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3D? Per Ingrid Deltenre (EBU), ‘Meglio investire nella Tv a ultra alta definizione’

Europa


Il 3D non ha futuro. Ne è convinta Ingrid Deltenre, direttrice generale della European Broadcasting Union (EBU), il più attivo e influente consorzio di emittenti radiotelevisive pubbliche nel mondo (74 membri in rappresentanza di 56 Stati).

La Deltenre riserva invece tutto il proprio entusiasmo per la Tv a ultra alta definizione (Ultra High Definition Television – UHDTV), com’è ha avuto modo di dire anche in occasione del Prix Italia di Torino.

“Sono consapevole delle centinaia di milioni di dollari incassati grazie al film Avatar, come so anche che i film 3D rappresentano il 20% di tutte le entrate delle sale”.

Tuttavia, ha spiegato la Deltenre, dire che la 3DTV sarà quella del futuro è un’affermazione fantasiosa quanto dire che nei prossimi anni internet renderà obsoleta la televisione.

Il 3D, ha aggiunto, sarà sicuramente una tecnologia preziosa per i broadcaster, ma solo se sarà un optional e non la regola. E questo per tre ragioni: non è per tutti; non può essere usata per tutti i tipi di programmi; non può essere utilizzata immediatamente da tutti gli operatori Tv.

 

La tecnologia 3D non può andar bene per tutti i telespettatori perché, ha spiegato il Dg dell’EBU, può causare problemi alla vista: “Confesso di avere qualche problema agli occhi quando guardo un programma in 3D e non sono l’unica”.

Le ricerche mostrano, infatti, che il 5% della popolazione non è in grado di guardare in 3D perché il cervello non riesce a fondere le due immagini, quella di destra e quella di sinistra, in una sola. I produttori raccomandano poi di levare gli occhialini a intervalli regolari e di solito non possono essere tenuti per più di un’ora.

In altre parole questo significa che il 3D  è più adatto alla visione di eventi speciali che non di tutti i tipi di programmi. Il pubblico deve sapere che questa tecnologia va usata con cautela e soprattutto bisogna assicurarsi di causare il minimo disagio agli occhi.

Le Tv pubbliche devono fornire un servizio ‘universale’, fornendo contenuti accessibili a tutto il Paese. Questo non toglie che si possano trasmettere programmi in 3D ma devono essere solo alcuni e non l’intero palinsesto. 

 

Altra questione: il 3D non è adatto per tutti i tipi di programmi. Perché? Per avere un effetto realistico è necessario che le telecamere riprendano i soggetti a una distanza tra uno e quattro metri. Questo purtroppo non può valere per tutti gli eventi. Lo si può fare, per esempio, per gli incontri di boxe o tennis, dove le riprese vengono fatte a una distanza ravvicinata, ma non per tanti altri.

La gente solitamente vorrebbe vedere in 3D sul proprio televisore gli eventi a cui non può partecipare di persona, come le partite di calcio oppure i concerti, ma le riprese in questo caso non possono essere effettuate alla distanza necessaria richiesta, si rischia altrimenti di fornire immagini innaturali, quello che gli esperti chiamano effetto del ‘teatro delle marionette’.

 

Il 3D non è per tutti I broadcaster. ‘Non è un caso – ha detto la Deltenre – che al momento la maggior parte dei programmi in 3D vengano offerti sulla pay-Tv”.

In Europa, per esempio, Sky trasmette i propri servizi in diversi Paesi, in Francia Orange, negli Stati Uniti DirecTv ed ESPN. In Corea sono state avviate delle sperimentazioni e in Giappone è stato lanciato un servizio via satellite. Alcune Tv pubbliche, come la BBC ma anche la Rai, hanno lanciato dei test, ma non ne hanno fatto una priorità nei loro piani aziendali.

“Non ha senso pensare al 3D – ha ribadito il Dg dell’EBU – quando è ancora in corso la transizione all’alta definizione”.

In più, c’è una grossa richiesta da parte del pubblico di alta definizione più che di 3D. La maggior parte dei membri dell’EBU pensano quindi giustamente prima a fornire i servizi di HDTV per poi guardare seriamente alla 3DTV.

 

La Deltenre ha ricordato che le emittenti del servizio pubblico devono essere estremamente attente e responsabili su come spendono i soldi pubblici loro affidati e sarebbe fuorviante sostenere che il lancio di un servizio 3DTV sia privo di rischi, soprattutto in considerazione della complessa storia di questa tecnologia. Non possiamo ignorare i fallimenti che il 3D ha avuto in passato.

Se guardiamo indietro, ci rendiamo conto che ciclicamente il 3D è stato di moda fino a quando i telespettatori non hanno perso il loro interesse”.

E’ successo negli anni ’30, poi negli anni ’50 e s’è ripetuto nuovamente negli anni ’80. Oggi la tecnologia s’è evoluta e con l’uso della tecnologia digitale si sono ridotti notevolmente i problemi legati alla visione di questo tipo di immagini. Ma piacerà ancora alla gente e per quanto tempo?

 

“Non bisogna poi tralasciare – ha detto la Deltenre  – che al momento si sta lavorando allo sviluppo dell’Ultra High Definition Television. La UHDTV offre un’immagine così dettagliata con un coinvolgimento tale nella scena che può essere paragonata alla stessa, se non addirittura migliore, esperienza del 3D”.  

E’ vero, ha ammesso il Dg dell’EBU, che la Tv a ultradefinizione necessita di maggiore capacità produttiva e di uno spettro più ampio, ma che senso avrebbe investire oggi nel 3D se questa tecnologia potrebbe presto essere superata dall’UHDTV? Sarebbe ragionevole piuttosto aspettare o accelerare il passaggio all’ultradefinizione.

 

Infine – ha sottolineato la Deltenre – vi ricordo che siamo alle soglie dell’era della Tv ibrida (trasmissione di contenuti web sulla Tv). Nonostante i problemi legati al gran numero di standard so che potrebbe rappresentare un vero cambiamento per il broadcasting e l’industria in un modo che non possiamo neanche immaginare”.

Una delle priorità delle Tv pubbliche deve essere proprio quella di sfruttare le opportunità offerte dalla trasmissione ibrida.  “Sono convinta che la nostra sopravvivenza dipende più da questo che dal 3D”.

Sicuramente il 3D è un’esperienza che va considerata per fornire un ulteriore servizio al telespettatore. Le Tv pubbliche devono operare questo passaggio seguendo però la domande del pubblico. Consapevoli anche dell’incertezza di questa tecnologia, che richiede investimenti ed energie ma che potrebbe perdere presto il favore del pubblico, com’è successo in passato.

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