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Mentre continua il blackout dei servizi BlackBerry e sui social network monta la rabbia degli utenti, RIM – la società canadese che lo produce – deve affrontare anche il pressing degli investitori, una parte dei quali sembra sempre più decisa a vendere il portafoglio di brevetti della compagnia, o quanto meno a frazionarla in due entità separate.
L’ultimo azionista in ordine di tempo a far sentire la sua voce è Jaguar Financial Corp, una banca d’affari di Toronto che sta cercando il sostegno di altri investitori per portare avanti il suo piano di riorganizzazione della società.
Al momento, ha fatto sapere Jaguar, la sua ‘campagna’ è sostenuta da un gruppo di investitori che in totale possiede l’8% di RIM, ma la banca sta cercando di arrivare ad almeno il 12%.
Il ‘piano’ di Jaguar include l’allontanamento dei due co-Ceo, Jim Balsillie e Mike Lazaridis, che hanno fatto di RIM una “società reazionaria che cerca di competere in un’industria innovativa”, ha affermato in un’intervista Vic Alboini, presidente e Ceo di Jaguar.
RIM, ha aggiunto Alboini, è penalizzata “da un management dominante e dalla mancanza di un organismo di vigilanza, che rende la società priva di una guida”.
“I tempi sono maturi per l’arrivo di un nuovo Ceo”, ha affermato ancora, sottolineando la necessità di un presidente indipendente alla testa di RIM.
A giugno, anche gli azionisti della Northwest & Ethical Investments hanno chiesto una separazione tra i ruoli di Chairman (presidente) e Ceo (amministratore delegato), mettendo in discussione l’attuale duplice struttura di gestione.
Ieri, il gruppo canadese è stato subissato dalle proteste degli utenti: la paralisi non ha riguardato solo l’area Emea, come si era creduto in un primo momento, ma anche gli Usa, il Canada e l’America Latina. RIM ha fatto sapere che il blocco dei servizi è stato causato da un “problema occorso nell’ambito di un’operazione di trasferimento dati all’interno dell’infrastruttura centrale”. Questo guasto ha provocato un sovraccarico nel sistema di backup, che ha avuto come conseguenza un pesante accumulo di dati in coda e ha, quindi, impedito agli utenti di accedere alla posta, ma anche ai servizi di navigazione internet e di messaggeria istantanea.
“Stiamo cercando di ritornare alla normalità il prima possibile”, ha assicurato la società, ma questo non ha placato l’ira della gran parte dei suoi 70 milioni di clienti, sparsi per l’Europa, il Sud America e gli Stati Uniti: molti fra questi hanno minacciato di abbandonare il BlackBerry in favore di altre piattaforme, Apple o Google.
Un danno d’immagine di non poco conto, che si aggiunge al pressing degli azionisti, sempre più scontenti delle performance finanziarie di quello che fino a pochi anni fa era il leader dei ‘telefonini intelligenti’. Dispositivi amatissimi soprattutto dagli uomini d’affari, che potevano contare su un sistema di comunicazione sicuro e a prova di intercettazione, grazie a un sistema di cifratura che rende praticamente impossibile decrittare i messaggi.
Nell’ultimo trimestre, i profitti di RIM sono calati del 10% rispetto a un anno prima e gli utili sono scesi del 60% e il tablet PlayBook, che avrebbe dovuto sfidare l’iPad ha venduto poco più di 700 mila unità in sei mesi, fallendo, quindi, il suo compito di risollevare le sorti della società.
Solo negli Usa, lo scorso anno sono stati persi quasi 4,5 milioni di clienti e qualsiasi ‘emorragia’ nell’area Emea sarebbe un serio problema per RIM.
Gli Stati Uniti sono sempre stati il mercato di riferimento per la società canadese, che ora conta nel paese solo 16 milioni di utenti e ne perde in media mezzo milione al mese.
Secondo l’analista Horace Dediu di Asymco, a meno che non succeda qualcosa di drastico, la società potrebbe perdere la sua intera base utenti statunitense entro la fine dell’anno prossimo.