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Economia digitale: sempre più ampio il divario tra Nord e Sud Europa. In Italia l’internet economy vale 31 mld di euro

Europa


Si amplia sempre di più il divario digitale tra nord e sud Europa: lo conferma il report “Sizing the Digital Economy” di Boston Consulting Group, secondo cui paesi come la Danimarca, la Svezia e il Regno Unito stanno cogliendo dal contributo di internet al PIL il doppio dei benefici rispetto, ad esempio a Spagna e Italia.

 

Secondo il rapporto – che fornisce una valutazione dell’impatto di internet sull’economia sia in termini attuali che prospettici – mentre nei paesi nordeuropei l’economia digitale contribuisce al PIL in misura compresa tra il 5,8% e il 7,2%, questa percentuale si ferma all’1,9% in Spagna e al 2,2% in Italia.

L’apporto dell’economia digitale al PIL, nel 2010 è stato di 31,5 miliardi di euro, in crescita del 10% rispetto ai 28,8 miliardi del 2009. Se internet fosse un settore, specifica lo studio BCG, il suo contributo alla crescita del PIL sarebbe stato dell’8% nel 2010.

Da qui al 2015 – secondo lo studio –  l’Internet economy rappresenterà 59 miliardi di euro, pari al 3,3% del PIL italiano, con una crescita annua del 13% rispetto al 2009. Tenendo in considerazione anche l’apporto dell’mCommerce, la cifra potrebbe attestarsi a 77 miliardi di euro, per una crescita media annua del 18% e un apporto sul PIL del 4,3%.

“Per ogni euro di crescita del PIL italiano da qui al 2015, in media 15 centesimi potranno essere riconducibili all’espansione dell’internet economy”, dice lo studio.

Tra 4 anni, comunque, saremo sempre al di sotto degli attuali livelli dei paesi che guidano la classifica.

 

Lo studio misura altresì il livello di ‘e-intensity‘ in 35 paesi. La determinazione di questo parametro si basa su tre aspetti: disponibilità e diffusione della banda larga fissa e mobile (Enablement); spesa totale di consumatori e imprese per acquisti e pubblicità online (Expenditure); livello di attività di consumatori, istituzioni e imprese che usano internet (Engagement).

Anche in questo caso, il divario tra paesi quali Regno Unito, Germania, Francia e Svezia e altri – come Portogallo, Italia, Grecia e Spagna – è netto ed evidente.

Ai primi posti, in termini di ‘e-intensity’, Danimarca, Corea del sud e Giappone, che ottengono un punteggio superiore a 100 (il massimo è 200). L’Italia, invece, è al penultimo posto con 63 punti, prima della Grecia e con valori molto simili ai paesi dell’est Europa come Polonia, Slovacchia e Ungheria.

Analizzando i diversi sottoindici, il nostro paese è al 21esimo posto su 28 in termini di Enablement, davanti ad altri paesi tecnologicamente avanzato come gli Stati Uniti e il Canada – grazie alla penetrazione della banda larga mobile – ma è al penultimo posto in termini di Expenditure, lontana dal vertice occupato da Regno Unito e Danimarca. Pesa, in questa valutazione, la limitata diffusione dell’eCommerce e lo scarso utilizzo del web come vetrina pubblicitaria. Penultimo posto anche per quanto riguarda l’Engagement, settore dominato da Olanda e Paesi scandinavi. Il livello di attività varia notevolmente passando da una situazione ‘discreta’ per i consumatori, ‘nella media’ per le istituzioni e sotto la media per le imprese.

 

Le prospettive sono comunque positive: l’eCommerce sta crescendo in maniera rapida (14%) rispetto ad altri paesi e anche la crescita dell’advertising (15%) è stata superiore a quella della Francia (8%), del Regno Unito (9%) e degli Usa (13%).

 

A ‘salvare’ l’Italia è, comunque, la passione per i telefonini anche nella loro accezione più moderna: gli smartphone. Ne circolano nel nostro paese 15 milioni e le potenzialità sono enormi soprattutto per il mobile commerce.

Dallo studio emerge che il 3% degli italiani dotati di smartphone lo usa per effettuare acquisti online (biglietti per treni, aerei, libri e così via). Il 10% dei proprietari di smartphone si dichiara inoltre interessato a usarlo per comprare servizi o prodotti in rete contro il 3% e il 4% registrati, rispettivamente in Germania e Francia.

 

Il rapporto fornisce anche qualche informazione sulle crescita delle PMI e il ruolo di Internet. Secondo la ricerca, i ricavi delle PMI che utilizzano Internet in modo efficace sono cresciuti in media del 4% negli ultimi tre anni in particolare in Belgio e nel Regno Unito. In Italia questa percentuale si ferma all’1,2% (rispetto a un calo del 4,5% per le PMI totalmente offline): risulta infatti dallo studio che i consumatori del bel paese usano internet per informarsi sui prodotti, che poi, però, vengono acquistati nei negozi tradizionali.

Il valore delle merci ricercate online e quindi acquistate nel mondo reale (ROPO) ha raggiunto nel 2010 un valore di 17 miliardi di euro. Sommando il valore dell’e-Procurement della PA (7 miliardi di euro nel 2010) e del ROPO all’internet economy in senso stretto, l’impatto totale diretto e indiretto è di circa 56 miliardi di euro nel 2010.

 

BCG sottolinea che, mentre le PMI stanno facendo del loro meglio nel tentativo di sfruttare i vantaggi di internet, i governi dovrebbero fare di più nel miglioramento delle infrastrutture.

 

Il rapporto è stato commissionato da Google e attinge ai dati prodotti da diverse istituzioni, compreso l’ONU e il World Economic Forum.

 

David Dean, senior partner di Boston Consulting, ha affermato: “Certo, senza le infrastruttura niente può accadere. Ma non sempre le infrastrutture sono sufficienti: è importante anche incoraggiare le imprese, i governi e i consumatori ad andare online e i decisori politici ad assumere un atteggiamento ‘attivo’ verso il web”.

 

Perché l’Internet economy si sviluppi appieno nel nostro Paese e l’Italia possa trarne i massimi vantaggi, sottolinea lo studio, bisogna seguire tre linee direttive: innanzitutto bisogna favorire lo spostamento sul web delle PMI, che costituiscono la gran parte del tessuto produttivo italiano e potranno così ampliare il loro bacino d’utenza anche oltre i confini nazionali.

E’ necessario poi sviluppare il mobile commerce in tutte le sue forme, sfruttando la notevole propensione degli italiani all’utilizzo dei dispositivi mobili. Bisogna, infine, educare i consumatori e le imprese, stimolando e guidando lo sviluppo dei loro comportamenti con iniziative volte a trasmettere messaggi sulla sicurezza dei pagamenti online e sulla navigazione sicura e aumentando l’offerta dei servizi online della PA.

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