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Israele e l’internet economy: un modello di politiche coerenti. Come persone, idee e soluzioni costruiscono valore per la nazione

Israele


Alcune settimane fa sono stato in Israele per una serie d’incontri con società di innovations e new media, nel quadro di un’iniziativa promossa dal locale Ministry of Industry, Trade & Labor in vista dell’EXPO IBC che si terrà ad Amsterdam a partire da oggi e sino al 13 settembre.

E’ stato un viaggio coinvolgente e stimolante.

Coinvolgente per la cultura del Paese, i caratteri delle persone, le radici antiche della loro cultura e stimolante per il livello e la qualità delle società incontrate.

Moltissimi giovani, con grandi competenze e con una mentalità aperta e global, pur se fortemente radicata nel local.

E’ stata una di quelle esperienze che non ti lasciano insensibile al contesto in cui ti trovi, che ti emozionano e che sono capaci di scatenarti sensazioni forti.

Non ero mai stato in Israele e ho vissuto per alcuni intensi giorni un mix che mi ha messo in contatto a distanza di poche ore, da un lato, con il meglio della tecnologia mondiale e, dall’altro, con le radici più antiche della nostra civiltà.

Un insieme di tradizione e innovazione che si può incontrare solo lì.

Vedere le tracce tangibili e i luoghi dove è nato tutto, o quasi, ciò che riguarda il nostro modo di vivere e di pensare (quei luoghi sono uno dei vertici della cosiddetta Mezzaluna Fertile che costituì la culla di ogni civiltà) è stata un’emozione forte e indimenticabile, che ho deciso di ripetere periodicamente.

Naturalmente la mia più grande curiosità era rappresentata dal miracolo dell’economia di internet in Israele.

Ero curioso di entrare in contatto con le società che la rappresentano, con le persone, con i meccanismi di sostegno all’innovazione e alle start-up, in un Paese che può esso stesso esser definito una Start-up Nation, ricordando il titolo del best seller di Dan Senor e Soul Singer.

Oggi Israele è primo al mondo per percentuale d’investimenti in Ricerca e Sviluppo, oltre che per disponibilità di personale ingegneristico e scientifico qualificato in percentuale sulla popolazione.

E’ al secondo posto al mondo, dopo gli Stati Uniti, come mercato per il Venture Capital e per competenze in Information Technology.

E’ al terzo posto al mondo per technological readiness e flessibilità e adattabilità della propria forza lavoro.

Infine è al quarto posto al mondo per qualità delle organizzazioni di ricerca (Cfr. World Economic Forum- The Global Competitiveness Report e IMD World Competitiveness Report).

L’economia di internet (investimenti, ricerca e sviluppo, applicazioni, esportazioni) che ha cambiato il volto dell’economia dello Stato di Israele ha contribuito con modalità ineguagliabili allo sviluppo delle soluzioni innovative e di Ict che sono usate in tutto il mondo.

Una rapida carrellata su alcune delle Top Innovations che provengono dall’economia di internet di Israele, da l’idea della forza e della qualità di contribuzione di questo Paese allo sviluppo dell’innovazione mondiale.

E si tratta solo di alcune delle più importanti innovazioni nel mondo Ict e nella comunicazione elettronica.

Israele è uno dei Paesi in cui internet ha rappresentato un motore senza pari di sviluppo e di crescita non solo economica, ma anche di competenze e conoscenze, coinvolgendo in un arco di tempo relativamente breve, un decennio e mezzo o poco più, il mercato, l’università e più in generale l’intera società nazionale.

Internet è quindi importante per l’economia del Paese, anzi è uno dei principali propulsori della crescita economica nazionale: rappresenta il 7% circa del PIL (pari a circa 60 mld. di NIS), con una previsione di superamento della soglia del 10% per il 2015, e dà occupazione a oltre 120.000 persone (il settore registra un incremento occupazionale doppio rispetto agli altri settori dell’economia nazionale).

Gli investimenti giocano ovviamente un ruolo determinante nell’economia di internet e le aspettative sono di una loro crescita annua dell’8%, pari complessivamente al 2% del PIL nel 2015.

Difficile comprendere lo sviluppo d’internet nell’economia israeliana, se non si considerano gli elementi di contesto nei quali si è collocato tale sviluppo.

Non si tratta solo di un Paese continuamente sollecitato dallo stato di guerra, anche se la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie riceve un innegabile impulso da tale esigenza, né si può ricondurre tale capacità alle migrazioni di matematici ed ingegneri ebrei dalla Russia verso Israele a seguito della caduta dell’Unione Sovietica.

Il risultato straordinario di capacità innovativa di questo Paese è dato dalla necessità di risolvere quotidianamente problemi enormi, cercando soluzioni che ne assicurino la praticabilità a lungo nel tempo.

In questa chiave, giusto per citare due esempi, vanno lette le soluzioni di livello mondiale delle tecnologie israeliane nel campo delle energie rinnovabili (e su tutte quelle solari), in un Paese cui certo non manca il sole, ma in cui la condizione di isolamento può comportare enormi problemi energetici, e le tecnologie di individuazione e sfruttamento di falde acquifere a centinaia e centinaia di metri di profondità (in un Paese a rischio di desertificazione e con fabbisogni alimentari crescenti).

Ma senza dubbio, il successo israeliano dell’economia di internet non ha goduto di alcuna circostanza occasionalmente favorevole: l’isolamento locale e l’accerchiamento territoriale del Paese o le condizioni di sicurezza al limite della sopportabilità che possono esporre a rischi anche il semplice ricercatore, sono tutti elementi che impongono cautela, ma che non hanno intaccato la determinazione delle scelte governative nell’assegnare all’economia di internet un ruolo determinante per la crescita del Paese.

Scelte che hanno puntato sulle persone, sulle competenze, sulle idee, in una parola su politiche coerenti e coordinate.

Agli inizi degli anni Novanta, Israele saltava alla mente dell’immaginario collettivo internazionale per la presenza costante nelle cronache internazionali di guerra o per la produzione intensiva di agrumi.

Non esistevano fondi di Venture Capital, si registravano solo alcuni successi di ricerca e sviluppo, ma con altrettanta frequenza si scontavano dei fallimenti di marketing o di rispetto delle regole di mercato del just on time, vi erano pochissime IPO ed erano pressoché assenti casi significativi di Merger & Acquisition.

Su tutto pesava infine uno stato di chiusura verso le dinamiche internazionali del mercato.

A distanza di un decennio, la situazione fu completamente ribaltata.

Agli inizi del 2000 in Israele si registrarono 60 fondi di Venture Capital, con una raccolta complessiva di oltre 10 miliardi di dollari, accordi di Merger & Acquisition per oltre 17 miliardi di dollari, vennero fuori le prime due società israeliane di internet presenti al Nasdaq e un esercito di grandi marchi dell’IT e ICT mondiale si mossero tutti verso Israele per aprire laboratori di ricerca e linee produttive, dopo aver scoperto la capacità dei ricercatori e la flessibilità dei lavoratori israeliani.

Motore di questa impennata fu il Programma Yozma, un fondo dei fondi lanciato nel 1993 con una dotazione di circa 100 milioni di dollari e con l’obiettivo di assicurare un trasferimento di competenze degli investitori, proprio per coprire il punto debole delle iniziative hi-tech di Israele di quegli anni, che non riusciva a sfondare sui mercati internazionali, nonostante la qualità e la rilevanza delle prime realizzazioni della nascente economia di internet.

L’obiettivo era lanciare un nuovo mercato, sviluppando nuove imprese fondate su nuove idee.

E i risultati furono sorprendenti.

A Yozma I seguì Yozma II e lo schema è tuttora perfettamente funzionante, con l’obiettivo di attrarre sempre più investimenti nell’Hi-Tech israeliano e facilitare ulteriormente i gia significativi processi di internazionalizzazione delle nuove imprese israeliane.

Insomma un modello inedito di creazione nazionale di valore.

Un modello valido per tutti e innanzitutto per l’Italia, che potrebbe raccogliere molti suggerimenti dall’esperienza israeliana.

Occorrerebbero però nuove politiche e forse una diversa mentalità di guardare all’innovazione da parte della nostra classe dirigente, che avrebbe il dovere di assicurare un supporto vero alle straordinarie potenzialità che il tessuto delle piccole imprese italiane di Hi-tech possiede, ma che rischiano di rimanere frustrate in assenza di politiche adeguate.

Ma questa è un’altra storia.

Per una maggior conoscenza di alcune delle aziende israeliane nel campo dell’innovation e dei new media, vi invito a consultare l’elenco che troverete a piè di pagina, attraverso il quale potrete vedere le presentazioni che ciascuna di esse ha preparato per il lettore italiano.

Un ringraziamento particolare a Michela Vitulano (Ufficio Commerciale dell’Ambasciata d’Israele in Italia) e Lee Aviram- Shoshany (The Israel Export & International Cooperation Institute).

Scarica le presentazioni delle 23 aziende

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