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Pirateria: la tutela del diritto d’autore non può esser perseguita a prezzo di sacrifici economici irragionevoli imposti agli ISP

Italia


La decisione della Corte nella causa SABAM-Scarlet contribuisce a fissare delle fondamentali coordinate nell’agitato mare della proprietà intellettuale nell’era della società dell’informazione (Leggi Articolo Key4biz). Finalmente la Corte va oltre Promusicae (nella quale veniva affermato il primato del diritto al rispetto della vita privata dell’internauta) e chiarisce che la tutela del diritto d’autore in rete non può prescindere da una seria e ragionevole considerazione dei diritti fondamentali – non solo degli utenti, ma anche – delle imprese del settore e segnatamente degli operatori di Internet.

 

L’obiettivo della tutela del diritto d’autore e della repressione dei relativi illeciti, quindi, non può esser perseguito a prezzo di sacrifici economici sproporzionati e irragionevoli imposti agli internet provider. Una diversa impostazione sarebbe incompatibile conla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, fra i quali la libertà d’impresa.

 

Mi sembra un chiarimento assai opportuno in questo momento storico molto particolare, nel quale la giurisprudenza ha in alcune occasioni ecceduto in un’impostazione ipergarantista in favore dei right owners sottoponendo – a volte anche solo surrettiziamente – le imprese di settore allo spettro della responsabilità oggettiva o dell’obbligo generale di vigilanza.

 

L’auspicio è che l’orientamento emerso nella sentenza (e che appare in linea con quello più recente dell’AGCOM) sia sintomo della valutazione del fenomeno da parte delle Istituzioni Comunitarie e trovi a breve conferma nel regolamento sul diritto d’autore in rete in corso di emanazione.

 

D’altronde non può trascurarsi che in un momento di stallo (se non di recessione) dei mercati, il solo settore destinato verosimilmente a crescere è quello dell'”economia digitale” che in Italia vale a oggi – secondo recenti stime – l’1,7% del PIL e che, in ottica di riallineamento allo standard europeo, ha ancora diversi punti da recuperare (in Paesi come la Svezia pesa il 6,3%).

 

Legittimare l’imposizione di nuovi lacci e lacciuoli (non solo normativi o burocratici, ma addirittura tecnici ed economici) avrebbe avuto l’effetto di tarpare le ali a questo potenziale ed irrinunciabile sviluppo.

 

Con la decisione della Corte, inoltre, sembrano per il momento stornati i rischi connessi alla diffusione di massa dei sistemi di filtraggio e di monitoraggio, a più riprese paventati dalle Telcos e dagli utenti: da un lato (per ragioni eminentemente tecniche) il rallentamento della fluidità della Rete, che già non brilla per larghezza di banda in molti Paesi dell’Unione (fra cui segnatamente il nostro), dall’altro (e non solo per ragioni tecniche) una conseguente drastica riduzione del traffico internet.

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