Italia
Come era prevedibile, la decisione di sottrarre alle Tlc gli 800 milioni di euro derivanti dall’incasso dell’asta delle frequenze LTE ha provocato tensioni tra il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani e quello dell’Economia Giulio Tremonti. Tensioni che sarebbe tra i motivi alla base della decisione di rinviare a un nuovo Consiglio dei ministri che sarà convocato per domani il via libera del ddl Stabilità.
Per quanto lodevole sia l’intenzione di destinare parte di quei fondi alla cultura – un trend decisamente inverso a quello seguito finora dall’esecutivo – la decisione ha provocato non pochi malumori, dal momento che era stato già stabilito che la metà del surplus della recente gara delle frequenze del dividendo digitale (1,6 miliardi di euro) sarebbe tornata al settore delle telecomunicazioni sotto forma di misure a sostegno della crescita della banda larga. I 4 operatori tlc italiani, del resto, hanno speso quasi 4 miliardi di euro per un bene che non sarà disponibile prima di un altro anno e mezzo, contribuendo anche – con una cifra pari a 2,4 miliardi – a coprire una parte delle spese previste dalla legge Finanziaria.
Una voltafaccia che non è piaciuto al ministro Romani che, secondo fonti vicine al governo, avrebbe criticato il collega titolare dell’Economia per non averlo consultato nella stesura della Legge di stabilità.
Dalla bozza circolata ieri (precisamente nell’articolo 6) è emerso infatti che i fondi inizialmente indirizzati alle tlc sarebbero stati dirottati per il 50% al fondo ammortamento dei titoli di Stato e per l’altro 50% al fondo istituito con legge del 2009 presso il Ministero dell’economia per “interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi a eventi celebrativi”.
“Romani ha rivendicato il suo ruolo di coordinatore dei provvedimenti economici e ha contestato Tremonti sia sul metodo che sul merito”, ha riferito la fonte.
Il ministro Romani chiede, quindi, modifiche alla legge e non è il solo.
Al coro delle proteste si è unito anche Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni e responsabile Forum Ict del Partito Democratico, che auspica un ripensamento sul no ai fondi per l’economia digitale.
“E’ assurdo – afferma Gentiloni – che dopo un investimento di 4 miliardi per le frequenze da parte delle imprese del settore, nemmeno un euro degli 800 milioni promessi venga reinvestito per lo sviluppo della banda larga”.
Assurdo perché, afferma ancora l’ex ministro, è ampiamente dimostrato che “investire sul digitale, eliminando il digital divide innanzitutto nei distretti industriali, produce un effetto moltiplicatore senza eguali sul complesso dell’economia”.
Una decisione ‘miope’, insomma, da parte di un Governo che, conclude Gentiloni, “rispetto allo sviluppo della Rete privilegia grandi regali di frequenze alla televisione e grandi opere di dubbia utilità come il Ponte sullo Stretto”.