Enrico Manca non ha mai cessato di pensare in termini politici, e così facendo ha contribuito in maniera significativa al governo di una parte importante, quella più innovativa, del paese.
Volendo sintetizzare i passaggi principali del metodo, politico, di Enrico Manca essi sono:
1. Ascoltare Il partito è, e deve essere, “parte”. Il governo non può essere di parte, e men che meno partigiano. La politica deve innanzitutto ascoltare le voci dei tanti soggetti sociali che rendono viva e feconda una comunità. Ascoltare non è un esercizio fisico, ma il primo luogo una disposizione intellettuale, difficile perchè significa, ogni volta, mettere in discussione quelle idee che ogni persona intelligente e appassionata – ed Enrico Manca lo era par excellence – matura. Ascoltare vuol dire mettere a prova i propri convincimenti, e al tempo stesso innestare un processo dialettico che è l’essenza del dibattito democratico. Il contrario dunque del pre-giudizio, del rifiuto del dialogo e della diversità di opinioni, della demonizzazione delle idee (e delle persone) che non si condividono.
2. Comprendere Ma ascoltare implica una ulteriore fatica intellettuale soprattutto per il politico, per il quale da sempre conta in primo luogo la capacità di comunicare: quella di imparare cose nuove, complesse, tecniche, non per rubare il mestiere ad altri ma per fare meglio il proprio. Enrico Manca nei vent’anni di ISIMM e poi ancor più da presidente della Fondazione Bordoni, ha costantemente allargato le proprie competenze, partendo dal “vecchio” mondo dell’editoria e della televisione, muovendo risolutamente verso l’innovazione e la multimedialità, termini che non a caso si trovano nella denominazione dell’Istituto da lui fondato. E non si è trattato di una conoscenza superficiale e di occasione. Rileggendo le introduzioni ai tanti convegni dell’ISIMM si può tracciare l’itinerario della formazione di una precisa, e competente, visione dei tanti nuovi fenomeni.
3. Scernere Ma alla politica si richiede, nell’interesse della res pubblica, di scegliere fra le tante opzioni quella ritenuta più appropriata. Non certo dunque un ascolto consolatorio e assolutorio, ma attivo, indagatore e valutativo. Enrico Manca non si è mai sottratto alla responsabilità di scegliere, anche quando questo esercizio poteva sembrare superfluo considerando che la sua azione si svolgeva al di fuori delle istituzioni. Scelta dei temi, scelta dei relatori, scelta della impostazione. Non certo per un qualche senso di vacuo estetismo, ma perchè era ben consapevole che tali scelte erano promozionali rispetto ad una opzione a discapito di un’altra.
4. Dirigere La responsabilità di scegliere porta con sè – ed Enrico Manca se ne è sobbarcato interamente il carico – l’onere di far muovere le proprie scelte, promuoverle, farle condividere, vederle trasformare lentamente in quegli atti formali, minuti o di sistema, nei quali si esplica l’attività di governo. Enrico Manca ha saputo volgere a tutto beneficio del paese le sue qualità politiche consapevole del fatto che l’esercizio delle capacità di direzione (cioè di governo) si può svolgere anche senza sedere nella “stanza dei bottoni” ma attraverso un diuturno esercizio di sollecitazione, trasparente ma discreto, nei confronti dei pubblici poteri.
5. Unire Se tutto quanto si è detto finora costituisce una dote di molti politici – e si vorrebbe che lo fosse di tutti – Enrico Manca si è contraddistinto per una rara capacità di unire soggetti spesso antagonisti fra loro, cogliendo i punti sui quali potevano convergere e scegliendo terreni di confronto, sicuramente dialettico, ma aperto e leale. Mentre, altri per foga, passione o, peggio, faziosità, avrebbero fomentato la rivalità, Enrico Manca ha saputo trarre dalle insopprimibili e feconde diversità elementi per far avanzare, da tante prospettive diverse, quella innovazione che rischiava di arenarsi per miopi ostruzionismi.
6. L’economia come motore del progresso Ad un socialista storico come Enrico Manca non poteva sfuggire come i rapporti politici riflettono in larga misura quelli economici che ad essi sottostanno. Ma al tempo stesso ha ben compreso la lezione del socialismo democratico (o, direbbero altri, del socialismo liberale) europeo: senza una forte spinta innovativa il grande mondo del lavoro avvizzisce e si ripiega su rendite corporative, sbarrando la strada ai giovani, ai portatori di nuove competenze. L’attenzione che Enrico Manca ha prestato al mondo delle imprese non ha mai significato rinnegare le proprie origini, ma anzi recuperare quella straordinaria utopia che mosse i socialisti di fine ottocento (Costa, Turati, Treves), convinti che il progresso tecnologico avrebbe portato alla emancipazione delle classi lavoratrici misere, ignoranti e sfruttate. Il coinvolgere le imprese – tutte le imprese – di comunicazione e nuove tecnologie ha significato non una conversione ad una concezione capitalista, ma un preciso disegno politico innovatore. Le imprese come protagoniste del cambiamento, ma non sotto forma di associazionismo di categoria o di lobby, bensì come attori pienamente legittimi della dialettica democratica. E alle loro legittime aspettative di riconoscimento della propria funzione l’ISIMM ha saputo dare una veste inappuntabile, cucita da un sarto – se si può usare la metafora – di eccezione.
7. Fare squadra L’altra straordinaria qualità di Enrico Manca è stata quella di comporre una squadra fissa , ricca di personalità e passione, perennemente in gioco, a cui univa di volta in volta persone esterne, scelte con un preciso disegno di funzionalità ed efficienza. Se Enrico Manca fosse stato un imprenditore sarebbe stato in grado di creare uno fra i tanti “miracoli italiani”. Ma egli ha preferito lavorare per il profitto di tutta la collettività, dimostrando che il fattore umano continua, in tutte le vicende, e a dispetto di miti massificanti, ad essere quello determinante. E il numero delle persone qui riunite ne è la migliore riprova.
In questi tempi non facili commemorare Enrico Manca inevitabilmente porta a riflettere sulle sfide che abbiamo davanti. In fondo, nei primi anni ’90 l’Italia non si trovava in una situazione molto diversa da quella attuale: difficoltà economiche, di governo, di credibilità della classe politica.
Proprio per questo, il suo metodo – in apparenza così semplice, ma frutto di tenace intelligenza – risulta importante non solo perché rende vivo il ricordo di Enrico Manca, ma consente a noi di vivere e operare anche noi in quell’Italia per il cui benessere ha sempre operato.
Anche per questo, e di nuovo, grazie Enrico.