Italia
L’esborso per l’asta delle frequenze 4G – circa 1,2 miliardi di euro – non impatterà sui conti di Telecom Italia. Lo ha affermato l’amministratore delegato Marco Patuano che ha confermato i target previsti per il 2011 e ha ribadito: “La società non ha bisogno di un aumento di capitale”.
“Abbiamo già spiegato – ha detto Patuano – che c’è un programma commerciale che ci vede seguire una disciplina economica e finanziaria che ci porterà a raggiungere i target previsti”.
Già diverse volte il management aveva sottolineato che, anche se l’asta era prevista per il 2012 e non per quest’anno, sarebbe bastata comunque una semplice correzione, senza variazioni o impatti negativi sui conti. E anche il presidente Franco Bernabè, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, ha spiegato che Telecom Italia non ha bisogno di ricorrere al mercato finanziario per sostenere l’acquisizione e gli investimenti nelle frequenze 4G.
L’ad lo ha quindi ribadito: la società non ha bisogno di un aumento di capitale, avendo a sua disposizione “un’ampia riserva di liquidità” che permetterà di non fare ricorso ai mercati finanziari per oltre due anni.
“Il nostro free cash flow è molto polverizzato – ha spiegato Patuano – e questo è un punto di forza straordinario”.
“Siamo molto rigorosi, molto disciplinati”, ha aggiunto, preferendo però rimandare a marzo ogni discussione sul dividendo, dopo che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha ipotizzato una possibile riduzione del payout.
La richiesta di un aumento di capitale – nell’ordine dei 5 miliardi di euro – era arrivata ieri dagli azionisti riuniti nell’associazione Asati, guidata da Franco Lombardi (Leggi articolo Key4biz). Che oggi, a fronte di queste nuove dichiarazioni, ribadisce invece la necessità di effettuare l’aumento di capitale anche in Italia oltre che in Brasile, “perché se è vero che in Brasile è giusto perché è un Paese in forte sviluppo, in Italia è ancor più stringente per difendere e mantenere il livello dei ricavi” .
“La soluzione – sottolinea l’associazione – consentirebbe di affrontare subito le tematiche inerenti lo sviluppo della nuova rete mantenendo la proprietà; contribuirebbe allo sviluppo del sistema-Paese; valorizzerebbe l’investimento sia dei piccoli azionisti sia di tutti gli stakeholders; tutelerebbe i livelli occupazionali in Italia” (leggi articolo Key4Biz)
Per quanto riguarda il mercato italiano, ha chiarito quindi Patuano, “…abbiamo riposizionato il nostro portafoglio adeguando le nostre tariffe a quelle dei competitor. In più, abbiamo continuato a investire sulla rete, che ha una qualità molto buona, e questo è utile perché c’è sempre più richiesta di servizi Internet e mobile, e su quello stiamo andando molto bene”.
Dalle pagine del quotidiano finanziario, il presidente esecutivo del gruppo italiano ha spiegato che gli investimenti per l’acquisto delle frequenze per i servizi mobili di nuova generazione “saranno spalmati su cinque anni e Telecom ha le risorse per far fronte al costo delle frequenze e agli investimenti necessari per sviluppare la rete”.
Bernabè ha sottolineato anche il grave rischio di ‘immobilismo’ che corre il nostro Paese, per il fatto che le frequenze saranno disponibili non prima di un altro anno e mezzo. Situazione che, di fatto, impedisce di avviare subito gli investimenti nelle nuove reti e di dare, quindi, impulso alla domanda e all’economia.
“Invece – ha detto Bernabè – abbiamo pagato per qualcosa che non c’è, in un quadro di grande incertezza”.
Una certezza, comunque, dall’asta del dividendo digitale è emersa e riguarda il fatto che sul mercato italiano non c’è posto per quattro operatori.
“Ha un senso industriale che il mercato della telefonia mobile si razionalizzi”, ha spiegato Bernabè smentendo tuttavia l’ipotesi che Telecom Italia sia intenzionata ad acquistare Tre Italia. “Non abbiamo ambizioni di prendere iniziative”, ha affermato.
Un possibile interesse verso il ‘dossier’ Tre Italia è stato smentito anche dall’ad di Wind Ossama Bessada, che comunque si è detto d’accordo con Bernabè anche sul fatto che non ci sia spazio per 4 operatori e che la difficile situazione economica, unita alla pressione regolatori, spingeranno verso il consolidamento del mercato.
“Sono totalmente d’accordo con il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, quando afferma che quattro operatori di telefonia mobile nel mercato italiano sono troppi”, ha affermato.
“Questo è vero ancor di più dopo la gara delle frequenze, dopo che quelle della banda 800, che sono essenziali, sono andate solo a tre operatori. Penso quindi – ha concluso Bessada – che ci sia un operatore con qualche problema”.