Italia
Il web italiano è in piena mobilitazione. Il Ddl sulle intercettazioni contiene ancora la norma che impone a siti e blog, professionali e non, l’obbligo di rettifica dietro semplice richiesta fondata o infondata, pena sanzioni da 12.000 euro. In altre parole, spiega Il Sole24Ore, se “il Governo dovesse decidere di portare all’approvazione con voto di fiducia il Ddl, vale a dire con una formula che impedisce de facto la modifica del testo in Parlamento, si tornerebbe a parlare di legge bavaglio o di legge ammazza blog”.
L’avvocato Guido Scorza, esperto in tematiche legali legate al mondo del web, dichiara che “il testo del Ddl intercettazioni attualmente in Parlamento contiene, ancora, la famigerata norma ‘ammazza blog’ che impone ai gestori di tutti i siti informatici l’obbligo di procedere alla rettifica di ogni contenuto pubblicato dietro semplice richiesta – poco importa se fondata o infondata – del soggetto che se ne ritiene leso”.
Nel testo, e in particolare al comma 29 dell’Articolo 3 del disegno di legge, è previsto che “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, con l’aggiunta della clausola “senza commento”.
Scorza sottolinea come la sanzione pecuniaria prevista in caso di mancata rettifica, 12.000 euro, non faccia distinzione tra blog e media tradizionali e, ancor di più, tra siti e blogger professionali e blogger amatoriali, per i quali è evidente che l’entità della sanzione diventi di per sé un’arma di pressione e un forte limite alla libertà di espressione.
Scorza commenta che “Imporre un obbligo di rettifica a tutti i produttori ‘non professionali’ di informazione, significa fornire ai nemici della libertà di informazione, una straordinaria arma di pressione – se non di minaccia – per mettere a tacere le poche voci fuori dal coro, quelle non raggiungibili, neppure nel nostro Paese, attraverso una telefonata all’editore e/o al principale investitore pubblicitario”.
Quanti blogger rischierebbero 12 mila euro per difendere la loro libertà di parola?
“Sarebbe davvero una sciagura per la libertà di parola sul web se, preoccupato di assecondare l’urgenza della maggioranza nell’approvazione del Ddl, il Parlamento licenziasse il testo nella sua attuale formulazione”.
Intanto per giovedì 29 settembre, quando il Governo si appresterebbe a ripresentare il testo del disegno di legge in aula, la Federazione Nazionale della Stampa ha organizzato a Roma una manifestazione di protesta, “per dire di nuovo no al reiterato tentativo del governo di imbavagliare l’informazione con una legge sulle intercettazioni“.
Il senatore del Pd, Vincenzo Vita, sul proprio sito scrive: “Nel testo che il Governo si accinge a ripresentare sembra profilarsi di nuovo anche la norma liberticida sulla rete: su rettifica e quant’altro. C’è già stata una grande mobilitazione in passato, che è riuscita a bloccare le intenzioni autoritarie di Berlusconi. Sarà doveroso, già a partire dalla manifestazione promossa dal comitato per la libertà e il diritto all’informazione giovedì prossimo, costruire una mobilitazione fortissima che blocchi anche questa volta le velleità antistoriche di un premier che forse vuole riscrivere l’Italia al ristretto club dei forcaioli (Iran, Cina, Corea…)”.
Sulla sua pagina di Facebook, il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, scrive che “Il governo prova ancora una volta a mettere il bavaglio al web (..) La rete si sta già ribellando e state certi che anche noi dell’IdV non staremo con le mani in mano”.